Funivie con soldi pubblici, la farsa della mobilità alternativa.
Breve storia di impianti a fune realizzati, con fondi pubblici, con il dichiarato obiettivo di potenziare la mobilità alternativa ma rivelatisi una farsa ai danni dei contribuenti. Di Luigi Casanova.
Sono state le province autonome di Trento e Bolzano ad inventare la farsesca fiaba delle funivie quali mezzo alternativo di trasporto pubblico.
Si è iniziato con Val Jumela (Pozza di Fassa) nell’area sciabile del Buffaure. La si sarebbe voluta collegare con la zona del Ciampac (Aba di Canazei) per avere respiro verso il giro del Sella. Per fare questo, si sarebbero dovuti demolire i principi base delle normative a tutela dell’ambiente del Trentino. Una grande mobilitazione di massa, con Mountain Wilderness e la SAT intera in prima fila, non è riuscita purtroppo a fermare questo collegamento. L’area sciabile di Buffaure soffriva da anni un irrecuperabile indebitamento. Per il collegamento, fatto passare come mobilità alternativa e alleggerimento del traffico sulla statale 48 delle Dolomiti, la società sciistica ha ottenuto l’80% del finanziamento a fondo perduto e ha portato il mondo politico (tutto ben unito) a violare le normative in materia di tutela ambientale. A collegamento realizzato nessun problema di viabilità nel fondovalle è stato ovviamente risolto e, anzi, la situazione del traffico continua a peggiorare anno dopo anno. La montagna in quota è stata poi urbanizzata, le baite sono diventate bar – ristoranti.
Siamo a cavallo del passaggio di millennio.
E venne la volta di Folgaria. Si voleva collegare l’area sciabile del paese con i Fiorentini e Lastebasse in Veneto. Anche in questo caso con la scusa della mobilità alternativa la Provincia intervenne pesantemente, tra il 2005 e il 2010. Si regalarono alle società fortemente indebitate e alla locale Cassa Rurale avviata al fallimento 50 milioni di euro. Il collegamento, nonostante una tenace opposizione di tutto il mondo dell’ambientalismo, venne comunque realizzato. Il territorio oggi risulta sconvolto e irrecuperabile, sia dal punto di vista naturalistico che storico. Sulle strade locali invece le macchine dominano ancora, la società sciistica ha ripreso ad alimentare il debito e il turismo invernale di Folgaria, anche per via delle quote basse delle piste (1200 – 1700 metri), è quasi al collasso.
Poi è stata la volta di Pinzolo. Siamo nell’arco di tempo fra il 2003 e il 2010. Anche in questo caso il collegamento Pinzolo – Campiglio veniva proposto come mobilità alternativa. E anche in questo caso la società sciistica di Pinzolo vantava un indebitamento con le banche altrove insostenibile e addirittura si era prossimi al fallimento. Il progettato collegamento attraversava un parco provinciale, una zona di riserva integrale come la val Brenta, un’idea che è stata imposta come una sorta di sfida al mondo ambientalista, sempre fortemente unito nella sua azione. L’allora, il solito presidente della provincia Lorenzo Dellai fece approvare il progetto con una scandalosa riunione di giunta tenutasi proprio nella sede del Parco Adamello – Brenta. Il collegamento è stato realizzato, piste comprese, e i debiti di allora sono stati appianati con l’80% di finanziamento pubblico, le alte quote sono state subito antropizzate con nuovi chalet e ristori. Nessun problema di traffico da Pinzolo verso Campiglio è stato risolto.
La situazione della mobilità privata anno dopo anno è sempre più pesante.
Altro caso analogo lo si ritrova all’ordine del giorno fra il 2010 e il 2016 con la proposta di un collegamento tra Campiglio e Folgarida – Marilleva (val di Sole). In questo caso le società sono in attivo (esclusi gli anni COVID 2020 – 2021) ma hanno sperperato, sostenute dalle locali Casse Rurali, decine di milioni di euro in speculazioni attorno l’aeroporto di Venezia. L’ambientalismo e la SAT riportano una provvisoria vittoria. Importante, ma proprio in questi giorni le due società rilanciano: vogliamo unire le due aree sciabili, affermano, sempre adducendo bisogni di mobilità alternativa. Si pensa di attraversare la zona naturalistica di alto pregio dei Serodoli. Seguiremo gli sviluppi in tempi brevi.
Purtroppo, sono in corso altri progetti analoghi in aree altrettanto delicate.
Nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio in val Martello verso Solda.
Oppure il collegamento del Comelico, sostenuto da 26 milioni di euro dei fondi di confine, ove si dovrebbe collegare l’area sciabile di Sesto Pusteria al Comelico per poi lanciarsi in Austria. Anche in questo caso con soldi pubblici si sostengono interessi privati e si motiva tale sperpero (siamo in assenza di un qualsiasi business plan) con la mobilità alternativa.
Ora, anche grazie alla promozione turistica dei territori seguita ai mondiali di sci alpino di Cortina 2021 e alle prossime Olimpiadi invernali Milano – Cortina 2026, si è inventato il Dolomiti No Cars: si propongono ben quattro collegamenti che offendono qualunque intelligenza e sensibilità, sempre paventati come mobilità alternativa.
Tre riguardano le Dolomiti:
- Cortina – passo Falzarego – val Badia;
- Cortina – Arabba – attraverso l’area di Col di Lana, zona di enormi sacrifici umani durante la Grande Guerra per poi proiettarsi verso la vetta della Marmolada;
- Cortina – Alleghe – Monte Civetta per poi invadere l’area del monte Pelmo verso la valle del Biois.
Uno invece interessa la Lombardia: la zona di Livigno, il collegamento da passo dello Stelvio verso Valdidentro per arrivare a Livigno, un vecchio sogno che ha trovato nuovo respiro.
Come non citare, tra le fantasiose ipotesi di collegamento pubblico tra vallate alpine, l’Accordo Territoriale “Avvicinare le Montagne per la riqualificazione e razionalizzazione del sistema delle Valli Divedro e Antigorio”. Il progetto originario, al momento congelato perché violerebbe la legge, mira a collegare San Domenico con l’Alpe Devero con nuovi impianti. Secondo i proponenti il collegamento “migliorerebbe gli afflussi grazie a un accesso multipolare”.
In realtà, considerata la conformazione delle vallate su cui insiste il Piano Territoriale, i nuovi impianti non avrebbero il minimo effetto sul traffico privato ma, in compenso, avrebbero un impatto enorme su un’area di grande pregio paesaggistico e naturalistico.
Tutti scandali che devono essere denunciati in modo unitario e a livello internazionale. Non solo per la violazione di paesaggi d’incanto, ma anche per lo sperpero di denaro pubblico a favore di interessi privati e per finalmente demolire le motivazioni ridicole che si rifanno alla mobilità alternativa. Infatti in tutti gli esempi che abbiamo scorso cosa si nasconde dietro il sostegno ad una presunta mobilità alternativa della rete impiantistica?
Lo abbiamo già visto e rivisto negli anni.
Nei casi del Trentino si sarebbero dovuti abbattere indebitamenti delle società impiantistiche e dare l’avvio all’apertura di nuove e più vaste aree sciabili (Jumela, Folgaria, Pinzolo). Obiettivi raggiunti: con la dichiarazione di interesse generale dei progetti e la scusa della mobilità alternativa, si sono aggirate le normative europee in materia di libera concorrenza che avrebbero impedito una simile pesante regalia di denaro pubblico. Inoltre, si sono giustificate tutte le violazioni e le deroghe alle normative di tutela ambientale, perfino in zona a parco e in aree di Rete Natura 2000. In nessuno dei casi citati è stato risolto, nemmeno parzialmente, il tema della mobilità del fondovalle.
Anzi, ovunque il traffico e i problemi di inquinamento delle valli è continuato ad accrescersi.
In questi mesi dovremo affrontare un’azione di profilo internazionale di opposizione dei progetti che riguardano l’area dolomitica e quella del parco nazionale dello Stelvio verso Solda e verso Livigno. Dovremo avere la forza di smascherare l’ipocrisia della mobilità alternativa della rete impiantistica. I fatti dimostrano come gli intendimenti dei promotori e della politica sono insostenibili ed è stata diffusa un’azione di disinformazione di profilo nazionale, ma anche una truffa nei confronti dell’Unione Europea stessa.
C’è una sola area nelle Alpi dove la rete impiantistica potrebbe risolvere problemi di traffico. E’ quella relativa ai quattro passi, Pordoi, Sella, Gardena e Campolongo. Guarda caso, in questo caso le tre province interessate non sono intervenute: hanno lasciato via libera ai motori e ai transiti nonostante la situazione drammatica nelle alte quote a causa di rumore e inquinamento.
Per vincere contro i progetti proposti dall’appuntamento olimpico è necessario costruire una grande alleanza di schieramento di opposizione fra ambientalisti, alpinisti ed escursionisti, uniti agli abitanti delle zone urbane che devono dare sostegno e contribuire con l’iniziativa politica.
L’ipocrisia della mobilità alternativa va smascherata ora.
Luigi Casanova