Montagne libere da ferraglia!
L’ennesima via ferrata sulle Dolomiti di Sesto impone una riflessione e una presa d’atto che serve una legge restrittiva che impedisca le furbate autonomistiche di Regioni e Comuni.
E’ di pochi giorni fa la notizia che la scuola di alpinismo Sesto Tre Cime ha concluso i lavori d’apertura di una nuova via ferrata che sale sul Campanile Colesei e la Cima Otto. Mountain Wilderness, con altre associazioni ambientaliste, aveva già espresso pesanti perplessità in merito all’opportunità di realizzare l’ennesima ferrata.
Le perplessità sono di carattere ambientale e culturale e in estrema sintesi si può senza dubbio affermare che la ferrata del Colesei favorisca il propagarsi di una sommatoria di “situazioni invasive che nel tempo vanno e andranno a mettere a rischio innanzi a tutto la biodiversità presente e il paesaggio (nuova viabilità, nuovi punti ristoro o potenziamento degli esistenti), la storia stessa dell’alpinismo”.
Da anni ripetiamo che l’infrastrutturazione della montagna con cavi, scale, ponti tibetani, spit, ecc. addomestica l’esperienza, invade spazi liberi fisici e mentali, crea antropizzazione in quota, pone problemi di manutenzione e di responsabilità.
Ora auspichiamo un’ alleanza di tutte quelle sensibilità che chiedono una montagna a misura di montagna affinchè si stimoli il Parlamento a legiferare in modo severissimo sul tema, impedendo le furbate autonomistiche di Regioni e Comuni.
Al di là dell’impatto ambientale, troppo spesso sottostimato, rimane il danno culturale che le ferrate fanno ai frequentatori della montagna su cui, a parole, si dice di voler investire in consapevolezza e autoprotezione.
“Percorrendo una via ferrata si sperimenta il brivido della verticalità eliminando però quasi totalmente la libertà di decidere il proprio itinerario, appiglio dopo appiglio, la capacità di imparare dai propri errori, l’ingegnosità di individuare vie d’uscita dalle difficoltà e dai pericoli, i rischi che ad essa si associano e ad essa donano un senso profondo. Le vie ferrate favoriscono atteggiamenti passivi (tanto ci sono cavi e scalette a guidarci passo dopo passo); non sono formative; non ci liberano dai condizionamenti urbani di cui siamo succubi e non contribuiscono a rivelarci aspetti creativi della nostra psiche che giacevano sul fondo, senza possibilità di emergere e di esprimersi. Restano soltanto un gioco epidermico.” cit. Carlo Alberto Pinelli