Feltre e la resistenza

La  Resistenza nel Feltrino (BL) ha una duplice origine. Da un lato l’area cattolica guidata da don Giulio Gaio, rettore del millenario santuario di San Vittore che subito dopo l’8 settembre 1943 convoca gli ex militari alla cui testa vi è il pluridecorato colonnello degli alpini Angelo Zancanaro, uno dei protagonisti dell’arresto dell’offensiva austro ungarica nel 1918. In contatto con l’allora suo superiore Maresciallo Messe, viene nominato già il 7 ottobre 1943, dal CLN veneto, responsabile militare della provincia di Belluno. Zancanaro organizzerà la brigata alpina Feltre, forte di 350 uomini, pronti ad intervenire in caso di ritirata tedesca.

Dall’altro lato l’area comunista che vedrà una piccola pattuglia, raccoltasi alla casera Spasema a Lentiai (22 uomini guidati da Rizzieri Raveane “Nicolotto” combattente nella guerra civile spagnola)  ingrandirsi progressivamente con la provenienza di partigiani  soprattutto emiliani.

In seguito alla famosa beffa di Baldenich, vengono liberati dal carcere di Belluno, senza colpo ferire 73 prigionieri politici tra cui il futuro capo della divisione partigiana Nannetti: Francesco Pesce “Milo”.  Per vendicarsi, tedeschi e fascisti a Feltre il 19 giugno 1944 uccidono il col. Zancanaro con il figlio Luciano ed altre tre persone ed imprigionano don Giulio Gaio. Il giorno 21 giugno su decisione del CLN feltrino si giunge all’unificazione delle forze di Zancanaro con quelle comuniste. Sulle Vette feltrine in Pietena ha sede la Brigata Garibaldi Gramsci, un migliaio di uomini che in vari battaglioni distribuiti dal Trentino, al Grappa, alla Piave, renderanno la vita difficile ai Tedeschi occupanti.