Cosa ha a che fare la costruzione di una base militare in Toscana con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza?

Barbara Nappini (Slow Food) prende spunto dall’ipotesi di insediamento di una cittadella militare a Coltano, all’interno del Parco di San Rossore, per una riflessione sull’utilizzo dei Fondi del PNRR e sul modello produttivo attuale. Copyright: Repubblica Green&Blu

Parco di Migliarino San Rossore

Abbiamo seguito con incredulità e sconcerto la vicenda legata all’ipotesi di insediamento di una cittadella militare a Coltano, all’interno del Parco di San Rossore, un’area di pregio a livello mondiale, riconosciuta dall’Unesco nel 2016. Ora pare che la scelta scellerata del parco sia rientrata, ma anche se la cittadella troverà casa in altri territori (pare si stia valutando la Maremma) rimane la domanda di fondo: perché con i fondi del Pnrr si finanzia una base militare?

Questa vicenda ci spinge ad aprire una riflessione sul senso stesso delle parole. Una riflessione che vogliamo condividere in occasione della Giornata mondiale della Terra.

Ripresa, resilienza, transizione, ecologia, rigenerazione… dovrebbero essere le parole chiave della ripresa, ma sempre più spesso le sentiamo pronunciare fuori contesto, svuotate del loro significato. Eppure abbiamo un gran bisogno di ripresa e resilienza: come mai prima d’ora. E di transizione ecologica, di mitigazione della crisi climatica, di indipendenza dai combustibili fossili e, in generale, di una profonda rigenerazione del pensiero.

Il panico generato da due anni di emergenza pandemica e dalla recente e spaventosa crisi bellica, anziché accelerare un percorso che ci permetta di affrontare le questioni alla radice, è diventato l’alibi per soluzioni semplicistiche, che nella migliore delle ipotesi potranno avere qualche beneficio a cortissimo raggio. Insomma, si cura qualche sintomo, senza indagare e affrontare l’origine della patologia. E si rischia di rafforzare proprio le dinamiche che l’hanno provocata.

Così, a sostegno della produzione alimentare, si propone lo sblocco dei vincoli sull’uso dei pesticidi, anche se la loro produzione, altamente energivora, necessita delle materie prime d’importazione ora carenti. Lo stesso vale per i fertilizzanti, le cui forniture provengono per il 25% dalla Russia. Si prospetta di fare marcia indietro sulle aree di tutela della biodiversità previste negli ecoschemi della Pac, di rivedere al ribasso la strategia europea Farm to Fork. Proprio ora che è più che mai urgente e improrogabile una strategia a difesa della biodiversità.

La semplificazione della narrazione è in atto su ogni fronte. Non a caso, nel silenzio generale stanno scomparendo dai media le parole “disarmo”, “negoziati”, “pace”, sopraffatte dalla retorica bellica.

Il modello produttivo attuale non è riuscito a garantire sicurezza alimentare e accesso a un cibo sano e di qualità, e allo stesso tempo è all’origine di gran parte dei nostri problemi ambientali, economici e sociali. Le sue contraddizioni sono ancora più evidenti in una situazione critica come quella attuale, quando l’efficienza di un sistema equo dovrebbe sostenere chi oggi – dai campi alle botteghe e alle osterie – chiude le aziende, perde il lavoro, non riesce più ad accedere al mercato; chi oggi, anche a causa dell’aumento dei prezzi, non riesce ad accedere a una dieta sana ed equilibrata.

I fondi del Pnrr sarebbero essenziali per impostare un modello nuovo, per consentirci di fare passi avanti verso una gestione più oculata delle risorse essenziali alla nostra vita (la terra, la biodiversità, l’acqua), per provare a mitigare la crisi climatica. E puntare sul vero patrimonio del nostro paese: la diversità e la ricchezza di culture, paesaggi, saperi, ecosistemi.

Nella giornata della Terra, esortiamo tutti a una rigenerazione del pensiero “radicale”: che parta dalle radici, dal suolo. È nel suolo che sono nascoste le radici e che germogliano i semi. E da lì parte la qualità del raccolto che dobbiamo garantire alle generazioni future di questa Terra Madre.

Barbara Nappini (Slow Food)