Neve naturale, l’altro turismo

Di Toni Farina

Toni Farina

Capanna Mautino, storico rifugio dello Ski Club Torino sulle montagne dell’alta Val di Susa. Le montagne dette “olimpiche”.
È una sera di fine dicembre. Quest’ultimo dicembre. Periodo vacanziero.
Si sta bene nel rifugio. Si sta caldi, anche se, a dire il, vero, non fa freddo neppure fuori. E fuori c’è la neve, tanta, novembre e dicembre sono stati insolitamente generosi. Tutt’intorno è bianco: i Monti della Luna, la Dormilleuse, il Terra Nera, sono coperti di neve come da anni in questo periodo non capitava. Osservando i pendii di queste montagne si comprende come mai lo sci si è sviluppato su questi monti.
A oriente si scorge il delirio di luci di Sestriere. La Via Lattea, costellazione di impianti a fune, è appena oltre il crinale. Eppure anche qui, in quest’angolo di alta Val di Susa, sulle montagne dello sci pistaiolo, si sono salvati angoli di neve senza impianti di risalita. Neve naturale.
Si sta bene nel rifugio. Un chiacchiericcio pacato fa da colonna sonora in attesa della cena. Il telefono però suona parecchio, e la risposta è sempre la stessa: “mi spiace, domani a pranzo non c’è posto, abbiamo già esaurito due turni …”.
Dunque, anche la neve naturale attira. D’altronde l’itinerario per arrivare quassù è bello e facile. D’inverno le auto restano a valle e il bosco innevato è davvero magico.
Un invito a camminare accolto da tanti. Pare di essere oltralpe, a Nevache o a Cervieres, località dell’escursionismo invernale per antonomasia.
E giù a valle, a Bousson, alla partenza, nei week end di tempo favorevole è arduo trovare parcheggio.

Salendo alla Capanna Mautino. Foto: Toni Farina

Grange di Seu, il sole del Gran Bosco

Già il parcheggio. O meglio, la sua mancanza, che rappresenta un handicap per l’accesso invernale alle Grange di Seu, prezioso intervallo di sole nell’altrimenti “ombroso” Parco naturale del Gran Bosco. Lungi dall’ipotizzare sbancamenti, ci mancherebbe, ma posteggiare un mezzo al bel villaggio di Monfol, punto di partenza per le grange, è quasi impossibile. Oltre che inopportuno.
Il Gran Bosco è quello di Salbertrand, ma è anche il Gran Bosco di Sauze d’Oulx. Il suo angolo di natura. Una Sauze che non ti aspetti. A oriente dell’abitato, il parco confina con i boschi interrotti dalle piste della Via Lattea e costituisce una bella possibilità di integrazione dell’offerta turistica.
Una possibilità apprezzata da molti. Lo sa bene Elisa Pecar che da 20 anni gestisce il Rifugio Arlaud, lì alle Grange di Seu. Nei week end è difficile parlare con lei, impegnata com’è ai fornelli per sfornare polente e prelibatezze varie (prenotare!) a quanti si sobbarcano l’ora e mezza di piacevolissimo cammino sull’ombrosa pista che attraversa il Gran Bosco.
“Un cammino però problematico con gli schianti provocati dalla nevicata abbondante e pesante di novembre. La rimozione dei rami caduti non è stata cosa facile. Questo turismo continua a essere incompreso, non se ne comprendono valore e potenzialità”.
Non è la prima volta che Elisa mi informa dei suoi problemi. Eppure soluzioni di sarebbero. Ad esempio si potrebbe protrarre il servizio di navetta anche d’inverno, sistemando la strada che da Monfol sale all’area parcheggio di Serre Blanche, ora accessibile solo senza neve.
Navetta e parcheggio sono argomenti che ritornano nella chiacchierata con Natalia e Ferruccio, gestori del Rifugio La Fontana del Thures. Perché, come a Monfol, anche nel piccolo villaggio in Val Thuras, alle falde della Cima del Bosco, il parcheggio è davvero esiguo.
“I giorni scorsi le auto stazionavano lungo la strada fino a Bousson”, mi dice Natalia. “Un vero delirio, ma il rimedio c’era, si chiama navetta, però è stata tolta”.

Rifugio La Fontana del Thures. Foto: Toni farina

L’altro turismo esiste

E la neve, quella naturale, attira. Le belle e tiepide giornate del periodo vacanziero hanno fatto il resto. E in alta Val di Susa i pendii della Cima del Bosco, del Giassez e della Dormilleuse sono diventati un ghirigori di tracce. Tutto bene dunque. “Non proprio, perché qui l’elicottero continua a volare”, mi informa Ferruccio dalla cucina del Rifugio della Fontana.
Già, l’eliski.
E la memoria va a una ventina di anni fa quando Mountain Wilderness organizzò proprio qui in Val Thuras due manifestazioni contro questa assurda pratica. Ricordo la scritta “NO ELISKI” nel Vallone di Chabaud, improvvisata usando gli sci (lo striscione dimenticato). Lassù, a pochi passi dal confine con la Francia, nazione dove l’eliski è vietato da anni. Mentre in Italia manca ancora una legge nazionale. E per fortuna mi vien da dire, vista la recente legge piemontese.

Manifestazione sul Col Chabuad. Foto: Toni Farina


Arriva Mattia, padre di Ferruccio, inventore di questo rifugio. Un luogo di incontro per escursionisti in un’area alpina fin lì destinata ad altro: la sua fu una vera scommessa.
“Sono passati più di trent’anni fa e nonostante non ci sia più l’entusiasmo dei primi tempi posso dire che ne è valsa la pena”, dice Mattia.
“Certo manca l’organizzazione, una corretta gestione, molti arrivano sulla neve non preparati, inconsapevoli. Ma rappresentano un segno concreto che l’altro turismo, quello che privilegia la neve naturale, esiste. La Val Maira non è una realtà isolata”.
La bandiera NO TAV nella finestra dietro la stufa ci strappa un commento sottovoce, un sorriso un po’ amaro. NO ELISKI e NO TAV, battaglie montanare.

Fra Col Begino e Monti della Luna. Foto: Toni Farina


E allora penso che forse i tempi sono maturi per organizzare un’altra manifestazione. Via gli elicotteri per sciatori da queste montagne dove è nato lo sci d’esplorazione. L’incredibile afflusso di escursionisti in queste innevate vacanze di Natale è un bel segnale.
Un’altra manifestazione? I ragazzi di Friday for future, le Sardine, chissà potrebbe funzionare. Potremmo scoprire che l’opposizione non è solo un like sui social.
Con questa prospettiva saluto gli amici del rifugio. La bella fontana di pietra ottagonale è sempre lì, all’ingresso. E l’acqua è sempre limpida.

Toni Farina