Non solo croci

Intervista a Luigi Casanova. Mountlive, 2015

Luigi Casanova

Sono trascorsi all’incirca quattro anni da quando Mountain Wilderness ha imbracciato la battaglia contro l’installazione di croci e altre infrastrutture su vette e creste delle montagne italiane. Ad oggi ci sono stati riscontri a livello amministrativo e legislativo a partire da Governo, Regioni e Comuni?

Il nostro documento è rimasto totalmente inevaso, sia nel profilo istituzionale dei Comuni che nell’ambito dello Stato. Ormai da troppo tempo la politica non dedica più attenzioni alla montagna, se non sotto il profilo clientelare.

Qual è stata la presa di posizione della Chiesa?

Gli alti vertici della chiesa condividono la nostra posizione. Non tanto l’aspetto della montagna libera da ogni segno, ma almeno di moderare l’imposizione, la grandezza del simbolo religioso. Altri settori della chiesa ritengono invece giusto imporre alle vette simboli sempre più alti, più visibili, illuminati. E’ in corso un debole dibattito: non si è ancora capito che chi porta in vetta croci enormi non lo fa perché credente, ma perché vuole imporre un suo segno privato, sia questo singolo o riferito ad una associazione o al mondo politico accondiscendente perché pensa solo al ritorno in termini elettorali.

Ovviamente nel documento sottoscritto da MW e dalle altre associazioni si parla non solo di simboli religiosi ma anche di strutture portatrici di messaggi storici ed artistici. Qual è la vostra posizione in merito a ciò?

Mountain Wilderness ritiene che le montagne debbano rimanere libere da ogni infrastruttura (esclusi bivacchi, rifugi, minima viabilità di accesso e di servizio). Il bisogno dell’uomo di ricordare, evidenziare una sua identità, un passaggio storico, sportivo, culturale, artistico, religioso può trovare soluzione su un passo alpino, in abitati di montagna, ovunque l’antropizzazione si manifesti e sia collegata al vivere la montagna. Le attività come l’escursionismo o l’arrampicare, devono offrirci invece spazi di libertà, di lettura della montagna, specificatamente personale, il meno indirizzati possibile.

Sulle vette spiccano anche infrastrutture per la produzione di energia e per la trasmissione via etere: qui il discorso è sicuramente diverso è più complesso; come bisognerebbe intervenire in tale ambito?

Per quanto riguarda l’energia (penso all’eolico), le montagne, le creste, devono rimanere assolutamente libere da ogni infrastruttura produttiva. Questo riguarda anche gli arrivi delle funivie. Pensiamo alla Tofana, alla Marmolada, alla imposizione di musei come avvenuto su Monte Rite o recentemente a Plan de Corones, o Punta Helbronner. Riguardo la trasmissione via etere ci si può accontentare di essere meno invasivi: oggi la tecnologia ci aiuta a ridurre l’impatto visivo di queste strutture.

Simboli di vario genere, dopo richiesta da parte anche di singoli o di associazioni, vengono installati anche su aree tutelate da disposizioni nazionali e internazionali, come parchi naturali e riserve. Come è possibile ciò?

Una risposta purtroppo banale e dolorosa. Siamo in Italia e nel nostro Paese non esiste la certezza del diritto e delle norme.

All’estero è disciplinato e come tali installazioni?

All’estero i Parchi vengono rispettati nel modo più assoluto. Sulle montagne in genere si cerca di essere sobri, di evitare impatti paesaggistici esasperati. Ma questo non vale ovunque: ad esempio in Svizzera o in Austria si continuano ad imporre sfregi dei più stravaganti, specialmente quando si tratta di opere pubbliche. Ed anche croci abnormi, siamo arrivati a 36 metri di altezza e dentro la croce vi è un ascensore che porta ad una terrazza panoramica. Si tratta di religiosità? O di mercato?

Tornando in ambito nazionale, da chi sono arrivati i maggiori attacchi alla vostra battaglia? E perché?

In Italia vi è una grande parte del mondo cattolico ancora integralista. A loro modo di vedere in presenza della loro religione si deve concedere tutto ed impongono la loro appartenenza religiosa. Molte volte sono le stesse persone che poi impediscono ad altre religioni di manifestare il loro pensiero. Proviamo a pensare a cosa verrebbero ridotte le montagne del mondo se ogni credo religioso, diffuso o minoritario, pretendesse di portare sulle vette i suoi simboli. Si deve lavorare sulla cultura del rispetto e dire a questi signori che se seguono il dettato del Vangelo o il messaggio di Papa Francesco hanno diritto di libertà di pensiero anche i non credenti o chi si rivolge ad altre ideologie religiose. Chi rispetta la vita umana, la natura, il pensiero diverso va accolto nella famiglia umana e della vita intera.

A livello etico, possiamo dire che vi è un voler attaccarsi a una simbologia materiale in un ambito, quale è la montagna, ricco di introspezione e di per sé già simbolico dove non vi è bisogno di tali strutture?

Certo, questo è il passaggio primordiale. In ogni epoca storica le diverse religioni si sono impossessate delle cime, o di luoghi particolarmente suggestivi, generalmente posti su alture. Non sono però poche le religioni che hanno portato rispetto verso la montagna, che hanno letto la montagna come luogo sacro di per sé. Io direi che dobbiamo imparare da queste religioni percorsi diversi nell’accostarci e nel vivere, pensare, respirare la montagna.

Il caso più vistoso è il dinosauro installato sul Pelmo, o vi sono altri casi da segnalare?

Il dinosauro sul Pelmo è stato un gesto goliardico e basato sul narcisismo. Per fortuna le condizioni meteo demoliscono il legno. Sul Pelmo si voleva fare di peggio. Speriamo che i diretti interessati rispettino chi la montagna la vuole libera da ogni imposizione: ad oggi in una grotta gli stessi personaggi del dinosauro hanno lasciato scritte e segni irricevibili, imposti dalla cultura dell’apparire, quindi dal nulla, tipica di quest’epoca storica. Se qualcuno conosce altri esempi simili lo preghiamo di metterci a conoscenza dei fatti.

Al di là dei simboli religiosi, invece, da alcuni le strutture artistiche, storiche o fantastiche sono giudicate a mo’ di personalismi e morbosità mentre da altri soprattutto e semplicemente quali ricordi di eventi significativi per quelle terre…

Ho esposto sopra il mio pensiero. La storia, specialmente quando dolorosa, invece va ricordata, anche simbolicamente. Penso al recupero di alcune trincee della guerra, ad alcuni percorsi, a tracce di storia che hanno portato a modifiche di confini, a lavori specifici oggi perduti. Quanto riporta alla luce storia, identità di un luogo, il sacrificio dell’uomo è bene venga ricordato anche con infrastrutture. Ovviamente modeste, rispettose del paesaggio e specialmente della verità storica. Un esempio negativo? Il rifacimento dei forti e delle trincee su Monte Zugna (2013 – Trentino), o ancora la rivisitazione dei forti di Monte Rite (2001 -2002).

Quali sono, in ordine di tempo, le ultime infrastrutture installate sulle vette italiane?

Ci è impossibile fare un elenco preciso. Segnaliamo solo l’ultimo oltraggio imposto al Monte Bianco: la nuova stazione di arrivo a Punta Helbronner e relativo ristorante.

In cantiere ve ne sono altre quali le settanta croci richieste dagli Schützen di Tirolo, Alto Adige e Trentino da installare lungo l’arco alpino in ricordo di chi morì combattendo per l’Italia. In merito vi sono un po’ di polemiche, qual è l’attuale situazione? Mountain Wilderness ha preso posizione a tal riguardo?

Su questo aspetto è intervenuta Mountain Wilderness, ma analoghe prese di posizione sono state sostenute dagli alpini, dal CAI e dalla SAT trentina. Al di là della croce quello che più offende in questa operazione è che gli Schützen vogliono ricordare solo i morti dalla parte austriaca. Coltivano ancora il confine, la separazione. Non poteva essere inventato un modo più offensivo nel ricordare la croce del Cristo che è morto in nome di tutta l’umanità. Per chi vi crede nella religione cristiana, Cristo, nel suo sacrificio, si è assunto tutti i peccati della storia umana, passati e futuri e mai si è sognato di soppesare questi peccati se commessi da un criminale, in guerra, o in oltraggi minori. Dalla fine della 1a guerra mondiale è passato un secolo, abbiamo assistito a innumerevoli genocidi, ma sembra che l’uomo non sia in grado di imparare nulla, né nel rispetto verso i suoi simili, né verso la natura.

Luigi Casanova