Montagna vissuta con lentezza e profondità
Sviluppare una mentalità rispettosa dei luoghi e del prossimo è la nuova sfida del nostro secolo. Di Silvia Simoni
Ripensiamo alle origini, quando non c’erano le auto, quando l’esperienza del viaggio si teneva a piedi o a cavallo, quando lo spostamento era un’avventura da programmare nelle tappe e nelle soste. Si viaggiava lentamente, la meta non era la sola attrazione del viaggiatore: il viaggio in sé era un’esperienza di vita, un percorso interiore che chi si metteva in cammino intraprendeva con se stesso, con chi lo accompagnava e con l’ambiente circostante.
Da un viaggio si tornava diversi, cresciuti, colmi di esperienze vissute, belle e brutte. Il viaggio era una scoperta che nella fatica diventava conquista e infine gioia, data dalla consapevolezza che con le proprie forze il piccolo uomo ce l’ha fatta, è arrivato a destinazione.
Nell’era del digitale, le parole d’ordine sono velocità, immediatezza, no-fatica, tutto e subito. In questo contesto dove il viaggio è diventato spostamento, non si gusta più il “durante” e non si pregusta neppure la meta. Il viaggiatore, pigro, pretende di raggiungere la cima di una montagna con il suo mezzo preferito. Questo viaggiatore, divenuto turista, ha un’arma potente: può spendere per soddisfare i suoi desideri e lo vuole fare. La forte contraddizione che si è creata è che il turista fugge dalla città verso la montagna, nella speranza di trovare qualcosa di meglio della realtà quotidiana (altrimenti non si spiegherebbe perché si sposta), un luogo di benessere, e invece, paradossalmente, porta con sé proprio quello di cui si vuole liberare: il rumore, il traffico, la moltitudine, la sporcizia. Perché un essere intelligente porta con sé ciò da cui fugge?
A questo dovrebbe contrapporsi un’amministrazione lungimirante, capace di scelte forti di tutela dell’uomo, dell’ambiente e dei luoghi. La montagna è una realtà fragile capace di appagare le ricerche del viaggiatore-turista, ma deve essere preservata. Anche la Convenzione delle Alpi ha identificato precisi limiti al trasporto turistico privato.
Troppe strade sono state costruite in quota per dare accesso ad ambienti di grande bellezza e pregio paesaggistico; il viaggiatore-turista che ne fruisce dovrebbe avere la consapevolezza del luogo in cui si trova e provare un profondo senso di rispetto. Questo senso di rispetto si acquisisce quando ad un luogo ci si avvicina lentamente, assaporando passo dopo passo l’immergersi in una realtà inusuale. Quelli che arrivano sui Passi Dolomitici su roboanti moto cui è stato appositamente tolto il silenziatore, neppure si accorgono di non essere in pista! Tanti che con i camper soggiornano sulle piazzole attorno al Sella non si pongono il problema che le loro acque nere scaricate a bordo strada uccidono lentamente questi luoghi. Altri ancora, a bordo di lussuose auto sportive, non pensano che la velocità folle con cui viaggiano disturba persone e animali; chi attende in coda lungo i tornanti che l’auto davanti proceda di qualche decina di metri non pensa che forse avrebbe potuto usare un mezzo alternativo, e valorizzare meglio il tempo in questi luoghi magnifici. Chi prende decisioni non pensa che la tutela ha un valore maggiore del voto.
Sviluppare una mentalità rispettosa dei luoghi e del prossimo è la nuova sfida del nostro secolo.
Ci sono esperienze positive che testimoniano che esiste un’alternativa al traffico in quota. Al Col del Nivolet, tra la piemontese valle dell’Orco e la valdostana Valsavaranches, la strada che per anni ha portato a scontri sulla sua chiusura, ha trovato una sua pace nella chiusura al traffico nei giorni festivi dei mesi di luglio e agosto; un altro passo nella giusta direzione è l’iniziativa realizzata nell’estate 2017 dalle province di Trento e Bolzano a passo Sella, i Greendays: nove mercoledì estivi in cui il passo Sella è stato accessibile a piedi, in bici, con mezzi elettrici e frequenti bus navetta. Le Associazioni ambientaliste chiedono di più, in particolare, relativamente ai passi stradali nel patrimonio Dolomiti UNESCO, hanno proposto una strategia, che persegua l’obiettivo di regolamentare e ridurre il traffico per restituire decoro e silenzio alle montagne e offrire concretamente un vantaggio a tutti gli utenti della montagna, delle strade e delle valli; contestualmente invitano la Politica e le Comunità delle valli ladine, custodi di tale patrimonio, a fare una scelta lungimirante e coraggiosa per rinnovare l’attuale modello di turismo, considerando anche altri esempi virtuosi, Balme in Piemonte e Zermatt in Svizzera, che hanno fatto della mobilità rispettosa e controllata un vanto che le rende uniche e ambite.
Silvia Simoni