L’origine di Dolomiti Monumento del Mondo
Di Carlo Alberto Pinelli, Presidente onorario di Mountain Wilderness International
Il 6 agosto 1993 a Cortina, Mountain Wilderness e Legambiente insieme a SOS Dolomites lanciarono ufficialmente e con clamore la proposta di inserire l’intero territorio delle Dolomiti nell’elenco dei grandi monumenti naturali e culturali del mondo, redatto dall’UNESCO (World Heritage). La manifestazione del ‘93 durò tre giorni. Venne aperta dalla comparsa, nel cielo della conca ampezzana, di una mongolfiera che recava i loghi di Mountain Wilderness e di Legambiente. Dalla mongolfiera scesero in corda doppia, come messaggeri, i due famosi alpinisti Heinz Mariacher e Luisa Jovane. Furono loro a leggere il proclama che dava il via alla manifestazione. Esso iniziava così: “Se è vero che sulla superficie del nostro pianeta si innalzano moltissimi gruppi montuosi, tutti ricchi di particolari pregi naturalistici, di fascino e di selvaggia bellezza, è anche vero che nessuno di questi assomiglia alle Dolomiti italiane. Vasto e articolato arcipelago di antichissimi atolli corallini, sollevato verso il cielo dalla deriva dei continenti, il paesaggio dolomitico cattura immediatamente la fantasia dei visitatori e suscita emozioni difficilmente dimenticabili. Nella loro complessa realtà geologica, ambientale e culturale le Dolomiti rappresentano un gioiello unico al mondo… Proporre le Dolomiti come grande monumento mondiale significa riconoscere che queste montagne sono e devono restare un patrimonio inalienabile dell’intera umanità. Vuol dire affidarne il destino alla vigile attenzione di tutti i cittadini del mondo.”
La scelta di Cortina non fu casuale: nel gennaio 1992 una scandalosa legge dello Stato aveva incluso le Tofane tra i “beni patrimoniali suscettibili di gestione economica”, rendendo in pratica possibile la loro cessione a privati contro una modesta somma di denaro. Ai tavolini, allestiti lungo le vie principali di Cortina, oltre a sottoscrivere la petizione per il futuro monumento del mondo ( dodicimila le firme raccolte), si potevano fare offerte per acquistare collettivamente le Tofane, ove realmente esse fossero state poste in vendita. Vi furono convegni, dibattiti ed escursioni guidate. Queste ultime per sottolineare l’opportunità di smantellare l’ultimo tratto della funivia “freccia nel cielo” e per rimuovere l’inutile bivacco fisso “Della Chiesa”. Fu aperta una mostra di vignette umoristiche sulle Dolomiti, realizzate appositamente per l’occasione dalle migliori matite italiane; il manifesto della manifestazione fu disegnato da Milo Manara. Lo stesso Reinhold Messner giunse a chiudere le tre giornate. Aderirono all’iniziativa il Club Alpino Accademico Italiano con un apposito comunicato di sostegno e la Società Geografica Italiana. Invece fu debole e incerto il sostegno della presidenza centrale del CAI, allora malata di “cerchiobottismo”. L’Appello venne firmato in quella occasione, tra gli altri, da Mario Rigoni Stern, Margherita Hack, Norberto Bobbio, Antonio Giolitti, Pietro Scoppola, Ardito Desio, Rita Levi Montalcini, Fosco Maraini.
Malgrado l’ incredulità generale, il lungo cammino era iniziato.
L’elemento qualificante e rivoluzionario della proposta originale di Mountain Wilderness stava nell’aver incluso entro i confini del “Monumento” l’intero territorio dolomitico, dal Sarca al Tagliamento, compresi i fondo valle e gli abitati. E ciò allo scopo di unire in un unico discorso coerente la natura e la cultura, il mondo senza tempo delle alte vette e il mondo in divenire degli uomini, con il peso della sua storia, delle sue tradizioni, delle sue conquiste e anche dei suoi errori. Soprattutto per evitare che questi ultimi venissero ripetuti. Si sa come andarono a finire le cose: dopo anni di battaglie il successo ci fu, ma non fu completo. Così si espresse a questo riguardo Fabio Valentini, allora presidente di Mountain Wilderness Italia: “Si sono poste sotto la custodia dell’UNESCO quelle stesse aree parco già protette, le zone più in quota, le punte dell’iceberg, riducendo la proposta a un marchio di qualità, una DOC internazionale commercialmente sfruttabile. In pratica un richiamo per le allodole. Come se anziché preservare i cervi dalla caccia si proteggessero solo i loro maestosi palchi, lasciando il resto dell’animale al libero utilizzo per la pasta al sugo ed altre prelibatezze. Diciamolo chiaramente: anche dopo il riconoscimento dell’UNESCO le Dolomiti continuano ad essere considerate in primo luogo un patrimonio economico, e come tali si cerca di gestirle. Tutelando solo francobolli di territorio non riusciremo a dare un senso organico all’immenso patrimonio dolomitico, faremo collezione di figurine ma non completeremo mai l’album: insomma, falliremo. E a rimetterci saranno sempre loro, i monti pallidi.” Facile profezia, purtroppo.