Le foreste devastate dalla tempesta Vaia subiranno la violenza dell’esplosivo?

La proposta che aleggia sui media è quella di usare cariche esplosive per rimuovere, ovunque, le ceppaie degli alberi schiantati. Di Luigi Casanova

Luigi Casanova

Le foreste delle Dolomiti sembra non possano vivere pace e naturalità. L’azione dell’uomo è sempre presente, purtroppo si manifesta in modo aggressivo, attraverso semplificazioni. Specialmente quando le varie criticità vengono affidate a culture scientifiche settoriali, come quelle ingegnieristiche, strutturate per annullare le visioni complessive delle varie situazioni.

Non c’è dubbio alcuno che in situazioni specifiche ci si trovi in presenza del dover rimuovere le ceppaie degli schianti. Laddove si è in situazioni di evidente rischio per le infrastrutture pubbliche e private, come viabilità e abitati, situazioni nelle quali è necessario intervenire per ragioni di sicurezza pubblica, situazioni diffuse ma minimali.

La proposta che aleggia sui media è quella di usare cariche esplosive per rimuovere, ovunque, le ceppaie degli alberi schiantati. Si userebbero microcariche di esplosivo(20 – 50 gr.), ricco della sua spoletta di innesco, specie su terreni particolarmente impervi. Su superfici minime si potrebbe anche sorvolare, ma pur sempre ricordando a certi tecnici che esistono macchinari e personale specializzato capace di utilizzare attrezzatura idonea al lavoro anche su pendii particolarmente accidentati. Ma qui si parla di diffondere l’uso dell’esplosivo a tutte le superfici devastate dalla tempesta del 28 – 30 ottobre 2018. Perché? Perché all’uomo comune e al politico infastidisce un territorio forestale alquanto sconnesso: l’uomo pretende ordine, semplificazione quindi banalizzazione, tutto liscio, tutto regolare, tutto verde. Questa sarebbe la bellezza. Ma le foreste non sono giardini pubblici, la natura vive di un disordine accentuato, un disordine mai stabilizzato, sempre alla ricerca di nuovi equilibri, quindi movimento, anche nella lettura del paesaggio. L’ambiente naturale attinge forza dal disordine, non da quanto preordinato dall’uomo. Vaia dovrebbe averlo insegnato.

E’ quindi opportuno entrare nel merito del tema.
Non è vero che tale esplosivo non abbia ricadute in termini d i inquinamento. Si tenga presente che si interverrebbe in ambiti tutelati da specifiche normative nazionali in tema di forestazione e del Codice dell’ambiente del 2006. Questi esplosivi a base di azoto e nitroglicerina abbisognano di spolette, rilasciano sul terreno metalli pesanti fra i quali il piombo. Si dovrebbe permettere una simile azione diffusa su oltre 41.000 ettari di foreste con suoli fragili e delicati? Si dovrebbe intervenire con simile violenza in ambiti naturali che ospitano flora batterica, microfauna e fauna selvatica di alto pregio, strettamente connesse con le peculiarità della vegetazione, i licheni, le muffe, la fertilità dei suoli? Questi sono solo alcune delle criticità ambientali-ecologiche che una simile azione lascerebbe sul territorio.

Veniamo poi ai termini economici. Certo, chi ha fatto saltare il ponte Morandi o altri ingegneri si aspettano dall’ente pubblico sempre nuove prospettive di investimento. Ma fatti alcuni conti, intervenire su almeno 14 milioni di ceppaie con una media di 40 grammi di esplosivo significa disperdere sul territorio oltre 50 tonn. di residui di esplosivo.
Significa dover disporre di manodopera specializzata non solo dionea a camminare su terreni impervi, ma oltremodo preparata nell’utilizzo degli esplosivi, quindi costi formativi particolarmente attenti e costosi.
Significa disporre sul territorio di una rete di controllo sulla sicurezza oggi impensabile: agenti che controllano le quantità di esplosivo che circolano, da dove provengono e dove sono utilizzate e quindi la messa in sicurezza di areali forestali aperti, di difficile se non impossibile controllo.
In una situazione dove non siamo nemmeno capaci di recuperare il materiale a terra lasciando aperte ai parassiti incredibili prateria dove accentuare i danni forestali (bostrico e non solo, sono previsti nel 2020 oltre 2 milioni di mc. di piante in piedi morte).
Questi ingegneri hanno anche avanzato la possibilità di far saltare con l’esplosivo i milioni di mc. di piante che non saranno recuperati? Quale motivazione regge simile ipostesi se non la solita banalità dell’ordine imposto dall’uomo? Dovremo invece avere il dovere di rilasciare a terra parte della massa legnosa schiantata per motivi ecologici. Per investire in fertilità dei suoli diffusa. In secondo luogo favorire il rimboschimento naturale strutturato in specie fra loro più diverse possibili e idonee alla specificità dei versanti. Le ceppaie divelte, oltre a garantire sicurezza, facilitano l’innesco della rinnovazione naturale, rinnovazione che strutturerà boschi più adattabili e quindi resilienti ai cambiamenti climatici in atto.
Non si vede perché si debba intervenire in modo tanto aggressivo per semplificare il decorso della natura. Arrivare poi a “polverizzare” i tronchi rimasti, come auspica l’assessore regionale veneto Giampoalo Bottacin, è pura follia in una regione nemmeno in grado di far fronte alle emergenze legate alla sicurezza del territorio.
Fin da subito l’ambientalismo italiano aveva auspicato che il mondo scientifico, imprenditoriale e specialmente politico, attraverso un bagno di umiltà, imparasse qualcosa dall’evento Vaia. Sembra proprio che la tempesta, in determinati settori, non abbia portato a alcun ripensamento dei comportamenti umani. E alla gestione delle foreste del futuro.