Paganella, alpinisti contro la ferrata «La montagna non è un supermercato»

Pubblichiamo, per gentile concessione del Corriere del Trentino, l’intervento di Alessandro Gogna sulla Ferrata delle Aquile

Alessandro Gogna

 

Il dibattito — anche piuttosto acceso — era iniziato già lo scorso anno, quando la variante era stata inaugurata: la scaletta «mozzafiato» a spirale, nuova uscita aerea della Ferrata delle Aquile in Paganella, aveva diviso gli appassionati di montagna. Riportando in primo piano il complesso nodo del rapporto tra il rispetto dell’ambiente e lo sviluppo economico.
Ora, a stagione estiva praticamente alle porte, a risollevare il caso del percorso attrezzato in cima alla Paganella è il noto alpinista Alessandro Gogna, che sul suo blog affronta la questione in una lunga analisi elaborata insieme a Giovanni Groaz, alpinista trentino premiato con il Chiodo d’oro nel 2013.
Con un elemento in più: a metà luglio verrà aperta sull’alpe Cermis la ferrata sopra i laghetti del Bombasel che, di fatto, segue il «modello» già realizzato in Paganella, con anche in questo caso un avvicinamento «facilitato» dagli impianti di risalita e la presenza di una scaletta a spirale.

La scaletta a spirale della Ferrata delle Aquile

«L’infame ferrata delle Aquile — scrivono Gogna e Groaz — e più ancora la sua variante a spirale hanno sfregiato gli Spaloti di Fai». Innanzitutto dal punto di vista alpinistico. Le vie, presenti sulla parete, sono state infatti «tagliate dalla ferrata»: «Più della metà di quegli itinerari avrebbero potuto essere puliti e richiodati». Ma, è l’amara considerazione, «quando
non si rispetta la cultura e soprattutto la storia non c’è speranza né per le regole né per
l’ambiente».
L’affondo è rivolto alle amministrazioni. Ma anche agli impiantisti. «Come se un parroco, preoccupato perché la messa e la chiesa sono sempre più deserte, invece di parlare di Dio in un modo efficace offrisse ai fedeli un lussuoso banchetto tutte le  domeniche. Non ci sarebbe
da meravigliarsi che le presenze duplichino o triplichino, e con loro le elemosine. La
Chiesa non è più la casa di  Dio, ma questo è solo un danno collaterale. Se un amministratore o una società funiviaria hanno dei quattrini da spendere, che facciano attenzione a come li impiegano».
E la direzione giusta, secondo Gogna e Groaz, è una sola: «La risposta deve indagare nel campo dell’educazione e della comunicazione. Riteniamo che sia diseducativo assecondare i gusti di chi in montagna va per provare emozioni a buon mercato». È la cultura dunque la parola chiave: «Anche se c’è una certa attenzione all’ambiente, molti non hanno idea di
quanto contribuiscano a variarlo. La formazione dovrà essere il nostro investimento.
La Paganella è, a dispetto delle antenne, un luogo naturale, selvaggio e storico. Gestiamolo con questo tipo di rispetto». Poi, continuano, c’è tutto il resto: «Di cosa ha bisogno il turista? Di campeggi, di bar giusti, di negozi di articoli sportivi, di appartamentini, di agriturismo.
Il più delle  volte questi sono inadeguati.

Facciamo una rete. Inventiamo qualunque forma di incentivo per qualificare gli esercizi aderenti. Costringiamoli a migliorare il loro livello qualitativo». Ma sempre con
un occhio dritto alla scala delle priorità: «Riteniamo che il discorso economico, che alla
maggior parte suona come la motivazione salvifica dell’obbrobrio realizzato in Paganella, vada rivisto da menti un po’ più illuminate che non considerino la montagna un
supermercato da abbellire con opere di tristissimo consumo.
Probabilmente giorno verrà che ogni montagna avrà la propria ferrata delle Aquile e, nell’ appiattimento di qualunque differenza e storia, se ne consumerà il definitivo olocausto tra il disinteresse più totale».