Vie ferrate, notizie dalla Sardegna

Ancora colpevoli silenzi sul percorso turistico-alpinistico “via ferrata Giorrè” (Cargeghe, SS).

Comunicato stampa

Sull’altopiano di Giorrè, in Comune di Cargeghe (SS), sorge la bella parete rocciosa di Giorrè: un fronte di roccia calcarea lungo due chilometri e alto circa cento metri. Si tratta della parete più lunga e maestosa in un raggio di oltre trenta chilometri dalla città di Sassari, ben visibile dall’arteria stradale più importante dell’Isola, SS131.
La località è conosciuta per il bel bosco di roverella incastonato in una splendida valle, incisa da un torrente, ma anche per le particolari forme delle sue rocce, erose dal tempo, e per i numerosi blocchi che affiorano, quasi come funghi, nei suoi pendii basali. Tra i suoi numerosi anfratti trovano rifugio diverse specie di uccelli che vi nidificano (in particolare il Falco Pellegrino, il Gheppio, il Barbagianni) anche grazie al fatto che nel medesimo luogo possono alimentare facilmente i piccoli per l’abbondanza di cibo come i roditori, le colonie di Taccole e di Piccioni selvatici.
Le sue rocce assumono forme particolari dovute all’erosione del calcare. La parete fa infatti parte di un’area carsica che ospita ben otto grotte censite nel catasto speleologico dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente, in cui sono presenti insetti rari, endemici, unici dell’Isola.
E’ tuttavia anche una zona studiata sin dal 1991 per l’instabilità geologica dei suoi versanti. Infatti anche l’attuale Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) della Sardegna, inserisce il Comune di Cargeghe tra quelli che presentano aree del proprio territorio con pericolosità molto elevata di frana e rischio molto elevato che queste possano avvenire.
La parete è addirittura cartografata per il 50% come area Hg4 e Rf4 (il massimo di pericolosità) e per il restante 50% pur non cartografata è assimilabile. E’ insomma un’area potenzialmente soggetta a crolli e ribaltamenti, in cui, da definizione, “sono presenti frane attive continue o stagionali; con presenza di un areale di una frana attiva; con evidenze geomorfologiche di movimenti incipienti”.
Nel febbraio del 2013 sono cominciate ad apparire nella parete numerose installazioni fisse (tasselli ad espansione e ancoraggi in metallo di vario genere, ecc.) arrugginite e centinaia di metri di corde abbandonate ed incustodite sulla parete di roccia e nessun cartello di cantiere che indicasse una concessione edilizia o la presenza di lavori legali in corso. A quel punto la nostra Associazione, ritenendola una potenziale fonte di pericolo per persone e curiosi ed un danno per l’ambiente ed il paesaggio, ha inviato una segnalazione al Comune ed al Corpo Regionale Forestale di Vigilanza Ambientale. Nella raccomandata viene messo in luce ad entrambi che l’area è cartografata dalla Regione Autonoma della Sardegna “Area a pericolosità molto elevata da frana” (il massimo livello di pericolosità) dal Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e viene chiesta spiegazione del materiale arrugginito, e la tutela del luogo e degli itinerari preesistenti.
La risposta del Comune di due mesi dopo ci comunica che in effetti c’è del materiale in parete, ma che è un iniziativa comunale, che stanno creando una via ferrata che ha avuto tutte le autorizzazioni e che i materiali arrugginiti erano solo una fase di cantiere e che erano stati tutti rimossi. Ecco quindi che nel mese di maggio l’amministrazione inaugura il nuovo itinerario turistico-alpinistico comunicando che il progetto e la realizzazione del percorso sono stati effettuati dall’Associazione Segnavia, di cui è responsabile il Sig. Corrado Conca e che l’amministrazione “ha investito tre annualità della Legge Regionale n. 37/98 per la valorizzazione delle risorse del territorio sotto il punto di vista archeologico, naturalistico e paesaggistico”. Aggiungendo inoltre che il percorso è stato creato nella parete installando ancoraggi permanenti e fissi con “morsetteria, gradini corti e lunghi, fittoni verticali e traversi, cavi e ancoraggi di vario genere, tutti posati con resina”.
Avvisano anche che è stata installata la cartellonistica informativa con le prescrizioni tecniche e di pericolo: “ricordiamoci che si tratta pur sempre di una via ferrata che per essere percorsa, necessita di esperienza o di essere affiancati da una guida”!
Poiché l’area è considerata ad elevato rischio di frana e ci è sembrata sin dall’inizio di rilevanza ambientale ci è parso strano che l’unica pericolosità del ripeterla fosse farlo senza la necessaria esperienza o la presenza di una guida e che fossero state seguite tutte le normative ambientali o di sicurezza sul lavoro, mancando il pannello informativo della concessione edilizia. Ed inoltre, quale tipo di guida potrebbe accompagnare legalmente su un percorso turistico-alpinistico come quello? Vista anche l’assenza della figura della guida alpina (le uniche abilitate all’accompagnamento ed uso delle tecniche alpinistiche) in Sardegna.
Così Mountain Wilderness Italia commissiona i lavori di monitoraggio qualitativo sulla presenza dell’avifauna nidificante nelle pareti ed una relazione geologico-ambientale sulla struttura rocciosa. Dalle relazioni emerge che:

il tracciato del percorso interseca nidi e siti di specie dell’avifauna protette da normativa nazionale ed internazionale ed inserite nelle Liste Rosse, nella Direttiva Comunitaria 79/409/CEE e aggiornamento 2009/147/CE (Direttiva Uccelli) ed indicate da BirdLife International con status di conservazione europeo sfavorevole
il percorso è stato progettato e realizzato in un’Area Carsica pertanto soggetto alla tutela da parte della L.R. n° 4 (7-8-2007)
il percorso è stato progettato e realizzato in un’area indicata dal Piano di Assetto Idrogeologico Regionale (PAI) con il massimo livello di pericolosità (pericolosità molto elevata da frana Hg4), con rischio di frana molto elevato, e storicamente studiata sin dal 1991 per l’instabilità dei versanti
lungo il percorso progettato è presente un blocco a rischio molto elevato di frana il cui volume è stimato in 1200 m3.

Tra l’altro le Normative Tecniche del PAI indicano chiaramente che per quel tipo di categoria
possono essere realizzati solo piccoli interventi, per lo più mobili e consolidativi dei potenziali pericoli, e che quelli autorizzati devono avere preliminarmente uno studio di compatibilità geologica e geotecnica firmati da un ingegnere esperto in geotecnica e da un geologo.
Nelle medesime norme si specifica come sono consentiti esclusivamente gli interventi elencati e che quelli non elencati sono inammissibili. La via ferrata presuppone un intervento con installazioni fisse che permangono in parete ed è un intervento che non risulta elencato.
Poiché a distanza di cinque mesi molti ancoraggi posizionati sono già arrugginiti alla base o mobili, in base alla documentazione raccolta la nostra associazione ipotizza che ci sia un rischio di pubblica incolumità e che i lavori siano stati realizzati senza le prescritte autorizzazioni oppure non a regola d’arte. Pertanto effettua il 17 novembre 2014 una denuncia alla Procura della Repubblica del Tribunale di Sassari, al Comando Carabinieri Tutela per l’Ambiente ed inoltre per conoscenza anche alla Dott.ssa Zinzula Direzione generale della Difesa dell’Ambiente, Assessorato Difesa dell’Ambiente (Regione Autonoma della Sardegna) e Ing. Tanas, Servizio Governo e Territorio della Tutela Paesaggistica della Provincia di Sassari.
Nella denuncia si chiede di accertare la regolarità dell’intero iter autorizzatorio sia sotto il profilo formale che sostanziale e l’iter atto a garantire la sicurezza del percorso e dei fruitori, ad esempio:

se sia legittimo che siano stati fatti lavori e realizzato un percorso ad ampia fruibilità con installazioni fisse permanenti su un’area definita Hg4 dal Piano di Assetto Idrogeologico della Sardegna, e passante sopra un blocco a rischio di crollo
se il/i progettista/i possiede/ono il titolo abilitativo per progettare un itinerario con acciaio e ancoranti come quello in oggetto, su un’area di questa categoria del P.A.I., pianificandone il percorso. Ed inoltre se sono stati utilizzati ancoranti testati e omologati dalle ditte produttrici per roccia o in ogni caso se la scelta dei materiali è avvenuta in base al calcolo dei carichi e tutto quello che concerne affinché sia stata eseguita a regola d’arte
se gli esecutori e il direttore dei lavori (lavoratore e preposto, guida alpina ecc.) avessero la necessaria abilitazione alla professione, insieme ai relativi aggiornamenti, per eseguire i lavori del progetto, considerata la difficoltà di accesso di una parete ricca di strapiombi, lunga circa 2 km e alta circa 100 m. Se era inoltre per loro necessario avere seguito corsi non solo di accesso ma anche di posatura di ancoraggi o presso un ingegnere strutturale o le ditte produttrici del materiale
se, data l’ascensione su roccia, l’accompagnamento e/o l’insegnamento delle tecniche alpinistiche necessarie per una ripetizione viene effettuato da persone provviste di qualifica abilitante (ad esempio L.R. della Sardegna n. 20 del 18-12-2006 e successivi aggiornamenti, L. n.6 del 2-1-89) o guide con o senza titolo di Associazioni sportive, vista anche la sentenza n. 9048/04 del 8-10-04, sez.IV Tribunale di Milano.

Di voler verificare inoltre se il progetto, visto l’interesse paesaggistico dell’area, il fatto che presenta specie dell’avifauna nidificanti inserite in liste di tutela e che è “Area Carsica” con Grotte inserite nel Catasto Regionale, avesse la concessione edilizia e necessità di specifiche autorizzazioni, come ad esempio dall’Ufficio di Tutela del Paesaggio, e se queste siano state effettivamente rilasciate.

A tutt’oggi l’unico ente che ha risposto è stato l’Assessorato alla Difesa all’Ambiente, che ha riconosciuto che è un’area protetta dalla LR 4/2007 e dalla LR 23/98 e ha chiesto (prot. 4219) al Comune ed informato il Corpo di Vigilanza Ambientale, che vengano emessi prescrizioni e divieti per usufruire della ferrata (che a tutt’oggi nessuno ha emesso né vigilato che venissero emessi) in quanto luogo di nidificazione di specie dell’avifauna protette e di specie da queste predate. In pratica, in base alle specie, si tratterebbe del periodo compreso tra gennaio ed agosto.
Lo stesso Assessorato ha riconosciuto che il territorio comunale è inserito nell’IFFI (Indice dei Fenomeni di Franosità della Sardegna) come un’area soggetta a crolli e ribaltamenti e che l’area dove è stato progettato l’itinerario turistico-alpinistico è un’area indicata come a rischio molto elevato da frana e ha demandato le opportune verifiche al Servizio di tutela paesaggistica delle Province Sassari e Olbia-Tempio. Il responsabile, Dott. Antonio Carboni, ha chiesto il 10 aprile 2015 al Comune di Cargeghe di trasmettere notizie in merito a quanto asserito e confermato dall’Assessorato della Difesa all’Ambiente il 28 Febbraio 2015.
Il tempo passa e nel frattempo il 9 settembre esce un articolo sul quotidiano La Nuova Sardegna, in cui si comunica la presenza di un masso pericolante presente lungo il percorso che pare mettere in pericolo anche alcune case sottostanti.
Certo il Comune emette immediatamente un’ordinanza di chiusura in via prudenziale dell’itinerario ma… nel sito web del percorso, creato appositamente dal Comune, niente appare dell’ordinanza, così chiunque accede al percorso attraverso il sito (la via più facile) non solo va a ripeterla liberamente ma vi può anche prenotare una guida per farsi accompagnare!
Alla data odierna, dopo quasi un anno, nessuna notizia arriva dalla Procura della Repubblica, dai carabinieri e dagli altri enti interessati. Forse a loro bisogna ricordare che il 2013 è stato conosciuto come un anno di grandi frane attorno a Sassari e Cargeghe come quella del Monte Tudurighe (Valle dei Ciclamini), Muros (SS) e quella presso Florinas, che ha bloccato per mesi la SS131.

Non è la prima volta che vengono effettuati percorsi simili senza rispetto per gli animali e le normative sull’ambiente ma in alcuni casi si è provveduto allo smantellamento come nel caso della ferrata Pertini in Alto Adige. Inoltre in seguito all’esecuzione dei lavori sono sempre possibili azioni per il risarcimento di danni a titolo di responsabilità extracontrattuale (art. 2043 Cod. Civ.) nei confronti di chi ha posizionato gli ancoraggi se gli stessi non sono stati infissi a regola d’arte.

La nostra Associazione non è contraria alla fruizione dell’ambiente ma è giusto che non venga considerato solo una palestra o un parco giochi e che le attività si svolgano in armonia con chi lo abita: gli animali, le rocce e le piante. E’ favorevole ad una valorizzazione del territorio rispettosa dell’ambiente ma anche delle normative ambientali e della sicurezza per permettere ai cittadini di usufruirne senza pericolo.

info@mountainwilderness.it