Motori che aggrediscono le montagne. E le persone
Nel mese di giugno di quest’anno Mountain Wilderness ha partecipato, assieme ad altre associazioni del Friuli Venezia Giulia, CAI, Legambiente, WWF, ad una conferenza stampa organizzata da Legambiente F.V.G. per informare i media sulle autorizzazioni concesse all’evento della “Motocavalcata delle Alpi Carniche” e la diffusione della pratica abusiva degli sport motoristici in montagna.
I rappresentanti di queste associazioni sono rimasti sconcertati, non solo per l’inserimento nell’itinerario proposto dal MO.C.TUS di Ovaro-UD di sentieri e mulattiere patrimonio regionale del Club Alpini Italiano, come il sentiero segnavia CAI 158, ma per essere anche arrivati alla concessione di un patrocinio che sarebbe stato concesso alla “Motocavalcata” dalla Regione e dall’assessorato al Turismo F.V.G. Chi frequenta la montagna in genere lo fa perché cerca qualcosa di diverso. Una natura selvaggia, bei paesaggi, tranquillità e silenzio. Chi lavora sui sentieri o sulle mulattiere di montagna lavora perché l’escursionista si trovi a suo agio e cammini in sicurezza, non certo per offrire un palcoscenico a chi la montagna la aggredisce con rumore e violenza.
Consentire di portare in alta montagna tutto quello che di negativo offre la città (rumore, inquinamento, frenesia, confusione) non ha proprio alcun senso e non porta alcun beneficio al territorio e nel tempo anche all’economia. A nostro avviso, si incrementano quelle pratiche, quasi sempre illegali, che vengono segnalate ormai da più soggetti e diffuse su tutte le stagioni.
In questa conferenza stampa ho avuto modo di conoscere una persona, Roberto, socio CAI di Tolmezzo, che mi ha raccontato la sua disavventura. Roberto è un allevatore con disabilità, per seguire la sua azienda in montagna, che gestisce con la moglie, usa un quad. Con questo mezzo può recarsi in quota per badare agli animali al pascolo nel comprensorio Malghivo Riumal. La brutta storia era incominciata quando un gruppo di motociclisti senza scrupoli lo ha maltrattato e offeso solo per essersi opposto al loro comportamento irrispettoso dei divieti (e della natura), compresa quella umana. Roberto dopo averli fotografati, lì ha visti invertire la marcia, andare contro di lui inveendo e insultandolo: uno di loro, dopo averlo minacciato, lo ha scaraventato a terra rovesciando il quad e poi,
fuggire. L’aggredito, impossibilitato a muoversi, non ha potuto comunicare con altre persone in quanto non c’era copertura dei segnali telefonici, e solo dopo più di mezz’ora è stato raggiunto da alcuni escursionisti che hanno avvisato a moglie e i soccorsi; trasportato in elicottero all’ospedale di Tolmezzo, ha ottenuto una lunga prognosi.
Il tutto non è però bastato, in quanto gli aggressori si sono poi rifatti vivi sui social vantandosi di questo gesto, alimentando una “gazzarra criminale” inneggiando all’aggressione. Probabilmente questi “appassionati” di trial ed enduro temevano di vedere compromesso
la loro insana passione del fuori pista abusivo. Quello che più fa riflettere è la profonda arroganza dell’uomo. Questa storia mi porta rabbia
tristezza: ora il tutto, grazie alle foto e dichiarazioni postate sui social, è stato fornito alla magistratura che sta indagando.
Roberto è stato premiato da Legambiente con Bandiera verde per il suo impegno contro i motociclisti.
Giancarlo Gazzola