Renzo Videsott, un visionario – sempre concreto e mai velleitario – dei parchi italiani.
Cinquanta anni fa, il 4 gennaio 1974, moriva Renzo Videsott. E’ un dovere per Mountain Wilderness ricordarne la sua figura. Di Luigi Casanova.
E’ stato un grande alpinista, una breve carriera, ma è fra i pochi, assieme a Attilio Tissi e Domenico Rudatis, ad aver dato la prima impronta e significato del sesto grado all’alpinismo mondiale grazie all’apertura di vie ancora oggi mitiche: sulla torre del Pan di Zucchero e sulla Cima Busazza in Civetta ad esempio (1929). Senza poter essere smentiti possiamo dire che ha anticipato i valori costituivi di Mountain Wilderness. La vetta non era una conquista, ma un percorso interiore da percorrere. La montagna era un’assunzione di responsabilità diretta del singolo per poi lavorare nel conservarne gli spazi rimasti liberi. Arrampicare significava rinunciare all’artificiosità, si doveva rimanere liberi da attrezzi di progressione: la roccia doveva diventare un tutt’uno con la persona e quindi la salita doveva rimanere più naturale possibile.
Un romantico? Non c’è dubbio alcuno. Ha vissuto una tensione continua nel cercare di vivere la bellezza.
Un visionario? Anche, ma sempre concreto, mai velleitario nelle sue azioni. Comunque radicale nei giudizi. A suo dire l’umanità era divisa in due categorie: i parchigiani e chi già allora ostacolava la nascita delle aree protette.
Renzo è stato ricordato di recente in un convegno a Trento organizzato dal parco Adamello Brenta. A tracciare i valori più significativi della vita di Videsott sono stati chiamati, fra gli altri, Franco Pedrotti, rettore emerito dell’Univesità di Camerino, Luigi Piccioni storico dei parchi nazionali, Serena Arduino presidente di CIPRA International.
Lo ricordiamo con alcune tracce del suo impegno. Attivista di Giustizia e Libertà è stato presidente della SUSAT (la sezione universitaria del CAI trentino). Da veterinario nel 1946, dopo la caduta del regime fascista, è stato nominato commissario dell’allora fatiscente parco nazionale del Gran Paradiso. Nel 1948 è stato fra i fondatori della prima associazione ambientalista italiana, il Movimento per la Protezione della Natura (oggi Pro Natura). Sempre quell’anno a Fontainbleau è fra i fondatori dell’Unione Internazionale per la protezione della natura, UICN.
Il Parco nazionale del Gran Paradiso aveva visto la popolazione di stambecchi ridursi a circa 400 esemplari, da tempo era scomparso da tutte le Alpi. Con un lavoro di monitoraggio tutt’oggi valido e con il sostegno della figura dei guardaparco, nonostante i problemi causati dai cambiamenti climatici alla sopravvivenza della specie, nonostante il decadimento genetico (da venti geni dell’inizio del secolo scorso siamo a due) oggi nel parco vivono 2400 esemplari, 50.000 su tutte le Alpi.
Renzo Videsott, accompagnato dal fratello Paolo e da altri parchigiani trentini e nazionali, ha dato il via concreto alla storia del parco nazionale dell’Adamello Brenta. Certo, il parco doveva essere nazionale, doveva comprendere l’areale dello Stelvio e guardare all’Engadina. Oggi, causa scellerate scelte politiche degli anni ‘90, ci dobbiamo accontentare di una parco ristretto, ridotto a cartolina pubblicitaria di un turismo sempre più invasivo, privato dei guardaparco.
La Presidente di CIPRA Itternational Serena Arduino ha arricchito il convegno di notizie ormai perdute. Nell’archivio dell’associazione a Schaan (Lie) ha scovato i verbali delle riunioni che hanno dato vita alla CIPRA e che hanno tracciato le linee di indirizzo della Convenzione delle Alpi. Siamo nel 1950 in Germania, a Rottach – Egern. In quei documenti Renzo Videsott è presentato come il promotore di queste intuizioni, di una visione conservazionista di profilo internazionale, della lettura di un’Europa nuova, ricca della missione conservatrice delle montagne, assieme a un altro trentino, Fausto Stefenelli. CIPRA nasceva l’anno seguente, la Convenzione delle Alpi diventava il primo trattato internazionale di conservazione dell’ambiente nel 1991.
Questo breve intervento è un richiamo a voi tutti. Nel centenario della nascita dei primi parchi italiani, il Parco Nazionale del Gran Paradiso 1922 e il parco nazionale d’Abruzzo, Molise e Lazio 1923, è bene approfondire la conoscenza di personaggi tanto significativi. Come del resto non possiamo permetterci di sottostimare il valore dell’azione di un nostro caro amico, Franco Tassi: lo possiamo dire, il padre della rinascita del parco degli Appennini.
Luigi Casanova