Di chi è la montagna? Di chi la vive, di chi la abita o di tutti?

Pubblichiamo il testo integrale di un’intervista rilasciata dal nostro Fabio Valentini a Radio Cusano.

Adesso ci occupiamo di montagna, parliamo di ambiente e di rispetto della montagna, lo facciamo con un vero esperto, lui è Fabio Valentini di Mountain Wilderness che è un’associazione che si occupa proprio di tutela del patrimonio montano. Fabio bentrovato, buongiorno.

Buongiorno a voi, grazie.

Grazie a te Fabio, come stai, tutto bene?

Sì, tutto bene, grazie mille.

Ottimo. Allora, come sanno i nostri ascoltatori l’altro giorno mi è capitato sott’occhio, visto che io vi seguo, seguo quello che fate anche sui social, la notizia che il TAR della Regione Abruzzo ha accolto proprio il ricorso delle associazioni ambientaliste, tra cui appunto Mountain Wilderness, sospendendo le autorizzazioni per la realizzazione di nuovi impianti da sci nel Comune di Ovindoli, che è un comune proprio al confine tra Lazio e Abruzzo dove vanno a sciare tanti romani e io stessa ci ho passato tante giornate da ragazzina. Ho raccontato quello che è successo, ovverossia di come il TAR abbia riconosciuto in questo caso che il giudizio sull’impatto ambientale stilato da un dipendente del Comune di Ovindoli con una qualifica di geometra non fosse adatto a decidere sulla costruzione o meno di questi impianti. Ho ricostruito bene la situazione?

Sì, diciamo che questo è stato il cavillo sul quale è stata emessa la sentenza, anche se per noi la sentenza ha un altro valore, abbiamo cercato di vedere se le normative erano state rispettate ma in linea di principio noi cerchiamo di contrastare questa continua richiesta di nuovi impianti per motivi più ampi e generali.

Il problema è che la quota neve in realtà è cambiata nel corso degli anni a causa del cambiamento climatico, per tutta una serie di motivi, e che continuare a deturpare l’ambiente montano con nuovi impianti e nuove piste da sci davvero a questo punto non ha più senso, soprattutto perché ce ne sono già tantissime di piste da sci e di impianti, in tante zone del nostro paese questi comprensori vanno avanti grazie agli aiuti e alle sovvenzioni regionali e statali perché non c’è tanto pubblico e così tante richieste da poter mantenersi, e soprattutto ci sono spese sempre maggiori per procedere con l’innevamento artificiale dato che la neve non cade più o comunque non riesce a durare per un periodo di tempo lungo. E’ corretto?

Fabio Disconzi, www.skiforum.it/forum

Sì, è corretto, esistono stime dell’OCSE che prevedono che entro il 2050 solo le stazioni sciistiche localizzate oltre i 1800 metri sul livello del mare potranno lavorare in modo adeguato, queste sono stime assolutamente attendibili. Per quanto riguarda il discorso degli impianti esistenti in Italia vi do qualche cifra, si parla di circa 280 comprensori con oltre 1700 impianti.

1700 impianti, e il numero degli sciatori non è in crescita, decisamente.

No, il numero degli sciatori non è in crescita per diversi motivi, uno è sicuramente un fattore economico perché sciare costa, diciamocelo, costa per gli skipass, per le attrezzature e per tutto quanto.

I maestri e tutto il resto.

Esattamente. Poi un altro aspetto da considerare è che noi stiamo assistendo ad un innalzamento della vita media delle persone, si fanno sempre meno figli e la gente invecchia di più, lo sci da discesa non è esattamente uno sport per anziani, quindi con l’invecchiamento della popolazione diminuisce parallelamente anche la frequentazione di queste strutture.

Magari chi ama la montagna, chi l’ha amata da giovane e sciava da giovane oggi continua ad amare la montagna ma ci va per fare altro, per fare una passeggiata, per fare una ciaspolata, per respirare l’aria di montagna ma certamente non per fare sci da discesa anche perché diventa obiettivamente molto pericoloso. Io ricordo che negli anni in cui Alberto Tomba e Deborah Compagnoni gareggiavano in Coppa del Mondo e vincevano tante medaglie c’era il boom dello sci, dopo di che obiettivamente anche in modo molto banale e molto empirico, attraverso le persone che sono vicino a me, è stato sempre più difficile trovare qualcuno con cui andare a sciare, lo dico da amante dello sci, sono tanti anni che ormai andiamo solo io e il mio compagno, non c’è più quel “facciamo la settimana bianca”, e aggiungo un’altra motivazione: secondo me anche il fatto che ormai i voli aerei -lasciando perdere il covid- abbiano dato un’apertura, una possibilità molto più ampia di viaggiare con voli a basso costo quindi regalarsi dei weekend fuori durante tutto l’anno anche per le famiglie ha un po’ spostato l’attenzione, una volta c’erano le scuole che chiudevano per la settimana bianca soprattutto nel nord Italia, credo che adesso non ci sia neanche più.

Alberto Tomba

Sicuramente la possibilità di spostarsi ha favorito l’accentramento delle persone in certi luoghi e magari l’abbandono di certi altri, questo è anche uno dei motivi per cui -parlando sempre di sci- si è preferito puntare sui grandi comprensori piuttosto che le piste più isolate o più piccole.

Con meno chilometri di discesa.

Esattamente. In realtà sicuramente il fattore covid ha un po’ modificato questa cosa, nei prossimi anni le tendenze degli operatori economici prevedono il cosiddetto “turismo di prossimità”, quindi la ricerca di località più vicine alle proprie residenze. Questo può favorire un tipo diverso di turismo.

E di ritorno alle montagne, lo stiamo già vedendo sia quest’estate che nell’estate del 2020 in cui le montagne italiane hanno fatto registrare il “sold out”, ma non solo sull’arco alpino, per esempio tanto per rimanere in Abruzzo sentivo l’anno scorso il direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise che in un’intervista mi raccontò di come in sole tre settimane di stagione ad agosto gli operatori, gli albergatori, gli esercenti, tutti coloro che lavorano con il turismo avessero recuperato tutto quello che avevano perso con le chiusure primaverili, quindi c’è stato veramente il boom e la riscoperta del nostro territorio.

Ci scrive Giacomo, un nostro ascoltatore, che ci chiede se le aree dove si volevano fare le piste ad Ovindoli fossero aree in qualche modo tutelate. Fabio, erano aree tutelate?

Ad Ovindoli esistono già delle piste, quindi si parlava di ampliamento delle strutture. Le strutture esistenti sono già comprese nel Parco, questo è successo anche in altri ambiti come ad esempio allo Stelvio, si è fatta un’area protetta che conteneva già delle strutture di questo genere. E’ chiaro che nel momento in cui si va ad ampliare una struttura già esistente in un parco occorre seguire tutta una serie di normative; partendo dal principio che noi siamo contrari a questa cosa, non solo perché è un’area parco ma anche per il discorso che facevamo prima dell’inutilità di queste spese -parliamo sempre di soldi pubblici-, resta il fatto che purtroppo da questo punto di vista non si trova quasi mai una forma di dialogo con le amministrazioni e l’unico modo per contrastare questo avanzamento rimangono i tribunali e anche cavilli come in questo caso dove le concessioni non erano state autorizzate in modo adeguato ci servono per far riflettere sul tipo di sviluppo che vogliamo.

Ovindoli

Il punto Fabio è proprio questo, riflettere sul tipo di futuro che vogliamo dare alla montagna. Giusto per rimanere in tema di impianti, se vi capita di andare in montagna d’estate vi rendete conto di come in realtà il paesaggio, anche nei posti più belli, le Dolomiti tanto amate e tanto apprezzate da me compresa, vi rendete conto quanto gli impianti siano veramente brutti e di quanto abbiano rovinato le montagne con queste incredibili piste che diventano una ferita nella montagna tra un bosco e l’altro, è d’estate credo che di più ci possiamo rendere conto -quando non c’è la neve- di che cosa significhi tirar giù una montagna, spianare una montagna per farci una pista da sci; secondo me se le guardiamo d’estate ci rendiamo davvero conto di che cosa vuol dire e magari cominciamo anche a riflettere su cosa si può fare per far sì che le montagne non vengano abbandonate, che noi tutti possiamo continuare a vivere e a gioire delle montagne. Allora, quali sono le proposte alternative per vivere la montagna dodici mesi l’anno e non più soltanto qualche settimana d’inverno, quando e se c’è la neve, o concentrarci tutti nelle settimane tra metà luglio e metà agosto?

Proposte alternative ne esistono diverse, su tutto il territorio nazionale. Diciamo che fondamentalmente esistono due tipi di turismo: il cosiddetto turismo di massa e quello che sta avanzando abbastanza consistentemente negli ultimi anni che è stato chiamato turismo dolce o turismo lento. Queste due forme di turismo in realtà non sono alternative ma possono convivere, ci sono luoghi deputati al turismo di massa e luoghi che sono invece più indirizzati verso queste forme di turismo lento. E’ chiaro che un territorio deve scegliere la sua vocazione, ci sono territori che sono portati a forme di turismo che sono anche più invasive e si sono strutturati in questo senso, altri che invece devono scegliere quale strada percorrere per non uniformarsi agli altri luoghi. Il turismo di massa ha un problema di fondo: deve sempre inventarsi cose nuove per attirare i turisti, altrimenti i turisti si annoiano e non tornano. Invece il turismo lento deve solo valorizzare l’esistente, quindi in realtà deve fare uno sforzo minore ma che deve essere compreso dai frequentatori.

Quello che temo io, che concordo assolutamente con la tua posizione, è che però se lasciamo in mano ad ogni singolo territorio la decisione credo che ogni territorio purtroppo vada verso quello che è il turismo di massa semplicemente per avidità, parliamoci chiaro, perché si ha l’impressione che il turismo di massa significhi magari tre mesi di lavoro ad alto regime mettendo da parte un sacco di soldini. Ho questa sensazione, sbaglio? Sono cattiva io?

Cortina devastata dai lavori per Mondiali e Olimpiadi

E’ una sensazione che in diversi territori è diffusa, in altri territori per fortuna è diversa. C’è un dibattito molto ampio su questo già da anni che si può riassumere con uno slogan: di chi è la montagna? La montagna è di chi la vive, di chi la abita o è di tutti? E’ questo il succo del discorso, perché le persone che ci abitano la vedono in un modo, e le persone che la frequentano invece il fine settimana o per le vacanze estive o invernali la vedono in un modo diverso. Allora ci sono territori che rispondono in un modo e territori che rispondono in un altro, tanto per fare un esempio delle buone pratiche ci sono posti che sono ormai diventati un fenomeno internazionale come la Val Maira in Piemonte dove è il territorio che ha voluto che ci fosse un turismo di un certo tipo, cioè la risposta è venuta proprio dalle persone che ci abitano, ci vivono e ci vivono chiaramente lavorando. Ci sono territori che rispondono in questo modo ed altri che invece perseguono obiettivi che noi riteniamo ormai vecchi e da abbandonare perché assolutamente fuori tempo come appunto questi megaimpianti che non hanno un futuro, sono un retaggio degli anni del boom economico ma ormai i tempi sono decisamente cambiati.

E già, i tempi sono decisamente cambiati, è un dibattito molto interessante Fabio che continuiamo naturalmente a seguire e ad alimentare, ci risentiamo più avanti, vediamo come procede ovviamente la questione di Ovindoli ma non solo, in generale perché i punti interrogativi sono davvero tanti. Grazie intanto per essere stato con noi questa mattina a Fabio Valentini di Mountain Wilderness, se interessa potete andare sul sito mountainwilderness.it o naturalmente seguire le attività dell’associazione sulle pagine social Facebook ed Instagram. Grazie davvero Fabio, buona giornata.

Grazie a voi, buona giornata a voi, grazie.