Il circo è a Pramollo, sulla ferrata Daumling
Omar Gubeila è socio di Mountain Wilderness e responsabile regionale del Friuli Venezia Giulia.
Durante un inverno di qualche anno fa, approfittando della siccità che sembra ormai cronica sulle nostre Alpi, ha percorso l'”adrenalinica” ferrata Dumling sulle torri che stanno a meridione del Monte Gartnerkofel. “Hanno addomesticato tutto, anche le rocce…”
Dondolando come un pendolo su questo ponte tibetano mi rendo conto quanto sia stato portato all’eccesso il “consumismo alpino” dai nostri confinanti. Pensieri che balenano nella mente fra una sommessa maledizione a chi ha tracciato questa ferrata e le risate provocate dagli amici. Loro il ponte tibetano, spauracchio dell’intero tracciato, l’hanno già oltrepassato e gli viene facile sfogarsi con il sottoscritto che un po’ impacciato avanza claudicante sulle funi di ferro ad una buona dose di metri dai ghiaioni sottostanti. Mi sembra di essere Fantozzi che si incarta; a memoria non ricordo di preciso la scena ma ho la stessa motilità disinvolta del ragioniere. Non che abbia paura, il tutto resta nel campo del divertimento senza pericoli, tuttavia mi chiedo più volte lungo questa attraversata a mezz’aria cosa porti le popolazioni tibetane a costruire questi “ponti” che hanno una comodità di percorrenza pari alla neve che c’è oggi qua attorno – zero!
Oggi è la giornata giusta per ascoltare il lato polemico che ho dentro.
Dalla cima della piccola torre Daumling osservo sciatori che disegnano curve su stentati geroglifici di neve artificiale. Elemento bianco di qualche mastro nevaio che con alchimie sconosciute riesce a produrre, in maniera alquanto incredibile, il bianco elemento da dare in pasto al popolo dello sci da discesa anche se oggi, e così da tutta la stagione autunnale, c’è un inversione termica tale che la ferrata a cui siamo appesi potremmo percorrerla in maglietta.
Quale dev’essere il limite etico per portare avanti un carrozzone del genere quando le condizioni della montagna remano contro quello che dovrebbe essere la normalità?
Ha senso prosciugare riserve idriche così importanti per gli ecosistemi per condurre acqua agli impianti di innevamento programmato quando in giro non piove da più di 2 mesi?
Ai controsensi a volte andrebbe detto no. Io non ci sto.
Voglio bene alle montagne e, siccome accendo la testa, gli sci li terrò in cantina finché una nuvola non si deciderà a portare l’inverno anche da noi.
La scelta di percorrere questa ferrata oggi deriva anche da questo, senza neve attorno sciare è solo un’ inutile tristezza che mi risparmio preferendo altri svaghi.
La ferrata Daumling, a suo modo, è fatta per prendere in giro queste montagne ingabbiandole con cavi, tiranti e zanche. Una di quelle che va di moda adesso. Non segue linee naturali. Non arriva sulla cima di nulla perché termina sulla schiena erbosa di un avancorpo raggiungibile con un comodo sentiero retrostante.
Ha nella sua peculiarità la spregiudicatezza di salire tratti verticali completamente lisci, dove però ci hanno ficcato delle zanche.. Cosa cambia quindi da una comune scala a pioli?
O di collegare massi e torri sopra al baratro quando basterebbe salire e ridiscendere un po’ per passare da un versante all’altro.
Rido, o meglio sorrido, solamente perché gli amici con le loro battute coinvolgenti mi strappano dai miei pensieri. Sarò troppo ecologista, sarò figlio di un’etica sorpassata, sarò carnico e bastian contrario ma queste rocce mi procurano un velo di tristezza.
Salendo scorgo vecchi chiodi arrugginiti, che siano quelli di Ernesto? Lui queste torri le accarezzava di sicuro. Gli volle bene come se ne può volere alla madre. Probabilmente i chiodi preferiva tenerseli legati all’imbrago piuttosto che batterli nella roccia rischiando di rovinarne le millenarie rughe di calcare.
Essere tristi per delle torri di roccia è da stupidi? Non lo so. Però lo sono.
Risaliamo le ultime rocce.
Hanno addomesticato tutto, anche le rocce. Pare questo l’ultimo elefante del circo. Deve rizzarsi sulle zampe posteriori e alzare la proboscide altrimenti sono dolori, sono frustate, chiodi fittoni e cavi d’acciaio. Lo spettacolo deve vincere, anzi, avvincere. Regalare emozioni ad un pubblico che paga e che deve tornare a casa con il brivido ancora disegnato sulla schiena, meglio se con poca fatica.
In cima alla dorsale che sta frontale al Gartnerkofel mi stendo a guardare il cielo, respiro l’aria tiepida nella vigilia dell’inverno.
Hanno domato l’elefante bianco, quest’anno forse l’inverno non arriverà più.