Sentieri partigiani nella Selvaggia Val Mesath

Domenica 28 aprile Camminata verso Casera Ditta – Sentiero CAI n.905 (circa un’ora e mezza)
Ripercorrendo i Sentieri Partigiani e condividendo un rancio presso la Casera.

Sulle orme di coloro che hanno resistito sulle montagne, per mantenere viva la Memoria sui protagonisti, i luoghi e i fatti della Lotta di Liberazione. Ottant’anni dopo la costituzione del Battaglione “Ferdiani”, che in queste valli rappresentò il riferimento per molti giovani combattenti contro il nazifascismo.

Per maggiori informazioni e per inviare la propria adesione entro il 25/04, contattare

  • Fabio: tel. 347 471 6923 – anpimaniagomontereale@gmail.com
  • Gloria: tel. 333 94 67 528 – solini@mountainwilderness.it
Casera Ditta

Il programma della giornata e tutti i dettagli saranno condivisi con i partecipanti a seguito dell’adesione.

Aderenti/organizzatori
Mountain Wilderness Italia
Sezione ANPI Mandamentale Maniago Montereale “G.A. Facchin – Pupi”
Sentieri Partigiani
Associazione I cjarvonars
ANPI Comitato provinciale di Belluno
Circolo ARCI “Tina Merlin” Montereale Valcellina APS
Orme ribelli

Il Battaglione “Tino Ferdiani” in Val Mesazzo

Storia del primo nucleo di partigiani bolognesi nella sinistra Piave.

Risalgono a ottant’anni fa le origini del primo nucleo di partigiani bellunesi, che si diedero alla macchia e si insediarono nella Casera “La Spasema” sopra il paese di Lentiai, costituendo così il gruppo “Luigi Boscarin”, dal nome di un antifascista garibaldino volontario delle brigate internazionali durante la Guerra civile spagnola. Nato a Feltre nel 1907, emigrato in Francia a causa delle persecuzioni fasciste, è morto a Madrid il 3 dicembre 1936 per una ferita alla testa.

La formazione era comandata da Rizzieri Raveane “Nicolotto”, feltrino di nascita, anch’egli combattente in Spagna dove venne ferito numerose volte, conobbe poi il confino di Ventotene; tra gli altri partigiani c’erano anche dei russi, degli jugoslavi e quattro donne, tra cui le sorelle Rina e Grazia Tagliapietra.

A questo primo nucleo si aggregarono nei giorni seguenti un gruppo di 10 partigiani bolognesi dei GAP cittadini, che continuarono a mantenere costanti i contatti con il capoluogo emiliano, soprattutto allo scopo di raccogliere valigie di cibo, assai scarso nella valle, nonostante la grande solidarietà espressa dalla popolazione locale. Anche gli armamenti erano scarsi e le casse piangevano Tra le armi recuperate c’erano quelle nascoste dai militari italiani sbandati dopo l’8 settembre, non sufficienti per ingaggiare combattimenti frontali con il nemico e quindi molte furono le azioni di sabotaggio alle linee elettriche e la distruzione delle liste di leva per evitare l’arruolamento dei giovani bellunesi, attirando così l’attenzione dei tedeschi, che organizzarono così il primo rastrellamento, fortunatamente senza subire perdite. Il gruppo si trasferisce nella valle del Mis, sulla destra Piave, crescendo di circa dieci unità, costretta però a continui spostamenti per fuggire al nemico, passando per la foresta della Caiada e scendendo a Faè, vicino a Longarone, attraversando il Piave, fino a stabilirsi a Casera Ditta, in Val Mesazzo. Da questa base, più difendibile e protetta, si intensificarono le azioni di attacco ai presidi dei tedeschi nei vari paesi della valle.

Foto: Giuseppe Rossi, Panorama alta Val Mesazzo. Copyright: Wikipedia

Qui continueranno ad arrivare numerosi ragazzi bolognesi, a causa dei continui rastrellamenti subiti dalle popolazioni emiliane. Il 7 gennaio 1944, durante un’azione muore uno di loro, Tino Ferdiani “Mario” che in verità si chiamava Innocenzo Ferdiani, nato a Castel Bolognese e il distaccamento assunse il suo nome il 13 febbraio, dopo che, con una solenne cerimonia, una delegazione del CLN di Belluno consegnò la bandiera al reparto, sancendo così il pieno appoggio politico e organizzativo per la raccolta di indumenti adatti, cibo e denaro. La primavera si avvicinava e la formazione partigiana si ingrossa, soprattutto con l’arrivo di altri giovani renitenti alla leva dalla Pedemontana Occidentale pordenonese, aumentando le proprie unità a 120 uomini, che si trasferirono subito sul Pian del Cansiglio. Qui furono bersaglio del primo grande rastrellamento tedesco, con la seguente dispersione delle proprie forze in Valcellina per poi riformarsi in tre distaccamenti, che a primavera vennero promossi a Battaglioni, mentre il nucleo di comando si trasformò in Compagnia e quindi si costituì la Brigata, che assunse il nome di “Nino Nannetti”, in onore a un altro garibaldino caduto in Spagna.

Tra le azioni più coraggiose del “Ferdiani” va ricordato l’assalto del carcere “Baldenich” di Belluno il giorno 15 giugno 1944, affidato dal Comando del Battaglione “Pisacane” ed eseguito con 25 uomini, liberando 73 detenuti politici, alcuni dei quali già condannati a morte, destando la preoccupazione dei nazisti e al contempo l’ammirazione dei giovani locali, che sempre di più sceglievano di unirsi alle formazioni partigiane. Già nel mese di luglio gli effettivi raggiunsero i 5.000 uomini e fu quindi costituita la “Nino Nannetti”, il cui comando fu dislocato in Cansiglio.

Per ricordare questa gloriosa pagina della Resistenza è stata posta una targa il 5 maggio del 2007 per iniziativa dell’ANPI Belluno, dei gestori del rifugio e alcuni antifascisti veneti e friulani, con la partecipazione di alcuni dei protagonisti arrivati direttamente da Bologna.

Per raggiungere il rifugio Casera Ditta è necessario raggiungere la Val Mesazzo, una laterale della valle del Vajont e imboccare la strada che attraversa la frana del monte Toc, che si imbuca circa vicino alla Diga e raggiungere la località Pineda. Da cui si può parcheggiare l’auto e iniziare a percorrere la mulattiera CAI 905, che poi si trasforma in sentiero “Africa”, dedicato a quattro richiedenti asilo politico che lo hanno ristrutturato in seguito alla frana del vecchio cammino, praticando così la loro moderna resistenza. Ma questa è un’altra storia.

Fabio Passador