Osservazioni preliminari al progetto di massima della via ferrata al Campanile Colesei

Da diversi decenni l’associazionismo ambientalista, in modo ovviamente più marcato quello che fa riferimento più specifico alle alte quote, ha assunto una posizione decisamente contraria alla costruzione di nuove vie attrezzate sulle pareti rocciose. Si è ritenuto sia utile mantenere al meglio e in sicurezza il patrimonio delle vie ferrate definite “storiche”, costruite nei primi anni del XX° secolo fino nel primo dopoguerra e di evitare, ovunque, la costruzione di nuove infrastrutture. Nonostante questo un po’ dappertutto, non solo in Dolomiti, ma su tutte le Alpi e anche in Appennino o sulle coste italiane, si impongono alle pareti scalinate verticali che poco o nulla hanno a che fare con l’alpinismo. Solo nelle Dolomiti ad oggi le vie ferrate superano il centinaio: quelle di ultima costruzione generalmente affiancano l’offerta turistica degli impianti di risalita fornendo una ulteriore opportunità di accesso alle cime, anche quando l’escursionista è sprovvisto delle minime conoscenze necessarie ad affrontare la montagna, anche in zone delicate dal punto di vista naturalistico.

Riprendendo riflessioni di un nostro caro amico e sostenitore, fondatore e oggi presidente onorario di Mountain Wilderness International, Carlo Alberto Pinelli, che facciamo nostre , “ – queste vie ferrate rappresentano il primo scalino di una discesa verso una utilizzazione della montagna prevalentemente ludica e banalizzante (parchi tematici, passerelle tra le guglie, ponti “tibetani” e altre sciocchezze del genere), si sperimenta il brivido della verticalità eliminando però quasi totalmente la libertà di decidere il proprio itinerario, appiglio dopo appiglio, la capacità di imparare dai propri errori, l’ingegnosità di individuare vie d’uscita dalle difficoltà e dai pericoli, i rischi che ad essa si associano e ad essa donano un senso profondo. Le vie ferrate favoriscono atteggiamenti passivi (tanto ci sono cavi e scalette a guidarci passo dopo passo); non sono formative; non ci liberano dai condizionamenti urbani di cui siamo succubi e non contribuiscono a rivelarci aspetti creativi della nostra psiche che giacevano sul fondo, senza possibilità di emergere e di esprimersi. Restano soltanto un gioco epidermico “.

Carlo Alberto Pinelli

Entrando nel merito dell’oggetto in discussione, siamo venuti a conoscenza della intenzione della Scuola di alpinismo Drei Zinnen (sede in Sesto Pusteria) di costruire una nuova via ferrata che arriverebbe sulla Croda sora i Colesei per la salita al Campanile Colesei (Comune di Comelico Superiore). Si tratta di un progetto nato ancora nel 2017-2018, ma che pareva accantonato. Ora la scuola di Alpinismo Tre Cime – Drei Zinnen è intenzionata a procedere in tempi rapidi. Il progetto è in fase avanzata di elaborazione, ha ottenuto il parere favorevole della Regola di Casamazzagno proprietaria dell’area, il consenso del Comune di Comelico Superiore e della Sezione CAI Valcomelico. E’ stato affidato l’incarico di redigere il progetto preliminare al dott. for. Costantino Pinazza: il progetto ha ottenuto concessione edilizia del Comune il 27.11.2019. Le motivazioni riportate a sostegno dell’opera, riprese dalla brochure illustrativa, affermano: “”Tutte le vie ferrate delle Dolomiti di Sesto presentano un avvicinamento piuttosto lungo e faticoso e sono accessibili solitamente dal mese di luglio data l’altitudine e l‘esposizione. Vista l’impossibilità di costruire nuove vie ferrate all’interno dell’area del Parco Naturale delle Dolomiti di Sesto la Scuola di Alpinismo Tre Cime ha ideato la costruzione di una via ferrata sul lato est dalla Corda sora i Colesei, che si trova sul territorio del Comune di Comelico Superiore.”


LE OSSERVAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE

Le associazioni sottoscrittrici avanzano le seguenti preliminari e non esaustive osservazioni, contrarie alla realizzazione del manufatto: al momento la documentazione presentata dai propositori risulta essere incompleta. Solo per questo evidenza nessuna istituzione potrebbe rilasciare una autorizzazione alla realizzazione del manufatto.

  • l’eventuale via ferrata non collega percorsi alpinistici o escursionistici: si tratta di una via che raggiunge solo una cima;
  • il Campanile di Colesei offre una straordinaria scelta di arrampicate su vie storiche tracciate dagli alpinisti Boccazzi, Dal Martello, Del Vecchio, e pure una via dei “comeliani” Bepi Martini e Carlo Gera. Profanare con una scalinata ferrata le imprese di questi uomini ci sembra oltremodo sacrilego;
  • si snatura l’offerta del Campanile che già offre per la salita vie di facile e media difficoltà che vanno dal 2° al 4° massimo, un paradiso per l’alpinista medio;
  • a valle delle pareti vi è una fitta rete sentieristica che permette all’ospite escursioni panoramiche di facile e media difficoltà, brevi e di lunga durata, molte di queste portano fino nel cuore del gruppo del Popéra (sentieri 101, 124, 15/a, 155, 171);
  • i lavori, al di là della chiodatura, prevedono opere di disgaggio forse anche notevoli. L’esperienza ci porta a prevedere (situazione che annualmente si aggrava con l’intensificarsi dei cambiamenti climatici) che questi disgaggi, a meno che non si scarnifichino totalmente le pareti, saranno ripetuti nel tempo al fine di garantire al frequentatore una sempre presunta e opinabile massima sicurezza. Una eventuale autorizzazione alla costruzione del manufatto snaturerebbe ulteriormente il valore delle pareti interessate e il paesaggio;
  • Nel sostenere la nostra contrarietà facciamo riferimento anche al Bidecalogo del CAI (Club alpino italiano) del 2013 che al punto 12 prevede la contrarietà più assoluta alla costruzione di nuove vie ferrate e la necessità di intervenire in determinate situazioni con lo smantellamento di alcune già realizzate;
  • Il percorso del sentiero di avvicinamento alla possibile via ferrata e la ferrata stessa insistono nell’area core di Dolomiti patrimonio naturale dell’umanità e sono quindi in contrasto con il documento di gestione Dolomiti 2040 e con la difesa dell’integrità del patrimonio delle Dolomiti;
  • Il percorso del sentiero di avvicinamento alla possibile via ferrata e la ferrata stessa insistono in zona SIC. Ogni ulteriore infrastrutturazione di un territorio tanto prossimo all’area protetta deve valutare anche le conseguenze che un aumento dell’antropizzazione e quindi della sommatoria di disturbi che trasferirà anche nel parco adiacente;
  • Per il fatto che l’intervento ricade all’interno del SIC è fatto obbligo per la sua esecuzione una preventiva Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) ai sensi dell’art.6 del DPR 12/3/2003 n°120, redatto da un naturalista abilitato. Tale valutazione deve rispondere ai criteri imposti da un precedente e adottato piano di gestione dell’intero SIC;
  • i percorsi di arrampicata, le vie ferrate, i percorsi allestiti con inserimento di strutture fisse e artificiali (come funi metalliche, ancoraggi, gradini ecc.) sono impianti per le pratiche sportive che appartengono al campo delle opere di ingegneria civile (Codice ATECO 42.99.09,); secondo la legge 1086 del 1971 e DPR 280/2001 art. 53,65,71 le strutture metalliche e loro parti devono essere progettate nel rispetto delle NTC 2018, e la loro creazione esige uno studio multidisciplinare (ingegneri, geologi, naturalisti ecc.);
  • il progetto non presenta allegato alcuno studio geologico, naturalistico, floristico e faunistico che permetta almeno una minima valutazione degli impatti che la ferrata imporrà all’intera zona.

Come si sottolinea in queste osservazioni la nostra contrarietà alla costruzione della via ferrata non nasce da posizioni integraliste.
Si è visto, sempre più spesso negli ultimi tempi, che questi nuovi manufatti risultano utili all’aumento degli accessi alle alte quote anche in zone delicate e fragili. Sono funzionali all’incremento dei passaggi sugli impianti di risalta, siano queste seggiovie o cabinovie (non è casuale che il sentiero venga previsto proprio all’arrivo di una nuova seggiovia, in fase di progettazione). Le vie ferrate, ovunque, portano anche all’interno di aree protette, comprese zone SIC e ZPS, un incremento della antropizzazione. Siamo in assenza di un qualunque studio sugli effetti negativi che questo processo verrà ad avere sul rispetto delle direttive CEE, direttiva Uccelli e direttiva Habitat. In pratica si favorisce un effetto cumulo, una sommatoria di situazioni invasive che nel tempo vanno e andranno a mettere a rischio innanzi a tutto la biodiversità presente e il paesaggio (nuova viabilità, nuovi punti ristoro o potenziamento degli esistenti), la storia stessa dell’alpinismo.

Questo insieme di motivazioni ci portano a chiedere agli enti che già hanno rilasciato le autorizzazioni a  procedere per la costruzione dell’opera a rivedere in senso negativo la costruzione della nuova via ferrata. Agli altri enti, o associazioni in indirizzo, a farsi parte attiva affinché l’opera non venga eseguita.

Le associazioni:

Italia Nostra Veneto

Mountain Wilderness Italia

WWF Terre del Piave Belluno – Treviso

Ecoistituto del Veneto “Alex Langer”

Gruppo promotore Parco del Cadore

Comitato Peraltrestrade Dolomiti