Nivolet o Nivolé?

Nivolet o Nivolè? di Toni Farina

Toni Farina

Il primo trionfa alla grande. Basta una ricerca sul web per sincerarsene. Per Wikipedia, ma soprattutto per l’Ente di Gestione del Parco nazionale Gran Paradiso (fonte ufficiale), si dice Nivolet. Taluni esperti in storia e toponomastica affermano però che il termine giusto è il secondo. E così è anche per me: pur non essendo la toponomastica scienza esatta, quel colle a 2600 metri fra Piemonte e Valle d’Aosta è “Nivolé”.
Perché questa verbosa (e noiosa) premessa? Perché non sapevo come altrimenti iniziare l’ennesimo scritto su questo luogo. In ogni caso non vi è dubbio che, si tratti di Nivolet o Nivolé, la ragione del toponimo è da ricercarsi nelle nuvole: che sovente stazionano lassù, rubando a gitanti e camminatori il piacere sublime dei panorami. Ed è questa la ragione per cui è denominato “A piedi fra le nuvole” l’evento in base al quale nelle domeniche di luglio e agosto, nelle 6 ore centrali del giorno, al Nivolé si va a piedi o in navetta.

Cos’è per me, nella duplice veste di camminatore e consigliere dell’Ente Parco nazionale Gran Paradiso, il Nivolé?
1: Un luogo straordinario
2: Uno spinoso problema
3: Una bella opportunità.

Il Nivolè a inizio estate. Foto: Toni Farina

Un luogo straordinario

Sul questo punto c’è unanime convergenza: quel colle fra Valle dell’Orco e Valsavaranche è un vero regalo dell’orografia alpina al genere umano.
In un’area dalla morfologia così ostica, severa, come le Alpi Graie del versante italiano, si apre un “punto debole” a 2600 metri circondato da una successione di altopiani, distese erbose a quote impensabili nelle zone adiacenti (chi conosce il massiccio del Gran Paradiso sa di che parlo). Conche in cui si annidano laghi di grandi dimensioni, nei quali si riflette uno stupendo arco di montagne: a oriente la catena del Gran Paradiso, con la cima omonima in evidenza, a mezzogiorno le Levanne e le cime periferiche della Vanoise. Insomma, suggestioni alpestri a profusione, facilitate da una rete di agevoli sentieri che consente senza grossi problemi di salire cime e di valicare colli a quote superiori a 3000 metri e di effettuare, grazie alla collocazione “strategica”, traversate di ampio respiro tra le valli Orco, Rhêmes, Valsavaranche e Isère.
Nei dintorni del Nivolé è concesso anche ai non avvezzi all’alta quota di provare l’ebbrezza dell’aria sottile.
Infine (last but not least), la presenza del Parco nazionale Gran Paradiso. Lo Parc, primo parco naturale italiano. Un notevole valore aggiunto, ma anche (a suo tempo) un problema …

In cammino, sullo sfondo il Gran Paradiso. Foto: Toni Farina

Uno spinoso problema

Perché, va detto, fu proprio per l’esigenza di far conoscere senza fatica queste meraviglie alle genti del piano che si decise di portare lassù una strada carrozzabile. Una strada accessibile ai mezzi motorizzati, senza limiti che non fossero quelli imposti da Madre Natura (la neve).
Correvano gli anni ’60 del secolo scorso e il futuro viaggiava su quattro ruote azionate da un motore a scoppio. Non c’era futuro possibile senz’auto, anche nel cuore di un parco nazionale. Anzi, fu proprio la presenza del parco e la necessità di farlo visitare (di valorizzarlo, come si suol dire) la ragion prima della scelta, avallata e sostenuta dallo stesso ente gestore.
Lo straordinario altipiano al cospetto delle cime del Gran Paradiso fu così coinvolto nelle sorti magnifiche e progressive del progresso tecnologico.
La strada doveva collegare la Valle dell’Orco e la Valsavaranche, sui versanti piemontese e valdostano del parco ma, grazie alla mancanza di risorse e a un improvviso ravvedimento, le magnifiche sorti non progredirono oltre i salti di roccia che incombono su Pont Valsavaranche. E oggi la montagna si sta via via riprendendo il maltolto. Ma oggi, ancora oggi, i motori a scoppio valicano il colle per calare sul piano. Che continua a ricevere la sua dose di ossido di carbonio.
Dopo anni di polemiche e discussioni il compromesso al ribasso ha imposto uno stop festivo di 6 ore nei mesi di luglio ed agosto. “A piedi fra le nuvole” è il titolo dell’operazione che l’ente di gestione del parco, in collaborazione con altri enti, mette in piedi da un po’ di anni in qua per far digerire alle amministrazioni locali il parzialissimo blocco. Un nutrito programma di eventi per giustificare l’ovvio. Ma la prima domenica di settembre la fila di auto e moto torna a calare sul piano, a riempire gli esigui spazi a lato strada sulla riva del lago.
Con buona pace degli escursionisti d’oltralpe, abituati a ben altro rispetto.

Auto e moto sul piano di Nivolet

Una bella opportunità

Il Nivolé è un simbolo. Per il Parco nazionale Gran Paradiso una pietra d’angolo, uno snodo, un metro di misurazione della capacità di progettare davvero un futuro “sostenibile” del territorio di sua competenza.
Per prima cosa, e non è superfluo affermarlo, occorre liberare il colle e le zone circostanti dai mezzi motorizzati privati. Limitare il divieto a sole sei ore nei giorni festivi non è sostenibile né giustificabile.
La presenza dei mezzi motorizzati nelle zone di pregio ambientale in alta montagna è ormai un problema ovunque, dalle Marittime alle Lepontine, nelle Alpi occidentali come nelle Dolomiti. E ovunque ci si ingegna alla ricerca di soluzioni di compromesso, alla ricerca della quadratura del cerchio. Ma se il compromesso si può (con estrema difficoltà) accettare in un luogo esterno a un parco, non si può accettare in un’area protetta. Perché un parco dev’essere avanguardia, produttore di cultura ambientale. Un ruolo al quale non deve abdicare.
È una questione di principio, e i principi contano.
Nivolé senza motori dunque. Lassù si arriva camminando (non è un’eresia), o con mezzo collettivo. Quel colle deve tornare a essere la meta di un viaggio, dove la strada non si consuma ma è parte dell’esperienza. Un viaggio che deve e può iniziare dalla Città: il Treno del Gran Paradiso. Ecco questa è una bella idea.
Nivolé auto-free dev’essere l’inizio di un percorso che coinvolge per trascinamento l’intera Valle dell’Orco. E che deve avere come obiettivo anche il recupero della bistrattata Ferrovia Canavesana. Ecco questa è un’altra bella idea (l’attuale condizione sì è un’eresia, uno scandalo).

In discesa dalla Punte Basei con il Gran Paradiso sullo sfondo. Foto: Toni Farina


Ecopotential
, Earth Critical Zone

Sono i due progetti di ricerca internazionale che coinvolgono il Parco nazionale Gran Paradiso e in particolare la zona del Nivolé. Ecopotential è un progetto di durata quadriennale (2015-2019) finanziato dall’Unione Europea e coordinato dal CNR (Consiglio nazionale delle Ricerche). Interessa 23 aree protette che coprono tutte le regioni biogeografiche d’Europa.
Il Parco Gran Paradiso è una delle tre aree protette alpine coinvolte (le altre sono il Parco di Kalkalpen in Austria e il Parco Nazionale Svizzero). Gli altopiani del Nivolè sono stati scelti per le loro caratteristiche ambientali che ne fanno un’area test idonea per misurare l’evoluzione degli ecosistemi. I dati ricavati saranno fondamentali per definire le strategie gestionali delle aree protette.
Finalità simili per il progetto Critical Zone (CZ). Un network planetario di osservazioni sugli ecosistemi alla luce di cambiamenti climatici. La Critical Zone è quello strato fra la roccia sottostante e la cima della vegetazione, include il suolo, la vegetazione, le acque superficiali e sotterranee, e tutti i processi fisici, chimici, geologici, biologici che costituiscono il “sistema di supporto” alla vita sulla terraferma. Capire cosa succede alla CZ vuol dire capire cosa succede agli ecosistemi. Al momento, ci sono una decina di osservatori di CZ negli Stati Uniti e altrettanti in Europa. Quello installato al Nivolé è per ora l’unico funzionante in Italia.
A luglio 2018 è programmata una scuola post-dottorale di formazione sui temi della Critical Zone, con docenti e studenti provenienti da tutto il mondo. Un ulteriore riconoscimento del valore ambientale di questo straordinario angolo delle Alpi.

Toni Farina