Fosco Maraini – la montagna come ponte tra culture

Il racconto di come è andata

Strepitoso successo di pubblico (200 persone) per l’evento di cultura di montagna organizzato dal CAI di Rieti il 19 ottobre scorso presso le Officine Varrone in ricordo del grande etnologo, scrittore, fotografo e alpinista Fosco Maraini, in occasione del centenario della sua nascita. Molta gente non è potuta entrare in quel salone gremito fino ai bordi, dove è rimasta aperta per una settimana una mostra, molto visitata, di 44 foto originali di Fosco Maraini dedicate alle montagne italiane, al Tibet, al Karakorum e al Giappone. Alla serata erano presenti, tra le autorità, il Senatore Franco Marini che da giovane ha condiviso la montagna con i soci del CAI di Rieti, e il Sindaco Simone Pietrangeli che ha apprezzato il lavoro svolto dall’associazione nel portare la montagna in città, avvicinandola il più possibile a tutti.
I luoghi esplorati e raccontati da Fosco Maraini in modo pioneristico sono stati ripercorsi in un toccante racconto con immagini dalla figlia Dacia, la più nota scrittrice italiana. Una cascata di ricordi intimi, emozioni, impressioni, è stata così donata al pubblico – composto da molti giovani – direttamente dalla voce dei protagonisti, Dacia e Carlo Alberto; grazie all’uso di filmati e immagini dell’album di famiglia Maraini e della Cineteca milanese del CAI, selezionate dalla curatrice della serata Ines Millesimi, l’atmosfera è diventata speciale. Dacia ha ricostruito la memoria dei due anni terribili passati con la famiglia in un campo di concentramento in Giappone, emozionando tutti quando ha tracciato con toccante autenticità il profilo intellettuale e umano del padre, e il suo rapporto con lui. Un padre irraggiungibile, bellissimo e molto amato, che ha dedicato la sua vita al viaggio, sempre interessato e curioso di luoghi e genti, capace come nessun altro a scoprire e a “tradurre” mondi e culture lontanissime dalla nostra, con uno sguardo scientifico ma sensibile a coglierne arte, modi di vita, pensieri e spirito religioso. Fosco ha sentito la montagna come un eccellente ponte tra culture, a partire dalla spedizione della prima ascensione italiana sul Gasherbrum IV, del 1958. Alla spedizione vittoriosa parteciparono, tra gli altri, Cassin e Bonatti, ma fu proprio Maraini l’incaricato delle riprese fotografiche e di stabilire un ponte tra culture e mentalità così distanti. Per questo Fosco può definirsi il “Tiziano Terzani delle montagne” per acume (conosceva 9 lingue), infallibile intuito e talento trasversale, oltre che per la toscanità che lega entrambi.
Carlo Alberto Pinelli, il più giovane membro della spedizione del CAI di Roma guidata dall’allora quarantasettenne Maraini nel 1959, si è soffermato sul fatto che Fosco è stato il primo a parlare di tutela ambientale delle montagne intesa anche come rispetto delle genti che ci vivono. Ha mostrato immagini inedite relative a quella fortunata spedizione che raggiunse l’inviolata cima del Saraghrar Peak (7.349 m), nella allora remota zona dell’Hindu Kush.
Il racconto della spedizione fu scritto poi da Maraini stesso in uno dei suoi libri più conosciuti: Paropamiso. Nella serata si è parlato inoltre della passione per la montagna di Topazia Alliata, moglie di Fosco e madre di Dacia, del ruolo pionieristico della SNIA Viscosa, il primo sponsor tecnico delle spedizioni, e di Emilio Maraini, parente del ramo svizzero di Fosco, imprenditore e filantropo, fondatore a Rieti dello stabilimento dello zuccherificio. A lui Rieti ha dedicato un viale e un asilo.
La mostra, il cui prestito si deve alla Sezione di Garfagnana del CAI, è stata organizzata nell’ambito della rassegna “Montagne del cuore. Percorsi di cultura in montagna”, patrocinata dalle istituzioni locali e sotto l’egida dello storico Gabinetto Vieusseux di Firenze.
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