Comelico: facciamo il punto dopo la manifestazione del 1° giugno.
Anche il CAI, attraverso la posizione degli Organi Centrali e in aperto contrasto con la sezione locale, è contrario a nuovi impianti.
Attraverso le parole riportate sui giornali si apprende che i cittadini del Comelico amano il loro territorio e accettano consigli, tuttavia ritengono che la decisione finale sul collegamento con la Pusteria spetti a loro e a nessun altro. Peccato che una buona parte dei fondi cui attingeranno siano soldi pubblici, provenienti dalle tasse di altri cittadini.
Cittadini che potrebbero non condividere la decisione unilaterale di impiegare quel denaro per un progetto che, non solo produrrebbe una ferita profonda al valore del paesaggio, ma non risolverebbe i problemi sociali lamentai dagli abitanti locali.
In particolare, non migliorerà i servizi essenziali, quali scuole, trasporti e sanità; porterà solo qualche posto di lavoro stagionale.
Riflettendo su quanto avvenuto in val Pusteria e nel Comelico dal 2012 ad oggi, i 26 milioni di euro stanziati, se spesi per la realizzazione del collegamento con la Pusteria, lasceranno nel lungo periodo al Comelico solo i debiti della gestione dei futuri impianti.
Non stimoleranno l’imprenditoria privata, perché attori di questo business saranno terzi, estranei al Comelico, non lasceranno migliori i sentieri, non ripristineranno i valori storici del territorio, non ristruttureranno le case, non creeranno fiducia nelle proprie capacità, perché ci si abbandona all’illusione che un solo impianto possa risolvere ogni problema.
Nella voce urlante della Manifestazione di Sabato 1 giugno c’è la richiesta di
un’autonomia, intesa non come valore, ma banalizzata in “a casa mia faccio quello che voglio”. Nella voce urlante della Manifestazione di Sabato ci sono le minacce ignoranti e di corta veduta verso coloro che hanno un’opinione diversa sul collegamento; non solo verso le Associazioni ambientaliste, ma anche verso Concittadini del Comelico.
Attraverso i Social è stato gettato odio verso chi è contrario al collegamento; sono stati ridicolizzati il significato culturale della svendita del proprio territoio, le osservazioni tecnico-scientifiche che portano ad una valutazione negativa del progetto, i pochi sostenitori della cultura e della storia alpina. È stata ribadita la violenza, che ha impedito per due anni ai locali contrari di esprimersi.
Quella del Comelico è ormai una questione nazionale, perché mina i valori della montagna autentica, perché vede migliaia di persone che vivono in montagna scatenarsi con presunzione e con violenza contro chi ha opinioni diverse e conto la fragilità del territorio, che non ha voce, se non attraverso quella delle persone che lo difendono. Il Comelico rappresenta la fine della montagna come l’abbiamo conosciuta, il distacco netto della gente locale dal suo territorio, dai valori, dalla necessità che queste terre vengano lavorate. Su quanto avvenuto attraverso la manifestazione di Sabato 1 giugno 2019 invitiamo a riflettere, perché nel nome della montagna vissuta non venga accettata incondizionatamente la logica dell’industria del turismo che svuota la montagna; non perché perde residenti, ma perché i residenti la svendono. Svendono i pascoli ai ricchi allevatori austriaci e bavaresi, svendono il legname schiantato dalla tempesta Vaia alle grandi segherie austriache e slovene, svendono i versanti agli imprenditori dello sci.
Oggi stiamo assistendo all’assassinio della montagna, proprio nel cuore delle Dolomiti, Patrimonio Mondiale dell’Umanità, nel decimo anno del suo anniversario; dalle zone più ricche (valli Gardena, Badia, Fassa, Pusteria), alle aree che finora si sono mantenute autentiche, come il Comelico e la Carnia. Certi antropologi dovrebbero preoccuparsi di questo invece di prendersela con il lupo o con l’ambientalismo; dovrebbero riflettere sui meccanismi che hanno portato i montanari a divenire succubi della cultura urbana al punto da rinnegare le proprie radici. Il riconoscimento a “Patrimonio Mondiale dell’Umanità” implica una responsabilità di tutti verso il mondo intero, relativamente alla tutela e alla conservazione dell’integrità del territorio (Rapporto di Siviglia 2009).
La svendita della montagna è partita dagli anni ’60 con le seconde case, proseguita con la rete impiantistica che ha conquistato e mortificato le alte quote e asservito ai suoi bisogni l’infrastrutturazione dei fondovalle e della mobilità, che ha distrutto il valore anche economico del mondo agricolo e della selvicoltura. La Soprintendenza dello Stato centrale è oggi ancora la sola istituzione che garantisce la tutela del paesaggio come valore identitario irrinunciabile
Alcuni organi di stampa in due mesi hanno prodotto oltre 60 articoli contro vincoli e tutele, a favore del collegamento, tacendo ogni altra voce. In due mesi, sui tre quotidiani locali, sono uscite ben poche posizioni diverse. Televisioni e radio hanno ripreso, giorno dopo giorno i temi riportati dalla carta stampata. A favore degli impianti si sono schierate tutte le forze politiche, da Potere al Popolo a Fratelli d’Italia, dal PD, agli autonomisti del BARD, dalla Lega al Movimento 5 stelle al Popolo a Fratelli d’Italia, dal PD,
agli autonomisti del BARD, dalla Lega al Movimento 5 Stelle. Non solo i Sindaci ma anche parlamentari, assessori, presidente della Regione, tutti, indistintamente con la manifestazione di Sabato 1 giugno hanno assunto il ruolo di complici della definitiva disfatta della montagna italiana, perlomeno nelle Alpi.
E ora si è aggiunta al coro la voce di Messner, per il quale la montagna è sempre più un mero strumento al servizio dei suoi musei. Triste fine di un mito.
Ci conforta invece la presa di posizione degli organi centrali del Club Alpino Italiano che, pur esprimendo comprensione e rispetto per la giusta aspirazione ad un rilancio economico degli abitanti del Comelico, li invita a non fondare tali speranze sulla monocultura dello sci di pista e sulla realizzazione di nuovi impianti a fune. Insomma, malgrado quanto è stato diffuso erroneamente dagli organi di stampa, anche il CAI è contrario al progetto.