Malciaussia, Valli di Lanzo: nuovi problemi, vecchie soluzioni

Valli di Lanzo: auto ovunque, tante, troppe.

In realtà il problema in questione proprio nuovo non è. Perché a dire il vero inizia a presentarsi fin dagli anni ’60 del 900, periodo in cui prende forma la motorizzazione di massa. Un’auto per ogni famiglia, l’auto simbolo di libertà e tante strade per muoversi, appunto, in libertà. Auto con cui risalire nelle domeniche d’estate le valli in cerca di refrigerio.
Proprio nuovo non è, ma negli ultimi anni ha assunto dimensioni più rilevanti, direttamente proporzionali alle canicole estive. Auto ovunque, tante, troppe per la dimensione fisica della montagna. Questione di spazio, dunque, ma anche di decoro. Di sostenibilità.
La novità sta proprio lì: la sostenibilità. Lo sviluppo detto “sostenibile”. Un comandamento, l’undicesimo, soggetto però a interpretazioni varie, talvolta molto soggettive. E certo molto soggettiva e personale è stata l’interpretazione di “sostenibilità” che ha ispirato il progetto “Recupero ambientale e miglioramento della fruizione del Lago di Malciaussia” (tecnicamente uno studio di fattibilità).

Rocciamelone. Foto: Toni Farina

Ambiente alpestre, alte montagne, il Rocciamelone che vigila a occidente

Così è Malciaussia, 1800 metri di quota, alla testata della Valle di Viù, la più meridionale delle tre Valli di Lanzo, a una cinquantina di chilometri da Torino.
Una conca in gran parte occupata da un invaso artificiale che al momento della realizzazione, negli anni 30 del ‘900, sommerse il villaggio omonimo. Nello spazio residuo, sulla riva sinistra del lago, corre una strada sterrata che termina in località Pietramorta, poche case addossate a una rupe.
Dalla strada si alzano i ripidissimi pendii basali della Lera, altra montagna caratteristica della zona (pendii sui quali sale in allungati tornanti il sentiero per l’alto Colle dell’Autaret, antica via di collegamento tra Roma imperiale e la Gallia).
Ed è ai lati di questa strada che trova disordinatamente posto la moltitudine di auto che sale quassù nelle domeniche estive di bel tempo, arrancando sulla carrozzabile provinciale che sale da Usseglio. Intorno, il classico scenario da pic nic: tavolini, campeggio un po’ selvaggio, barbecue. Effluvi di braciole che risalgono le chine sulle ali delle brezze. Uno scenario un po’ così, che nella rovente estate 2017 ha però assunto dimensioni tali da preoccupare l’amministrazione di Usseglio, comune titolare della zona. Facciamo ordine, è stata la sentenza.

Un parcheggio, che altro?

Soluzione vecchia, anzi, vecchissima, per un problema (quasi) nuovo.
La lodevole intenzione di mettere ordine non è andata oltre. Niente cuore oltre l’ostacolo, niente visione prospettica. Troppo erti i pendii di queste montagne?
Forse. Eppure proprio la relativa integrità di queste valli delle Graie meridionali avrebbe dovuto ispirare ben altre soluzioni. In realtà già sperimentate altrove. Con lusinghieri risultati.
A partire dal trasporto pubblico, rimedio tanto evocato quanto bistrattato. Una vera araba fenice in queste valli, come d’altronde in tante altre valli del Piemonte (e non solo). E le navette, se ne parla, si dice che non bastano a soddisfare le esigenze. Però, si potrebbe anche camminare.

Crinale Lera-Sulè

Camminare, un’eresia?

Un anno fa si festeggiava la delibera “No eliski” del Comune di Balme, che stabiliva principi, che poneva le basi per soluzioni nuove, realmente innovative. E anche se non sono poi seguite al deliberato pratiche coerenti durante l’estate, il successo del Pian della Mussa invernale con le colonne di ciaspolatori dimostra che camminare si può. E fa bene.
Due orette di passeggiata con il Roccia all’orizzonte sono troppe? Una punizione? Una iattura? Perché non vederle invece come un privilegio, una stimolante opportunità?
Camminare. Arrivati al rifugio Vulpot la polenta è più buona.

Perché …

… partendo da un problema reale non cercare soluzioni altre? Allargando lo spazio e andando oltre con il ragionamento? Una strada più ardua certo, meno immediata, meno “localmente” spendibile. Però di più ampio respiro e belle soddisfazioni. Ad esempio: perché non coinvolgere nella fase di studio preliminare le istituzioni scolastiche, i centri di formazione che si occupano a vario titolo di territorio e turismo? Si può andare dal Politecnico di Torino al più locale Istituto Tommaso Doria di Ciriè. È già accaduto: gli allievi del corso Tecnico Economico Turistico di questo istituto furono coinvolti qualche anno fa in un’interessante esperienza formativa sul territorio, finalizzata all’individuazione di un itinerario sul corso pedemontano del torrente Stura di Lanzo.
Sarebbe questo un modo per far parlare del luogo in modo diverso. Un modo per distinguersi, per fare un’efficace comunicazione. Per promuovere le tre Valli uscendo dai frusti stereotipi.

Leggende, leggende

È risaputo che alla loro origine sta spesso un elemento storico concreto, un accadimento reale. E Malciaussia non fa eccezione.
Quando, nel secolo scorso, si costruì la diga la vecchia frazione rimase sommersa dalle acque del neoformato lago artificiale. E si narra che a volte si sentano ancora i rintocchi della campana della sommersa chiesetta. L’evento è interpretato come segno di sventura, tuttavia si potrebbe anche interpretare come stimolo alla sveglia, un’esortazione alla ricerca.
Un invito a maggior coraggio.
Coraggio dunque, si può.

Toni Farina