Dolomiti Patrimonio dell’Umanità: il progetto sconosciuto.

Informazione e partecipazione, le carenze della Fondazione. Si investe nel modello basato sul consumo del territorio.

Con un ritardo che ha dell’incredibile, a 50 giorni dall’arrivo dei commissari UNESCO, la Provincia di Trento si sveglia e si accorge che centinaia di amministratori pubblici e decine di migliaia di cittadini nulla conoscono di cosa significhi realmente Dolomiti patrimonio naturale dell’umanità. La soluzione individuata, come sempre in Trentino, è solo istituzionale. Si affida a STEP Scuola di governo del territorio e del paesaggio il compito di informare sul tema gli amministratori pubblici, comunali e provinciali con una serie di incontri da tenersi nelle vallate.

Prima di commentare la notizia è opportuno ricordare alcuni passaggi che molti cittadini non conoscono:

tutti i consigli comunali delle province di Belluno, Pordenone e Udine si sono espressi, in tempi utili, fin dal 2005, sull’argomento: sostenere o meno il patrocinio UNESCO. I comuni del Trentino e della provincia di Bolzano sono stati tenuti all’oscuro di ogni iniziativa;
su volontà espressa in termini forti dagli assessori trentini e bolzanini, Gilmozzi e Laimer, le altre province sono state costrette, dal 2005 in poi, a porre termine all’operazione coinvolgimento dell’associazionismo sociale dei territori: imprenditori, sindacati, ambientalisti e volontari;
da mesi associazioni ambientaliste chiedono alla Fondazione Dolomiti UNESCO di essere coinvolte nei progetti di gestione delle nove aree e dell’intero progetto. Dalla Fondazione non arriva nemmeno il segnale di una risposta. L’unica associazione accettata, non casualmente, è il CAI, Club Alpino Italiano.

I cittadini delle Dolomiti devono aver bene presente che senza un coinvolgimento attivo della società civile, senza condivisione dei progetti di gestione, l’UNESCO sarà costretta a sospendere il patrocinio costruito attraverso tante difficoltà ed una abile regia politico-amministrativa.
Il fatto che STEP coinvolga nell’operazione ascolto (perché di null’altro si tratta) alcune decine di amministratori pubblici non soddisfa quanto richiede la convenzione UNESCO. E’ necessario che i progetti, i piani di gestione, fin nel dettaglio, siano condivisi da tutta la società civile interessata.

E’ molto probabile che le province interessate abbiano ormai deciso definitivamente di utilizzare il logo dell’UNESCO come un banale marchio turistico. A dimostrazione di questo sta l’incredibile cifra che la Fondazione ha chiesto come contributo al Ministero dell’ambiente, oltre 5 milioni di euro.
Nel frattempo la gestione del territorio non subisce ripensamenti: si investe nei nuovi collegamenti Pelmo – Civetta, in quelli del Cadore fra Cortina e Arabba, negli scempi dei Resort di lusso in alta quota, nei collegamento Moena – Costalunga, nella distruzione dell’altopiano dello Sciliar.

Nonostante ripetute richieste ufficiali e nonostante promesse che sembravano chiare ottenute solo pochi mesi fa dal mondo politico, nulla sta cambiando: si procede negli investimenti che portano vantaggio ad una ristretta elites di cittadini, non si sviluppano le filiere economiche, non si investe in innovazione, in termini di qualità, di formazione, di cultura. Anche sotto l’ombra dell’orribile marchio la gestione del territorio delle Dolomiti rimane quella imposta fin dagli anni ’60: cemento, asfalto, gallerie e industria dello sci. Niente altro.

Luigi Casanova, portavoce di Mountain Wilderness Italia

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