La profezia di Valentini
Testo di Fabio Valentini, introduzione di Nicola Pech
Mi è capitato tra le mani questo articolo di Fabio Valentini, Past President e storico socio di MW, pubblicato su un notiziario di Mountain Wilderness del 2010. Duemiladieci, si, dieci anni fa!
E’ di un’attualità sconcertante e molte della parole scritte dieci anni fa, andrebbero benissimo oggi, ai tempi del Coronavirus. Ho chiesto quindi a Fabio di metterci le mani per dargli una spolverata e riproporlo sul sito di MW.
La risposta è stata questa: “questo scritto è legato ad un determinato momento della mia vita, da allora sono trascorsi dieci anni ed inevitabilmente qualcosa è cambiato, non so se in meglio o in peggio, semplicemente è diverso. Forse ora scriverei cose diverse.
Mi rendo conto che, rileggendolo, sembra scritto in questi giorni. Ma io so che non è così, e preferisco non rimetterci le mani. Non amo le minestre riscaldate, anche se alcune il giorno dopo sono più buone. Si dice che bisogna combattere il pessimismo della ragione con l’ottimismo della volontà, forse dieci anni fa avevo più volontà. Ma un pessimista non è altro che un ottimista bene informato”
Ho deciso così di pubblicarlo nella sua forma originale evidenziando quelle frasi che, più delle altre, risuonano oggi come una vera e propria profezia.
E’ difficile spiegare
Qualcuno dice che abbiamo un nome difficile. Siamo nati internazionali, abbiamo un nome internazionale, siamo partiti da battaglie internazionali. Nell’epoca dell’inglese per tutti, imparare la fonetica corretta [‘mauntin ‘wildənəs] si può, non è difficile.
Difficile è dare vita ad un’associazione di volontariato da oltre vent’anni, quando vent’anni fa impegnarsi nel volontariato era molto più facile e più sentito.
Difficile è occuparsi di ambiente, quando si dice che la coscienza ambientale della società è aumentata ma i risultati vanno tutti in senso opposto, ed il vero valore corrente è la moneta.
Difficile è continuare ad avere energia e fiducia, quando solo pochi degli obiettivi di tutela vanno a buon fine e quei pochi vengono continuamente rimessi in discussione dalla reiterazione di progetti che prevedono consumo del territorio e degrado ambientale e culturale.
Difficile è assumersi il ruolo di eterni rompiscatole, “quelli del no”, se poi quando i fatti nel tempo dimostrano che hai avuto ragione nessuno lo riconosce perché il tempo cancella la memoria: è già successo, succede, succederà. Chi non conosce la storia è destinato a ripeterla in eterno.
Qualcuno dice che siamo talebani, intransigenti, contro il progresso, tante proteste e poche proposte. Abbiamo una coerenza, oggi è merce rara, e la vogliamo spendere per le cose in cui crediamo.
Crediamo che sia possibile vivere in modo migliore e che il vero progresso è quello che migliora la qualità della vita, possediamo sempre più cose ma abbiamo sempre meno tempo libero per goderne, viaggiamo e conosciamo persone con Internet in tutto il mondo ma non sappiamo coltivare semplici ortaggi o orientarci senza un navigatore satellitare.
Crediamo che una vita migliore passi attraverso valori che non siano solo denaro e potere, ma che siano ad esempio coscienza civile, solidarietà, senso del bello, e che questi valori vadano trasmessi e conservati per le generazioni future.
Crediamo che tutte queste cose siano racchiuse nei tesori della montagna e delle sue genti, che tutti quelli che frequentano la montagna dovrebbero avvicinarsi ad essa con la voglia di imparare e non da conquistatori, che dobbiamo impegnarci per diffondere e difendere valori che vanno scomparendo, anche quelli sono difficili.
Crediamo che manipolare e snaturare gli ambienti naturali di montagna ci tolga questi valori. Se quelli come me non hanno figli forse è perché c’è poca fiducia in un futuro migliore, ma continuiamo a batterci per ottenerlo, è un diritto sacrosanto e non solo per pochi. Disillusi ma convinti.
Qualcuno dice che siamo pochi e velleitari, che i poteri forti sono troppo forti, che le emergenze sono tante e non ne usciremo mai. L’uomo è l’unico essere vivente che anziché adattarsi all’ambiente adatta l’ambiente a sé.
La vera emergenza sarà la sopravvivenza umana in un habitat che l’uomo stesso sta rendendo sempre più inospitale, anche dal punto di vista sociale e culturale. Ma non sarà una catastrofe.
Chi dice che stiamo distruggendo la natura non ha capito quali sono i veri poteri forti: la Terra sopravviverà comunque, adattandosi alle nuove condizioni alle quali noi invece non ci adatteremo e forse ci estingueremo come i dinosauri mentre il geoide continuerà a ruotare su sé stesso per finire dentro al sole come previsto dal moto degli astri.
Ma questo è il futuro possibile e lontano, ci penseranno i posteri. Oggi continuiamo a soffrire di esaurimenti nervosi e gastriti, a sudare in palestra e a sfrecciare sulle autostrade nell’ambiente che ci siamo costruiti su misura con grande fantasia. Andare contro queste convenzioni, anche se in pochi e velleitari, è difficile. Perché invertire la rotta così comodamente tracciata?
Qualcuno dice che di associazioni ce ne sono tante, anche troppe, non si può fare la tessera per tutte. Ci sono gli affamati nel mondo, le malattie, le vittime dei disastri, con una telefonata o un sms doni qualche euro e sei a posto, nemmeno ti devi alzare dalla poltrona. Questo sì è facile. E poco impegnativo.