Il ruolo delle aree protette, loro prospettiva

L’idea di parco nasce da una profonda esigenza insita nell’animo umano e si fonda su un progetto di sviluppo in stretta armonia con la natura, con il grande obiettivo di aprire alle popolazioni nuove prospettive di vita; un’utopia realistica, perché vi è utopia nell’idea di parco. Di Carlo Alberto Graziani

Carlo Alberto Graziani

La responsabilità maggiore per il mancato successo di questo modello è forse non essere stati capaci di comunicarlo efficacemente, di spiegare il vero significato di parco, di convincere e perfino di illudere. Così per un verso nel tempo è emersa una lettura in chiave quasi mercantile, che riduce i parchi e le aree protette a luoghi destinati prevalentemente al turismo enogastronomico e alla promozione del made in Italy, suscitando solo emozioni superficiali senza essere in grado di affrontare scientificamente i problemi, rendendoli luoghi tutti uniformemente patinati; per altro verso una visione distorta ha assimilato i parchi agli enti locali o addirittura a grandi pro loco. Queste interpretazioni riduttive tradiscono lo spirito della legge 394/91 e, avallate da una parte dello schieramento politico e purtroppo anche da una parte dell’associazionismo ambientale, hanno portato alla modifica di alcuni aspetti fondamentali di quella stessa legge, tra cui l’assurda eliminazione della componente scientifica nei consigli direttivi dei Parchi nazionali.

Parco Naturale Veglia Devero minacciato dall’Accordo Territoriale Avvicinare le Montagne

Al di là delle intenzioni, delle dichiarazioni e dei buoni propositi, i parchi sono rimasti prevalentemente chiusi in se stessi, non sono riusciti ad aprirsi ad un vero confronto con le popolazioni e comunque non sono “esplosi” fuori dei propri confini, non sono stati cioè in grado di contaminare il territorio esterno. Poco personale, pochi finanziamenti, troppe incombenze burocratiche, ma in parte anche una scelta per evitare le difficoltà del confronto con gli altri, un compito che nei parchi nazionali è diventato ancora più arduo a causa del venir meno della componente scientifica che dava sostanza ed autorevolezza agli enti gestori; una scelta che rientra in una logica di gestione fortemente localistica, rendendo del tutto marginali l’apertura e il confronto. Questa chiusura contrasta anche con l’obiettivo strutturale di un’area naturale protetta: la biodiversità e in genere la natura non si salvano restando chiusi all’interno di aree, cioè di confini.

Parco Nazionale della Valgrande, VB. Foto: Luigi Ranzani

La Carta di Fontecchio, ideata da Mountain Wilderness e sottoscritta da ben otto delle principali associazioni di protezione ambientale a seguito del convegno tenutosi nel giugno 2014, non solo sottolinea la necessità e l’urgenza di dare una svolta alla politica per le aree protette, ma contiene una vera e propria strategia che nasce dalla consapevolezza che la natura è bene comune e non può essere divisa da confini artificiali quali sono quelli amministrativi (“nessun parco è un’isola”). Le aree protette, e in particolare i parchi che tra le aree naturali sono le più complesse, da un lato sono eccezionali serbatoi di biodiversità, ricchi di paesaggi e di bellezza; dall’altro costituiscono laboratori dove si sperimenta una gestione territoriale in armonia con l’ambiente, che pone al centro il rapporto tra la persona e la natura e pertanto diventa modello di uno sviluppo effettivamente sostenibile, valido tendenzialmente per tutto il territorio. La natura, proprio perché non conosce barriere fisiche, è in grado di abbattere le barriere esistenziali, sociali, geopolitiche che dividono l’umanità; le aree protette possono dimostrare concretamente come sia possibile salvaguardare con la natura sia i diritti delle persone, a partire dalla inclusione dei più deboli, sia i diritti dei popoli e perciò la pace tra le nazioni e la collaborazione tra gli stati.

E’ questa l’alta missione che le aree protette sono oggi chiamate a svolgere, è questa la loro importanza strategica: modelli e bussole – come indica la Carta – per l’intero cammino della società.

Carlo Alberto Graziani