Lunga intervista di Franco Tessadri sul Corriere del Trentino

Ambiente, richiamo di Tessadri «Basta infrastrutture stradali Unesco, vedremo se rimanere».

Franco Tessadri

Di Marika Giovannini, pubblicata sul Corriere del Trentino di Domenica 23 luglio.

TRENTO La sua riflessione parte dal passato per guardare avanti.
Franco Tessadri, da un mese nuovo presidente nazionale di Mountain Wilderness, ripercorre le battaglie promosse dal movimento fin dagli anni Ottanta (sul Bianco e in Marmolada), per poi soffermarsi sui nodi attuali — la chiusura del Sella, il futuro del Rolle, ma anche i problemi dei parchi naturali e il tema del Deflusso minimo vitale — e indicare gli obiettivi futuri, sul fronte ambientale, di un Trentino sempre più sotto la lente: «Bisogna avere il coraggio di dire basta a nuove infrastrutture stradali. E vigileremo su Serodoli: da più parti ci dicono che la questione verrà riaperta». Con un monito preciso lanciato anche alla Fondazione Dolomiti Unesco dopo il «silenzio» sul raduno dei quad in quota (denunciato anche dalla Sat) : «Valuteremo l’opportunità di continuare a collaborare con la fondazione.
Non vogliamo che tutto si riduca a un marchio».
Presidente Tessadri, dopo anni di militanza, ora approda ai vertici di Mountain Wilderness.
«Vengo dall’associazionismo: dalla Sat, dall’attivismo in prima persona. Militanza che ho proseguito anche in Mountain Wilderness».
Un movimento nato nel 1987 grazie alla spinta di alpinisti famosi.
«Messner, Gogna, Diemberger. E anche il mio predecessore, Pinelli. Nacque come movimento d’elite, di alpinisti di livello. Poi si avvicinarono anche altre persone. Penso a Casanova, che ancora oggi è un punto di riferimento per l’associazione».

Free K2, striscione – foto Archivio MW Italia

Proprio Casanova, per entrare nella questioni di stretta attualità, è stato uno dei promotori della vostra «battaglia» contro il raduno dei quad in quota. Una vicenda che ancora provoca scintille: nei giorni scorsi la Sat ha bacchettato la Fondazione Unesco. Condivide?
«Le richieste avanzate dalla Sat sono anche le nostre. Siamo preoccupati: abbiamo il timore che Dolomiti Unesco rappresenti solo un marchio. Mi chiedo: come fa la fondazione a non schierarsi contro i quad? Francamente, a questo punto dovremo valutare se continuare a collaborare o meno. Speriamo non si arrivi a tanto, perché la nostra intenzione è quella di avere un rapporQuestione chiusura dei passi: si è partto costruttivo. Ma vogliamo capire quali sono gli obiettivi della fondazione».

                                                                                       

Questione chiusura dei passi; si è partiti dal Sella. Chiedete di più? «È evidente. Chiudere solo il Sella è un risultato parziale, anche se è un passo in avanti. La speranza è che questo sia solo un primo step per la chiusura di tutti i passi, cercando di far capire a chi è contrario
che questa strada può rappresentare una grossa opportunità. Un discorso simile lo si può fare anche sul tema del trasporto pubblico: ho firmato il disegno di legge di iniziativa popolare su questo argomento. Ma è importante togliere l’indifferenza e aumentare la partecipazione della gente»

Una partecipazione che si è vista, ad esempio, nella battaglia sul Deflusso minimo vitale.  «In questo caso si sono notati dei segnali di partecipazione. Anche se all’assessore Gilmozzi faccio notare una cosa: il concetto di “minimo vitale” denota già in sé la presenza di
una situazione al limite».                                                                                                                         Nei mesi scorsi ha fatto discutere anche la decisione del Parco Adamello Brenta — meglio: del suo vicepresidente — di dare il via libera a un tracciato di mountain bike in una zona dalla forte presenza di orsi. Lei fa parte del comitato di gestione dell’ente di Strembo. Cosa ne pensa?                                                                                                                                      «Assurdo: se gli uffici sono contrari, metà giunta esecutiva boccia la proposta, la Sat e le associazioni ambientaliste prendono posizione qualcosa vorrà pur dire. Purtroppo alcune decisioni non passano dal comitato. In questo caso, però, non ho più visto la delibera firmata. Mi piacerebbe sapere perché».
La questione del percorso bike ha sollevato di nuovo la richiesta, portata avanti soprattutto dall’Osservatorio spontaneo sul rispetto per l’ambiente, di avere ai vertici
dei parchi naturali delle giunte composte da persone con competenze scientifiche.
È d’accordo?
«Concordo pienamente. Non a caso, avevamo chiesto anche in passato giunte esecutive in grado di rappresentare tutti i portatori di interesse, non solo quelli amministrativi. I parchi vivono dell’apporto e del finanziamento di tutta la provincia, non solo dei territori coinvolti. Ma anche i cittadini devono far sentire la propria voce, altrimenti i parchi — e con essi anche tutto il territorio naturale trentino — rischiano di diventare la giostra dei milanesi e delle squadre di
calcio».
Per concludere: il Trentino, a livello ambientale, com’è messo quindi?
«Dal punto di vista del cambiamento climatico, direi male: le contese sull’acqua ne sono una testimonianza concreta. Per il resto, viviamo grosse contraddizioni. Sono convinto che si debba avere il coraggio di dire basta all’infrastrutturazione stradale. E serve grande
attenzione sul fronte degli impianti: ci giungono voci di nuove spinte per realizzare piste nell’area di Serodoli. Su questo vigileremo e anche il Parco dovrà essere netto. Le
prospettive invernali mi preoccupano molto: come si può pensare di continuare a portare avanti un innevamento artificiale spinto come quello degli ultimi anni? Sono sciatore
anch’io, ma c’è un limite che deve essere posto. Per questo credo che Delladio stia lanciando un messaggio importante per il futuro del Rolle: con tutti i limiti del progetto,
si tratta di un segnale positivo».