“Basta nuovi impianti”: con la crisi climatica, investire nello sci non ha più senso.

Dal Blog a cura di Mountain Wilderness su Il Fatto Quotidiano.

Legge 29 dicembre 2022 n. 197 (“Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025”), art. 1 comma 592: Al fine di promuovere l’attrattività turistica e di incentivare i flussi turistici nei luoghi montani e nei comprensori sciistici, garantendo la sicurezza degli impianti, è istituito, nello stato di previsione del Ministero del turismo, un Fondo, con una dotazione di 30 milioni di euro per l’anno 2023, di 50 milioni di euro per l’anno 2024, di 70 milioni di euro per l’anno 2025 e di 50 milioni di euro per l’anno 2026, da destinare alle imprese esercenti impianti di risalita a fune e di innevamento artificiale, al fine di realizzare interventi di ristrutturazione, ammodernamento e manutenzione, volti a garantire adeguati livelli di sicurezza.

Il tema della sicurezza degli impianti è importante, come si è visto in occasione della tragedia del Mottarone nella quale sono morte 14 persone ormai quasi due anni fa. Gli aiuti alle imprese vanno bene, ma il denaro pubblico deve essere speso con oculatezza (“diligenza del buon padre di famiglia”, direbbe il Codice Civile) e in favore della comunità.

Che il capitale speso negli impianti sciistici rappresenti un buon investimento resta tutto da dimostrare, l’industria dello sci ha svolto una innegabile funzione trainante negli anni del boom ma oggi a causa della crisi climatica ed energetica si stenta ad intravedere un futuro di crescita, anzi. La realizzazione di nuove infrastrutture, anche fatte passare in modo arbitrario come ammodernamento di impianti già esistenti, o la ristrutturazione in ambiti purtroppo destinati all’abbandono (basse quote, esposizioni a sud, mancanza di servizi) non rispondono alle esigenze di un mercato sempre più ristretto e in evidente carenza di ossigeno, ma solo a quelle di un’imprenditoria disinteressata allo sviluppo equilibrato delle aree interessate e guidata dalla prospettiva di un guadagno privato immediato.

Inverni senza neve

“Basta nuovi impianti” è la parola d’ordine che accompagna la manifestazione che si svolgerà il prossimo 12 marzo, distribuita tra le Alpi e gli Appennini; almeno otto le regioni coinvolte, a testimonianza di come queste problematiche siano diffuse su tutto il territorio nazionale. La mobilitazione, lanciata dal collettivo The Outdoor Manifesto, si pone questi principali obiettivi:

– fermare finanziamenti e progetti legati alla realizzazione di nuovi impianti, piste da sci e innevamento programmato, considerato il cambiamento climatico in atto che obbliga all’elaborazione di nuove strategie economiche dei territori alpini, in particolar modo per quelli a forte vocazione turistica legata allo sci da discesa;

– rendere assolutamente trasparenti i flussi economici provenienti da risorse pubbliche investiti a sostegno di infrastrutture e modelli turistici poco o per nulla giustificabili nella condizione ambientale e socio-economica attuale;

– prediligere uno sviluppo territoriale che possa produrre benessere per l’intera popolazione preservando al contempo l’integrità delle risorse naturali e promuovendo un reale equilibrio tra abitanti, territorio e frequentazione turistica;

– sviluppare processi partecipativi maggiormente capaci di tenere in considerazione l’opinione della popolazione in merito allo sfruttamento di beni comuni che, in quanto tali, devono rimanere una risorsa collettiva e condivisa.

Da Monte San Primo in Lombardia all’Alpe Devero in Piemonte, da Serodoli in Trentino al Corno alle Scale in Emilia Romagna, dal Terminillo in Lazio ad Arabba in Veneto, da Roccamorice in Abruzzo a Sella Nevea in Friuli Venezia Giulia sono tanti i territori interessati da questa visione di sviluppo anacronistica e insostenibile e per i quali si rende necessario un concreto cambio di paradigma per lo sviluppo delle montagne, in grado di ri-immaginare l’inverno tramite nuovi modelli che si sleghino dalla monocultura impiantistica e dello sci da discesa, modelli che in alcuni luoghi si è già iniziato ad avviare e andrebbero sostenuti -quelli sì – con fondi pubblici.

Per inciso, va ricordato che la stessa Legge citata in apertura riporta al comma successivo la seguente dicitura: Le risorse di cui al comma 592 possono essere destinate anche alla dismissione degli impianti di risalita non più utilizzati od obsoleti e, nella misura di 1 milione di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, allo sviluppo di progetti di snow-farming.

Secondo voi i fondi dove andranno a finire?