Sull’opportunità di nuova seggiovia a Larici – Val Formica

In merito all’articolo “Nuova seggiovia a Larici-Valformica” riteniamo doveroso commentare la notizia, non per amore di polemica ma per stimolare la riflessione e per dare voce ai tanti che frequentano la montagna lontano dalle infrastrutture e apprezzano invece i suoi valori di naturalità e libertà.
Nell’articolo si riportano i fatti, cioè la realizzazione di un impianto di risalita a Cima Larici, e il grande impegno di soldi pubblici salutandoli con favore e ottimismo. Vengono utilizzati espressioni e concetti tipici delle comunicazioni acritiche relative a questo tipo di interventi e vengono omessi i punti di vista alternativi.
E’ bene approfittare di queste occasioni per raccontare la realtà da una prospettiva differente che non sia quella del finanziamento pubblico erogato a prescindere senza valutazioni sui reali benefici per la comunità e per l’ambiente.
L’articolo si apre parlando dello sblocco dei finanziamenti per il nuovo impianto come di un “passo avanti” ma per i tantissimi frequentatori della zona e amanti della montagna difficilmente un cantiere che toglie ulteriore spazio naturale può apparire come un passo in avanti.
Sono numerosi i frequentatori della zona, tra Cima Larici e Portule, che praticano sport in ambiente invernale che non prevedono infrastrutture, come scialpinismo, ciaspole, trekking, slitte con i cani, che risentiranno della presenza di un impianto e di una pista battuta.
Ma ancor di più non si può parlare di passo in avanti guardando al modello di business fondato su uno sport, lo sci alpino, che vede numeri in continua contrazione, la concorrenza di comprensori irraggiungibili per offerta e dai costi di investimento e mantenimento esorbitanti.
A questo si è aggiunto in questi ultimi anni il problema dell’innevamento sempre più incostante, basti pensare che ad ogni nuovo impianto, per quanto piccolo, come anche in questo caso, corrisponde la realizzazione di un bacino per l’innevamento artificiale. Già questo lascia intendere quanto lo sci alpino non sia più lo sport naturale per certi luoghi e in particolare per l’altopiano che per la sua morfologia carsica soffre di una cronica carenza di acqua.

Bacino per l’innevamento artificiale


Veder investire milioni di euro di finanziamenti pubblici in un mercato che per rischi e potenzialità ha proporzioni così svantaggiose e in progetti con un approccio all’ambiente ormai anacronistico deve stimolare una riflessione che aiuti a far emergere modelli alternativi più efficienti sia finanziariamente sia per il rispetto dell’ambiente naturale.
L’area di cima Larici – Val Formica ha visto importanti interventi di edificazione ma aveva comunque mantenuto un accettabile equilibrio tra turismo di massa e ambiente naturale e non aveva bisogno di ulteriori investimenti. La zona infatti è interessata da una affluenza turistica sostenuta a cui si aggiunge una ulteriore altrettanto sostenuta presenza di frequentatori della montagna naturale meno legata alla stagionalità e meno soggetta a picchi di presenze.
Come spesso accade non si tratta di investimenti necessari per migliorare l’offerta turistica ma si tratta di intercettare fondi pubblici per realizzare cantieri senza una prospettiva. In Val Formica c’è un comprensorio di soli 3 impianti con dislivelli, pendenze e lunghezza delle piste limitate adatte soprattutto a principianti o ai più piccoli i cui bisogni erano ampiamente soddisfatti dall’esistente. Le presenze sugli impianti non suggeriscono la necessità di alcun investimento, anzi, spesso gli scialpinisti e i ciaspolatori che affollano oggi Cima Larici osservano le seggiovie deserte degli impianti di Val Formica.

Per tornare alle questioni finanziarie è con molta amarezza che guardiamo erogare fondi destinati al miglioramento della qualità della vita delle nostre comunità montane per simili progetti. I fondi di confine utilizzati sarebbero fondi istituiti per innalzare i servizi di quelle comunità che risultano svantaggiate dal confronto con i vicini di casa delle province autonome maggiormente tutelati. Ma come potrà incidere nella qualità della vita di queste comunità una spesa di più di 5 milioni di euro per una nuova seggiovia come quella di Cima Larici? E non suona come una beffa che impianti e cantieri simili siano quasi sempre realizzati da aziende residenti proprio in quelle province autonome che alla fine finiscono per intascare anche questi denari?


L’altopiano di Asiago come presenze turistiche ha dei numeri da record e l’area della Val Formica non soffre sicuramente l’isolamento. Siamo sicuri che fosse necessaria una seggiovia, un bacino idrico, un impianto di innevamento programmato? Davvero pensiamo che una pista con 400 metri di dislivello serva per potenziare l’offerta turistica del comprensorio? O i soldi pubblici dei fondi di confine e della Provincia di Vicenza avrebbero potuto essere impiegati diversamente, magari per tutti quei servizi carenti per cui ci sentiamo sempre rispondere dagli amministratori che non ci sono fondi?
Mountain Wilderness è una risorsa per gli amministratori e le comunità locali e può contribuire all’ideazione e la valutazione di progetti di tutela e di valorizzazione degli ambienti di montagna portando esperienze internazionali e nazionali, un punto di vista attuale e la sensibilità per i valori che la Montagna rappresenta. Vogliamo immaginare progetti che impieghino soldi pubblici per il bene delle comunità e dell’ambiente e non solo cantieri che lasceranno in eredità impatto ambientale, costi di mantenimento e turismo di massa del tutto inconsapevole del valore dei luoghi.

Alessandro Lavarra