Le montagne che Piero Angela amava (e difendeva)
Roberto Serafin, socio di Mountain Wilderness, ex direttore dello Scarpone e deus ex machina del sito Mountcity, ha raccolto i frammenti di un’intervista che fece a Piero Angela nel 1989. Ne è uscito un articolo brillante che ricorda il rapporto del compianto divulgatore con le montagne e con Mountain Wilderness, di cui è stato amico e sostenitore.
L’immagine di copertina è di Wikipedia
Gli era rimasta nel cuore l’Uja di Bessanese (nella foto) nelle valli di Lanzo dove saliva con i genitori. Da adulto, Piero Angela (1928-2022) continuò a dedicare attenzione alle “sue” montagne anche partecipando alla campagna di Mountain Wilderness per i monti della Laga. In perfetta sintonia con Messner, come risulta da questi appunti del 1989 ritrovati negli archivi di MountCity, trovò “aberrante” la diffusione delle funivie sul Monte Bianco…
Amico della montagna Piero Angela lo è stato da sempre. Nel cuore gli era rimasta la Bessanese, sopra Pian della Mussa nelle valli di Lanzo: lì da ragazzino scarpinava con gli amici e i genitori. Sono ricordi molto vivi, che hanno lasciato il segno anche se la sua frequentazione dell’ambiente alpinistico è stata sottomessa agli impegni di giornalista. “Non ho dubbi”, spiegò, “che l’andare in montagna significa ottenere positivi cambiamenti, anche nel carattere, nel modo di affrontare la vita. La gente che va in montagna è più pulita anche ‘dentro’, averte il bisogno di comunicare quella gioia che nasce dal muoversi nella natura. E’ una forma mentis che viene plasmandosi positivamente in chi frequenta assiduamente le montagne. Ho la certezza che l’alpinismo sia una scuola di vita”.
Compatibilmente con i suoi impegni di divulgatore, Angela volle partecipare negli anni Ottanta alle battaglie ambientaliste a favore della montagna. Per esempio, aderì all’azione di Mountain Wilderness contro le speculazioni sui monti della Laga. “E avrei anche accentuato questa mia presenza se solo me lo avessero consentito gli impegni. Avevo molte richieste di lavoro, avrei dovuto porre un limite al mio presenzialismo”.
Torinese, Angela conobbe personalmente la “rude nobiltà” (erano parole sue) dell’alpinismo piemontese. Incontrò a Torino Giusto Gervasutti, una delle personalità che più ammirava tra i grandi della montagna. Saltuariamente tornò alle sue vallate, non senza rabbrividire (o indignarsi) nel constatare la massiccia avanzata del cemento, le devastazioni delle ruspe e il proliferare degli impianti sciistici.
“In particolare”, disse, “ho trovato aberrante la diffusione delle funivie sul Monte Bianco. Trovo deprecabile l’impianto che è stato oggetto della clamorosa protesta di Messner e compagni, di cui condivido il senso e che molti viceversa continuano a difendere a spada tratta. Il Monte Bianco ha il pieno diritto di difendersi da queste violazioni e di essere lasciato a chi legittimamente, con le proprie gambe, è in grado di salirvi. Non soltanto dunque abolirei la funivia dei ghiacciai, ma anche l’abominevole ascensore nell’Aiguille du Midi, quell’incredibile spettacolo offerto dall’incontro tra gente che arrampica e masse di turisti, in un contesto di degrado ambientale”.
Roberto Serafin