Giù le mani dalla Marmolada
Le dichiarazioni dei nuovi proprietari della società “Funivia Fedaia Marmolada”, apparse nei giorni scorsi sui giornali, dopo che un’imponente valanga, staccatasi da Punta Rocca lo scorso lunedì 14 dicembre, ha distrutto il rifugio Pian Fiacconi, lasciano perplessi circa la visione del futuro sviluppo turistico della Marmolada.
In un momento di per sé già difficile, sia per il gestore del rifugio Pian dei Fiacconi, che per la situazione legata alla pandemia Covid, si sono palesemente e rapidamente messe già le mani avanti per difendere la ricostruzione del primo tratto di quello che potrebbe diventare un nuovo grande impianto, che da Passo Fedaia porterebbe a Punta Rocca. Una nuova infrastruttura sciistica a servizio di un tipo di turismo tutt’altro che rispettoso dell’ambiente, convinto che tutti debbano essere portati ai piedi dell’ultimo ghiacciaio delle Dolomiti.
Per guardare con ottimismo al futuro, la ripresa delle attività, che tutti ci auguriamo, merita ben altre esegesi; l’Associazione Mountain Wilderness da molti anni sta portando avanti alcune proposte alternative per un rilancio della Marmolada.
Recentemente si sono aggiunte anche altre realtà associative ad integrare questi nostri intenti, compresa la collaborazione del gestore del Rifugio Pian Fiacconi. In questo momento non è ancora possibile valutare bene quale potrà essere il futuro per la ricostruzione della struttura.
La nostra visione è quella di un rifugio alpino classico, posto in un ambiente ripristinato nella sua integrità originale, abbinato alla pulizia del territorio, all’eliminazione tutti i residui dei vecchi impianti, dei plinti in cemento, che offra a Passo Fedaja e alla Marmolada la dignità che meritano, anche attraverso un riordino paesaggistico dei parcheggi, spostandoli in una zona più decentrata, visivamente meno impattante di quella attuale.
Questo progetto offre una prospettiva in sintonia con il riconoscimento UNESCO, in stile alpinistico, non improntato alla superficialità di un turismo “mordi e fuggi”, che peraltro attualmente già scarica a 3250 m di quota turisti, con ai piedi “espadrillas”, per mezzo dell’altro grande impianto che sale da Malga Ciapela.
La valanga dei giorni scorsi ha mostrato quanto sia pericoloso il versante Nord (Sass Bianchet e Lydia) e che la sicurezza di un nuovo impianto potrebbe richiede la costruzione di paravalanghe a protezione dei nove piloni fissati nelle rocce e nel ghiaccio, con conseguenze impattanti sul paesaggio.
Ci auguriamo che le Amministrazioni politiche locali nelle loro valutazioni in materia considerino oltre all’impatto ambientale anche, i notevoli oneri finanziari (denaro pubblico) necessari per la costruzione. Su questo punto sarà pertanto fondamentale la lungimiranza che dovrà mettere in campo la Provincia Autonoma di Trento.
In questo momento drammatico Mountain Wilderness lancia questo appello a tutti gli alpinisti ed in particolare alla Comunità Fassana e Trentina.