Quegli eco-guerrieri che lo Stato vuole in carcere

Ieri Matteo Salvini esultava così su Twitter: «Bene! Grazie a una modifica del codice penale introdotta dai decreti sicurezza bis, quando ero Ministro dell’Interno, i vandali che hanno imbrattato il Senato sono stati arrestati e rischiano una pena che va da uno a cinque anni di reclusione». Tante volte è stato imbrattato, metaforicamente, il Parlamento italiano. Da vicepresidenti del Senato che hanno dato dell’orango a ministre di colore. Da chi portò mortadella e spumante a Palazzo Madama per festeggiare la caduta del governo Prodi. Da chi in aula ha sventolato cappi o è arrivato a fare a pugni, a tirare spintoni, a difendere con violenza le proprie idee. I protagonisti di quelle vicende sono ora sconvolti, indignati, offesi, minacciosi. Hanno perso il senso delle proporzioni. Forse, anche il senso della realtà.

Riportiamo di seguito il commento alla vicenda di Annalisa Cuzzocrea. Copyright: La Stampa

Scene di ordinario vandalismo dei politici italiani

Nei 16 gradi di un apocalittico inverno romano, il consiglio di presidenza del Senato della Repubblica – sotto la guida allarmata di Ignazio La Russa – ha deciso: si costituirà parte civile contro i tre ragazzi di Ultima generazione che hanno imbrattato il portone di Palazzo Madama lanciando vernice lavabile. Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini è entusiasta: grazie alle norme sopravvissute del suo vecchio decreto sicurezza bis, «i vandali sono stati arrestati e rischiano una pena che va da uno a cinque anni di reclusione». Basta mettere in fila le dichiarazioni di queste ore per cogliere la sproporzione tra l’azione dei ragazzi di Ultima generazione e la risposta della politica.

Vernice contro i muri di Palazzo Madama dagli attivisti di “Ultima generazione”.

Che reagisce a un’azione non violenta come davanti a un attentato alla pubblica sicurezza. Si possono ritenere dannose e controproducenti le pratiche di un movimento green che blocca arterie stradali fondamentali, imbratta opere d’arte millenarie o edifici, ripete i suoi slogan e le sue paure e non sta ad ascoltare chi – come ha tentato di fare qualche mese fa un ingegnere ambientale sul Raccordo anulare a Roma – spiega loro che ci sono altri modi, altre azioni, più utili a salvare il clima e il pianeta.

A essere inaccettabile però, più ancora del loro gesto, è la risposta ottusa della politica. Che invoca pene esemplari senza fermarsi a riflettere su quanto il mancato ascolto del grido ambientalista stia portando a queste reazioni: chi parla più, in questo Parlamento e soprattutto in questa maggioranza, di transizione ecologica? È talmente lontana dai pensieri del governo che il ministero che doveva occuparsene ha perfino cambiato nome. Adesso è il ministero della Sicurezza energetica che invoca più trivelle nei nostri mari, il ritorno alle fonti fossili, la dismissione di qualsiasi controproducente idealismo.

Salvini al Parlamento Europeo con la maglietta pro Putin

La guerra in Ucraina, il ricatto del gas russo, hanno dato l’alibi perfetto per continuare a far finta che nulla stia accadendo. Che il disastro climatico sia un problema di cui potremo occuparci poi. E quindi chi si preoccupa – dentro quelle Camere sorde al grido dei ragazzini – delle giacche primaverili che indossiamo in pieno gennaio? Chi, come la ventenne Laura Paracini – arrestata in flagranza, processata per direttissima – è angosciato e spaventato da quanto ha visto accadere alla Marmolada? Un ghiacciaio che si scioglie, viene giù, uccide. Chi piange per Ischia dopo che la buriana è passata e le dichiarazioni di ordinanza sono state inviate alle agenzie? E ancora, da quale pulpito parla chi oggi vorrebbe quei tre ragazzi – guardateli in foto, nel loro abbraccio fragile – in carcere per aver mancato di rispetto all’istituzione del Senato? Da quello di chi, ventenne, partecipava a manifestazioni non autorizzate ben più violente? Da quello di chi ha conosciuto e vissuto da vicino gli scontri politici degli anni ’70?

Tante volte è stato imbrattato, metaforicamente, il Parlamento italiano. Da vicepresidenti del Senato che hanno dato dell’orango a ministre di colore. Da chi portò mortadella e spumante a Palazzo Madama per festeggiare la caduta del governo Prodi. Da chi in aula ha sventolato cappi o è arrivato a fare a pugni, a tirare spintoni, a difendere con violenza le proprie idee. I protagonisti di quelle vicende sono ora sconvolti, indignati, offesi, minacciosi. Hanno perso il senso delle proporzioni. Forse, anche il senso della realtà.

Annalisa Cuzzocrea