Sulle tracce dell’orso
I problemi di convivenza si fanno pressanti e necessitano di particolare attenzione e di un livello di competenza dei decisori a volte carente.
Di Stefano Mayr
Negli ultimi anni del secolo scorso Mountain Wilderness Italia decide di occuparsi di grandi carnivori alpini, grazie all’impegno professionale di alcuni soci e all’interesse mediatico suscitato dalle dinamiche faunistiche in corso (ritorno della lince, ricomparsa dell’orso in Friuli Venezia Giulia, la presenza dello sciacallo dorato). In quelli anni la situazione dell’orso in Trentino era drammatica (3 esemplari ancora in vita, incapaci di riprodursi). Iniziano a circolare i progetti di reintroduzione ed i piani di azione sui grandi carnivori, si tengono incontri tra addetti ai lavori, le associazioni ambientaliste sono in fermento.
Mountain Wilderness si occupa a suo modo della tematica, con serietà, attraverso la conoscenza diretta dei territori in cui queste specie si muovono, incontrando le persone o gli Enti che al tempo se ne occupavano, definendo in tal modo una visione obbiettiva sul tema.
In principio ci si è mossi con stage tematici sull’orso di alcuni giorni nelle Dolomiti di Brenta e nel Tarvisiano, con il supporto mediatico di Barbara Silbe, concentrandosi sulla presenza residuale degli ultimi orsi del Trentino e sulla zona di nuova presenza della specie nelle Alpi Giulie. La formula prevede la presenza di uno o più esperti del settore e l’affiancamento di soci che seguono itinerari in zona orso, confrontandosi sulla ricerca e scoperta di eventuali indizi. Con lo stesso spirito nel settembre 1998 si svolge il primo e più lungo viaggio sulle Tracce dell’Orso, un cammino sull’arco alpino potenzialmente interessato dai movimenti spontanei della specie (il progetto Life Ursus inizia l’anno dopo), in un’ideale congiunzione degli habitat balcanici con quelli centro alpini. Vengono percorsi in un mese più di 800 Km tra il nord della Croazia e la Val Camonica, attraversando la Slovenia fino al Triglav, quindi le Prealpi Giulie e Carniche, le Dolomiti Bellunesi, il Primiero, il Lagorai, i monti della Valle dell’Adige, le Dolomiti di Brenta e l’Adamello. I partecipanti che accompagnano il naturalista Stefano Mayr sono una trentina, chi per pochi giorni chi per più tempo, meravigliosi compagni e compagne di viaggio a cui torno emozionato nel rivivere fatiche e riflessioni.
Si è trattato di un’esperienza unica, ricca di notevoli intuizioni sui percorsi, tappe talvolta estreme per dislivello e lunghezza, bivacchi improvvisati e zaini pesanti. Incontri con persone affascinanti, piccole scoperte quotidiane che riguardavano l’oggetto del desiderio, l’orso. Ad un certo punto non capivamo se eravamo noi o lui a seguire… tracce. Sta di fatto che, poco dopo il nostro passaggio ed una bella serata svolta ad Agordo, l’orso fa la sua comparsa ufficiale nel bellunese, passando proprio dal Col Pan de l’Ors da cui eravamo scesi alla cittadina, dimostrando l’attendibilità storica dei toponimi. Nel 1999 l’esplorazione si concentra nella dorsale tra Slovenia ed Austria, partendo da Tarvisio ed esplorando le Caravanche con un piccolo gruppo di partecipanti, mentre nel 2000 si riprende in parte l’esperienza precedente in una magnifica traversata di venti giorni dall’Isonzo all’Adige, una avventura condivisa da tre “veterani” ed altri soci in affiancamento. Negli anni seguenti MW ha collaborato con il WWF in un’altra traversata ciclopedonale lungo il principale corridoio di biodiversità dell’arco alpino, dal Parco dell’Alto Garda Bresciano al Parco dell’Engadina. Intanto le dinamiche di popolazione hanno fatto il loro corso, gli orsi sono tornati nelle Alpi centrali, il lupo ha ripopolato l’arco alpino, la lince è in difficoltà, altre specie come lo sciacallo dorato ed il gatto selvatico si presentano in modo sporadico. I problemi di convivenza si fanno pressanti e necessitano di particolare attenzione e di un livello di competenza dei decisori a volte carente. Mountain Wilderness è ora attesa da un nuovo ruolo: diffondere conoscenze, sostenere formazione, correggere banalizzazioni che portano l’opinione pubblica a leggere nei grandi predatori dei nemici dell’uomo. Su questi percorsi rimarremo impegnati a lungo.
Stefano Mayr