La montagna ecosostenibile: com’è andato il raduno a Sella Nevea e tanto altro

Domenica 23 maggio 2021, nei pressi della dismessa pista Slalom, un nutrito gruppo di persone ha partecipato all’incontro culturale organizzato da Mountain Wilderness e il gruppo “Indemoniâs di mont”. Nonostante il meteo decisamente sfavorevole che ha solo in parte condizionato l’evento, le tematiche trattate e gli interventi proposti hanno attirato parecchie persone amanti della montagna e interessate alle tematiche di sviluppo della stessa.

La montagna ecosostenibile”, questo il tema dell’incontro che ha visto alternarsi al microfono i relatori chiamati a discutere e dibattere degli interventi previsti per il prossimo futuro nelle montagne del Friuli Venezia Giulia.

L’intervento di Daniele Puntel (Indemoniâs di mont) ha ricordato la nascita dell’evento, frutto di numerose idee e proposte discusse assieme ai partecipanti del gruppo FB e trattate nelle numerose serate “virtuali” degli scorsi inverno e primavera. Ha posto l’attenzione sui macro-investimenti previsti dall’attuale giunta regionale che mirano in maniera massiccia all’ampliamento del demanio sciabile, concentrando spesso ingenti somme unicamente in alcune località della montagna, spesso per interventi che non tengono conto delle condizioni climatiche sempre più sfavorevoli alla pratica dello sci alpino alle basse quote. Auspica una serie di interventi economici più piccoli ma mirati verso le comunità di montagna evitando appalti faraonici, spesso vinti dalle grosse imprese altoatesine, favorendo associazioni – pro loco – e comuni garantendo lo sviluppo di una microeconomia fatta di recupero dei sentieri, degli edifici storici e quanto possa ridare vita ad un turismo slow capillarmente diffuso.

Marco Lepre, in rappresentanza di Legambiente FVG, ha analizzato la nascita e lo sviluppo della località di Sella Nevea comparandone le peculiarità alla vicina Val Trenta in Slovenia che gode, allo stato attuale, di un turismo stratificato e destagionalizzato che non si limita allo sci da discesa come avviene a Sella. Il parco del Triglav, che comprende all’interno 25 centri abitati, risulta in grado di garantire alle popolazioni la permanenza nei propri paesi di origine, vivendo di un turismo meno invasivo e capillarmente diffuso (B&B, campeggi dal basso impatto ambientale). Viene citato, come pessimo esempio nostrano in antitesi alle vicine realtà di oltreconfine il campeggio di Collina di Forni Avoltri, al di sotto del M. Coglians.

Gli esempi virtuosi sono a pochi km, basterebbe prendere spunto in tal senso.

In merito al progetto riguardante la ex pista slalom (ampliamento ed estensione della stessa con annessa costruzione di seggiovia quadriposto) ricorda che nel 1986 la regione FVG con la direzione delle foreste realizzò la mostra “Foreste, uomo ed ambiente nel FVG” (patrocinio del presidente della repubblica e 5 ministeri) da cui fu tratto un interessante dossier. All’interno di quest’ultimo l’esperienza della pista Slalom, in uso per pochi anni, viene citato come pessimo esempio di sviluppo turistico nonché di lungimiranza politica vista la successiva chiusura. Un bilancio del tutto negativo quindi per quest’opera che, oggi, vuole essere nuovamente finanziata dalla regione ampliandone addirittura il sedime. A 35 anni di distanza, con il cambiamento climatico in atto che tutti conosciamo, le considerazioni fatte dalla forestale regionale sono più che mai attuali e pare davvero impropria, dannosa e controproducente la proposta di riapertura di questo tracciato. I tempi burocratici permetteranno ancora per poche settimane di presentare eventuali osservazioni perché ne sia tenuto conto all’interno della pratica di valutazione ambientale dell’opera che interesserà dei siti di interesse comunitario (SIC). Plaude infine all’iniziativa odierna incoraggiandone di altre perché l’interesse generale verso questi temi è sempre più alto.

Omar Gubeila, referente regionale di Mountain Wilderness, da assiduo frequentatore della montagna per lavoro e passione, cita l’esempio di Sella Chianzutan come cartina di tornasole di un cambiamento climatico in atto che non giustifica gli investimenti previsti inerenti alle piste a bassa quota. In tal senso i previsti lavori per la riapertura e l’ampliamento della pista – seggiovia “Nuova Montasio” lasciano quantomeno basiti perché paiano non tenere conto della storia recente di quell’area che rappresenta, in maniera ancora visibile, il fallimento degli investimenti del passato. Su questo progetto si interroga su quale sia il pensiero generale dei futuri frequentatori, dai residenti ai turisti friulani. Nutre dubbi su parte degli investimenti previsti dall’attuale giunta nonché da quelle del passato, indirizzate all’estensione del demanio sciabile. Ponendosi in maniera obiettiva lascia spazio a Marco Virgilio, interpellato in veste di climatologo a dipanare il dubbio: il cambiamento climatico inciderà o meno sulle piste/investimenti ad una certa quota? Oltre a Sella Nevea preoccupa l’idea di realizzare una nuova pista che dalla cima del Lussari scende verso la Val Saisera (quota 900!), cita il comprensorio di Pradibosco come pessimo esempio di lungimiranza turistica. Un investimento faraonico che, tolto il comunque pesante impatto ambientale, a 4 anni dalla realizzazione non è mai entrato in funzione con uno spreco enorme di denaro pubblico. Chi ha voluto questo intervento? Di chi sono le responsabilità di un’opera che risulta inutile?

Propone una revisione delle politiche turistiche verso il turismo di qualità, idea maturata dopo numerose esperienze lavorative in montagna e dal confronto con turisti di ogni genere, anche stranieri, che cercano la nostra montagna perché ambientalmente unica in Europa. Che sia il caso di valorizzare questa unicità anziché uniformarsi ai territori contermini?

Marco Virgilio, meteorologo, afferma con chiarezza che non ci possono essere etichettature tra gente di montagna, gente di città o di pianura dato che il Friuli ha un territorio poco esteso che permette a chiunque di raggiungere le montagne in breve; è dunque lecito tenere in considerazione le opinioni di tutti, qualunque ne sia la residenza. Per la sua esperienza di divulgatore di luoghi poco noti della montagna friulana (collaborazioni sui media locali e nazionali) concorda con quanto detto in precedenza. Oltre a Pradibosco cita gli impianti di Prato Carnico, Matajur e altri come sintomo di un grosso cambiamento in atto. Riporta un ricordo di un’escursione invernale a Cregnedul, dove una grossa valanga era scesa fino alla malga interessando parte dell’area del previsto intervento; lo stesso quindi risulta discutibile anche dal punto di vista della sicurezza. Clima: nonostante l’inverno passato, ricco di neve, afferma con certezza che i dati scientifici in nostro possesso confermano l’innegabile innalzamento della temperatura media nonostante la possibilità di sporadiche fasi più nevose. Il 2020 è stato l’anno più caldo in assoluto a livello globale. E’ probabile che la situazione degli ultimi tempi (neve e pioggia) sia inerente il cambiamento climatico che sta portando a pattern più estesi con periodi di stabilità più lunghi. Dagli anni ‘60 la quota delle nevicate si è alzato di circa 400m. È quindi del tutto fuori luogo pensare ad investimenti su impianti di sci che si abbassano al di sotto dei 1500m. Non ha senso, quindi, la realizzazione di impianti come quello del Montasio o in Val Saisera. Cita la pista verso il rifugio Grego chiedendosi la necessità realizzativa della stessa visto che una strada già c’era a servizio del rifugio. Purtroppo spesso, tali interventi, sono la testa di ariete verso la cementificazione e l’apertura di questi tracciati al turismo motorizzato di massa. Anche l’apertura del tracciato verso il Marinelli potrebbe degenerare verso un intenso turismo motorizzato che va assolutamente scongiurato per il bene di quei luoghi. Ben vengano le idee propositive, anche se da parte di amanti della montagna che risiedono in pianura. L’incontro attuale, infatti, vede la presenza di numerose persone della bassa friulana. Non c’è sviluppo della gente di montagna senza quella di pianura. Rimarca che all’estero (Francia, Slovenia, etc) l’attenzione verso il paesaggio e le particolarità naturalistiche è molta più diffusa che in Italia. Conferma che gli interventi invasivi hanno senso di essere accentrati verso montagne che si prestano in tal senso (Zoncolan su tutti), evitando scelte inutili come la cabina verso Pramollo o la seggiovia del Montasio. Gli stranieri cercano la nostra natura, in maniera slow, vedasi la ciclovia Alpe Adria. Una zona come il Canin, devastato dagli impianti, non è sicuramente un buon esempio in tal senso. Cita le genti delle Dolomiti, dopo che ne è stata riconosciuta la peculiarità, che si sono ritrovate un flusso turistico di qualità, interessato alle peculiarità geologiche che nemmeno gli stessi abitanti conoscevano; questo per affermare che serve apertura mentale nelle popolazioni di montagna, fatto questo che può portare ad interessanti valorizzazioni di questi territori. Valorizzazioni di qualità.

Interviene il sig. De Prato di Ravascletto, un malgaro della Carnia citando gli interventi turistici del passato, ad esempio la pista di rientro dello Zoncolan, come pessimo modello di rispetto delle popolazioni locali. Lo stesso Sergio De Infanti nel 2006 citava Ravascletto come paese in pieno declino. Avverte i giovani volenterosi e legati all’ambiente mettendoli in guardia dai possibili rischi che queste ideologie non condivise con chi

“comanda” comporteranno. Cita l’esempio della L.R. del 1991 per il divieto di transito ai mezzi motorizzati, inizialmente prevista per le maestranze e i disabili, che ora vengono usati per scopi meno nobili come la realizzazione della strada del rifugio Marinelli dal versante di Plotta. Gli agricoltori non sono più padroni a casa loro.

Gubeila conferma che il nuovo piano Montagna 365 non ha tenuto in alcuna maniera conto dei rifugi della montagna friulana. All’atto della stesura di questo piano i gestori dei rifugi, strutture uniche che promuovono in maniera sostanziale il turismo estivo dei nostri monti, non sono stati né contattati né consultati per eventuali proposte e progetti. Un fatto grave questo visto che i rifugisti rappresentano un punto di riferimento nel turismo su cui la regione, parzialmente, punta. Parlando del Montasio, sarebbe ben più auspicabile l’interessamento regionale verso la realizzazione di infrastrutture che permettano alle malghe, agriturismi e rifugi dell’altopiano, di aprire durante la stagione invernale, implementando le reti impiantistiche, le coibentazioni, gli approvvigionamenti energetici. Si creerebbe così un turismo invernale di qualità (scialpinismo, ciaspole, etc) senza investimenti milionari in impianti.

Il geologo Maurizio Ponton fa notare che il gruppo del Canin ha caratteristiche uniche in tutta Europa sia per l’ambiente ipogeo che per i terreni che si sviluppano all’aperto. Vedere questo ambiente unico solamente come location dove importare il modello di sviluppo dello sci alpino, riducendolo a fotocopia di altre località, non può essere la giusta via. Lo Zoncolan si può prestare a questo in tal senso, come ad esempio le dolci dorsali che si sviluppano in Austria. Le caratteristiche geologiche del Canin hanno reso necessario distruggere un territorio di campi solcati con lavori tremendamente invasivi. Pensare all’ulteriore sviluppo di questo comprensorio (pista Montasio e pista Poviz) è pura follia. Purtroppo i residenti non si rendono conto di questa bellezza che rischia di essere compromessa per sempre e pensano unicamente allo sci come sviluppo e lavoro. Il vicino comprensorio del Dobratsch, a Villacco, ha fatto vedere che migliaia di persone apprezzano una montagna invernale priva di impianti e la frequentano garantendo, probabilmente, un benessere maggiore ai residenti. Come mai questi esempi virtuosi, a 20 km di distanza, non sono presi in esame? Come circolo Legambiente sta per essere redatto un documento di proposte alternative, come punto di partenza per futuri investimenti meno invasivi. Purtroppo anche il parco naturale delle Prealpi Giulie è stato bloccato a Sella BilaPec per la realizzazione degli impianti di Nevea.

Interviene un abitante di Sella Nevea, maestro di sci, che riporta un ricordo del padre, ivi residente dal 1969, e di Ignazio Piussi in merito alla Funifor di Sella Prevala. Piussi chiese a che titolo, non vivendo lì, le persone si permettessero di criticare certe scelte. Si chiede che tipo di altro sviluppo ci possa essere se non quello dello sci. Confronta lo sviluppo della pianura con Sella, e riporta anche il fatto che gli abitanti della montagna non si siano mai permessi di criticare le scelte fatte nell’interland Udinese. Afferma che gli interventi previsti possono garantire la permanenza in montagna di quelle popolazioni che stanno scappando dai monti, la Raccolana si sta spopolando. Non si può solo bloccare gli interventi, bisogna proporre delle alternative.

Francesco Fonta chiede quale sia il bilancio degli investimenti fatti a Sella, visto che pare del tutto fallimentare con il senno di poi. Fa notare che la realizzazione degli impianti, da parte di Leitner o Doppelmayr, sarebbe un ulteriore arricchimento di territori concorrenti. Propone la chiusura degli accessi stradali agli alpeggi con acquisto di bus navetta, la valorizzazione dell’altopiano, la realizzazione di una SPA, lo sviluppo del turismo ciclistico. Mirare gli investimenti su di un altro tipo di turismo che dà frutti ben consistenti (esempio Malga Nemes, Val Casies, etc). Gli imprenditori della montagna devono incontrarsi con la cittadinanza per portare a qualcosa di buono. Fondi per i rifugi!

Gubeila fa notare che proprio da questo tipo di incontri possono nascere alternative valide e propositive. Cita come necessario lo sblocco dei corsi di Accompagnatori di Media Montagna in Friuli (persone che accompagnano i turisti anche nel periodo invernale), il finanziamento delle strutture esistenti in quota per migliorarle e permetterne l’apertura durante tutto l’anno. La pandemia ha permesso a tanti di frequentare la montagna, esempi come il wild trek della Saisera (investimenti pari a zero e impatto ambientale basso)

porterebbero lo stesso afflusso di turisti. Le alternative allo sci da discesa ci sono: trekking, ciaspole, fondo.. Ad esempio fare il percorso del Camet e pubblicizzarlo. Sempre il sentiero dell’avvento a Valbruna ha portato numeri incredibili di persone con un investimento irrisorio. Questi modelli devono essere presi ad esempio per ripartire con un’offerta turistica meno invasiva per il territorio ed economicamente sostenibile per le finanze pubbliche.

Maurizio Ponton auspica la creazione di un geoparco friulano per la tutela di Canin – Foran dal Mus . Montasio e territori contermini. Inoltre si propone una pagina FB comune per accomunare tutti i partecipanti sensibili a queste tematiche, seppur appartenenti a diverse associazioni.

Anche una guida alpina locale riafferma che il Montasio può vivere di turismo di qualità, non certo con l’apertura dell’ennesimo impianto a bassa quota ed esposto a meridione. Durante una giornata invernale ha conteggiato gli sci alpinisti sui Piani del Monatasio e, sceso a valle, il numero di questi ultimi era lo stesso degli sciatori in pista. Questa cosa deve fare pensare i nostri dirigenti, l’alternativa allo sci alpino esiste, basta metterlo in pratica.

L’incontro è durato circa 2 ore, con una cinquantina di partecipanti nonostante il meteo avverso. Auspichiamo una partecipazione ancora maggiore ai prossimi incontri che, senza dubbio, verranno organizzati.