Il difficile rapporto fra uomo e natura

La tutela dell’ambiente e lo sviluppo turistico possono coesistere? Questa è la storia dell’Alpe Veglia e Devero, di un Parco nato nel 1978 e di un complesso progetto del valore di oltre 130 milioni di euro.
Di Raffaele Marini. Per gentile concessione di Montagne 360

Il 1978 rappresenta un anno fondamentale per la protezione ambientale in Piemonte: viene istituito il Parco Naturale dell’Alpe Veglia nelle Alpi Lepontine occidentali. Enel aveva in progetto la realizzazione di un grande invaso idroelettrico che avrebbe cancellato la splendida conca alpina.
Un geologo e uomo del Cai certificò che probabilmente il lago non si sarebbe mai riempito per la permeabilità dei terreni e i connessi rischi al tunnel ferroviario del Sempione. Il suo nome è Ardito Desio.

Ardito Desio. Fonte: Wikipedia

L’Alpe Veglia ha peculiarità uniche: è un modello puro di alpeggio alpino, pascolato nel periodo estivo principalmente dai pastori di Varzo e Trasquera e frequentato da escursionisti consapevoli, totalmente inaccessibile durante il periodo invernale.
Nel 1990 viene istituito il Parco Naturale dell’Alpe Devero per tutelare un’altra parte delle Lepontine, dove si coniugano in modo armonico civiltà delle Alpi e habitat di elevatissimo pregio naturalistico.
Nel 1995 viene sancita l’unificazione dei due Parchi con la costituzione del Parco Naturale Veglia-Devero. Con questo atto la Regione ha di fatto inteso inserire questo “unicum” di ambiente e cultura alpina in un sistema di aree protette, riconoscendo specificità di tipo mineralogico, vegetazionale e faunistico di particolare pregio.
Con l’istituzione della “Rete Natura 2000”, l’Unione Europea si è dotata di uno strumento di politica di conservazione della biodiversità; da qui nasce l’individuazione della ZSC “Alpe Veglia Devero, Monte Giove”, per un totale di oltre 15.000 ettari di regione biogeografica alpina.
Questo complesso di ambienti a elevato valore naturalistico è stato ed è oggetto di studi scientifici: dagli efficienti sistemi di pascolamento estivo, alla conservazione delle popolazioni di tetraonidi (gallo forcello in particolare), dall’evolversi della dinamica delle popolazioni di stambecchi, camosci e di cervo, alla promozione e valorizzazione delle produzioni
locali. Qui si sta sperimentando un modello assoluto di compatibilità ecologica.

Le attività del tempo libero si sono principalmente sviluppate attraverso l’alpinismo, un escursionismo lento estivo mentre, nel periodo invernale, si è assistito alla progressiva espansione dell’utilizzo delle ciaspole a fianco di una pratica scialpinistica di richiamo europeo. Lo sci alpino ha trovato collocazione in alcune aree (San Domenico e Devero) come pure lo sci di fondo.

Avvicinare le montagne

Questa rapida sintesi serve per inquadrare il contesto in cui si colloca un complesso progetto di sviluppo turistico denominato “Avvicinare le Montagne”, presentato dalla società privata San Domenico Ski, che attualmente gestisce gli impianti sciistici di San Domenico-Ciamporino, in comune di Varzo.
Il progetto ha questa finalità principale, secondo i proponenti: «Sperimentare un modello di sviluppo territoriale non solo sostenibile ma soprattutto durevole, basato su una possibile relazione positiva tra uomo e natura.». E anche: «Un modello di sviluppo che parta da un atteggiamento positivo di fiducia nella capacità dell’uomo di trasformare in modo
corretto il territorio, sul fatto che un’integrazione tra attività antropiche e natura è ancora possibile, e che non sia invece soltanto improntato sulla paura e sulla difesa a oltranza dello stato attuale delle cose», per un valore complessivo di oltre 130 milioni di euro.
Da un lato si ipotizzano migliorie agli impianti esistenti (sostituzione di due impianti obsoleti),dall’altro si prevedono imponenti e potenzialmente devastanti interventi infrastrutturali: creazione di dorsali di trasporto-impianti a fune (cinque nuovi impianti e la colonizzazione del vallone di Vallè attualmente naturale), creazione di bacini di accumulo di acqua per l’innevamento artificiale, strutture ricettive e di servizio di volumetria varia e a quote anche elevate, trasformazione e manutenzione della rete sentieristica per generare una serie di percorsi collegati di mountain bike, trasformazione di alpeggi in ricettività diffusa, ecc..
Viene proposta una tipologia di fruitori di “questa montagna” pianificata a priori e indirizzata a massimare la resa economica per pochi. I proponenti sottolineano il fatto che tutti questi interventi oltre a generare reddito, economia e posti di lavoro diretti e indiretti, siano posti al di fuori del territorio del Parco Veglia – Devero (per poche centinaia di metri). E se ciò è vero, altrettanto vero è che questa mole di interventi infrastrutturali avviene per la quasi totalità all’interno della ZSC (Zona Speciale di Conservazione) che la Regione Piemonte ha affidato in gestione al Parco, con valori di tutela ambientale e naturalistica di valore assoluto per la
Rete Natura 2000.

Codelago

Il significato di Ecocompatibilità

Le amministrazioni locali (Provincia, Unione dei Comuni e singoli Comuni) sono fortemente schierate a favore del progetto. A questo punto, nella necessaria sintesi, una riflessione va compiuta: ci si appella, anche nel progetto e negli atti amministrativi connessi, alla cosiddetta “ecocompatibilità”. Si ha la netta sensazione che questo concetto venga “speso” senza conoscerne le intrinseche valenze, in particolare quella da cui è nato l’enunciato dello “sviluppo sostenibile”: una forma di sviluppo economico compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e dei beni liberi a favore delle generazioni future.
Una semplice domanda: “Quali Alpi Lepontine vogliamo consegnare ai nostri figli?”. Ovviamente si è sviluppato intorno al progetto un intenso dibattito pubblico che ha contrapposto una parte (ma non tutti!) di chi abita sul territorio, depositario unico del potere di scegliere il futuro del territorio stesso e chi frequenta il territorio visto principalmente come un portatore di problemi al quale non viene riconosciuta la possibilità di esprimere opinioni.
Si ripropone quindi (agli inizi del Duemila) la solita guerra di religione tra economia e ambiente. Ciò non è bene: la maturità culturale di una nazione sta anche e soprattutto in una coesione sociale da costruire tutti insieme, guardando al domani degli Uomini e della Natura.

Raffaele Marini