Pensieri per le Cime Bianche

C’è poco da fare. Una cosa è ascoltare la descrizione di luoghi particolarmente affascinanti e condividere con la ragione le preoccupazioni di chi li vede minacciati; e tutt’altra cosa è osservarli con i propri occhi e viverli dal di dentro, con il proprio fiato, i propri battiti del cuore, i muscoli delle proprie gambe.
Da anni credevo di sapere tutto sul vallone che in val d’Ayas conduce alle elevazioni calcaree chiamate Cime Bianche, pur non essendoci mai stato. Ed ero pronto a combattere contro gli insensati progetti di manomissione che sono stati proposti per farne la via d’accesso sciistica al Plateau Rosa.

Vallone delle Cime Bianche


Ma solo questa estate ho compreso fino in fondo l’enormità del disastro che incombe su quei luoghi fino ad ora totalmente incontaminati. Mi ha guidato in questo viaggio “iniziatico” Rosaria Frachey, una donna del posto che potrebbe essere considerata il “genius loci” del Vallone. Rosaria fin dall’infanzia ha frequentato quei boschi di abeti, quegli improvvisi prati verdissimi che si aprono tra le pieghe delle rocce, quei ruscelli che a tratti si trasformano in vorticose cascate, quei promontori panoramici che ospitano le rovine dei vetusti insediamenti del Walser, quei labirinti di maestosi macigni, testimonianza di antiche frane, quelle estese paludi di quota che durante la stagione propizia si coprono di fiori. Se tutto questo dovesse essere stritolato dalla spietata logica mercantilistica dello sci, Rosaria probabilmente ne morirebbe. Suo padre era una guida alpina molto nota.

Durante le persecuzioni razziali portò in salvo in Svizzera tanti ebrei in fuga, proprio percorrendo il sentiero che raggiunge il valico delle Cime Bianche. In fondo non sarebbe una cattiva idea consacrare l’intero Vallone come monumento intoccabile, a perenne ricordo dell’abominio che condusse alla Shoah. Un frammento naturale intatto, da aggiungere all’elenco dei “Giusti tra le nazioni”. Oggi risalire le balze su cui troneggiano le due Cime Bianche equivale a compiere un cammino a ritroso nel tempo per affacciarsi sullo spirito della Valle d’Aosta, così come si offriva all’esperienza dei primi suoi frequentatori.
A rafforzare la sensazione è il grande albergo ormai disabitato da cui parte il sentiero, sopra alle case di Fiery. Una targa quasi illeggibile ci ricorda che qui soggiornò anche il poeta Guido Gozzano. “ Tra macchie verdi e gialle – di innumeri ginestre – la bella strada alpestre – scendeva nella valle.” Ovviamente, data la quota, le ginestre sono un’ invenzione poetica. Ma se voi lettori salirete fin lassù verrete accolti da molti altri fiori… o dallo sferragliare dei nuovi impianti di risalita, se non ci aiuterete a scongiurare quell’incombente sacrilegio.

Carlo Alberto Pinelli