In ricordo di Cesare Maestri
Non vi è dubbio che Mountain Wilderness abbia criticato certi metodi che Maestri ha imposto all’alpinismo: l’abuso del chiodo a pressione e dell’arrampicata artificiale. Ma non vi è dubbio che Maestri sia stato fra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso uno degli alpinisti più bravi in assoluto, per tecnica, forza, coraggio. E un caratteraccio. Ma è stato anche un grande uomo, ricco di passione civile, di cuore, un generoso nella vita sociale. E’ sufficiente leggere il suo capolavoro, il libro che racconta la sua drammatica esperienza con la malattia vent’anni fa per comprendere il valore della persona e di quanti gli sono sempre stati vicini. Grazie ad uno storico trentino, Mario Cossali, presidente provinciale dell’ANPI, pubblichiamo un breve ricordo sulla figura di Cesare Maestri partigiano. Luigi Casanova
Il ricordo di Mario Cossali, Presidente dell’Anpi Trentino
Cesare, Fabio, Damiano Maestri, conosciuto solo come Cesare Maestri nasce a Trento il 2 ottobre del 1929 da Maria Rosa Botti, sposa di Tony Maestri, secondo di cinque figli di Giacomo, barbiere di Mezzolombardo. Tony aveva conosciuto Maria Rosa Botti nel primo dopoguerra a Torino nell’ambiente del teatro, da sempre sua principale vocazione e passione. Con lei aveva allestito una compagnia teatrale viaggiante.
Tony oltre che teatrante era stato anche deciso irredentista, tanto da arruolarsi nei granatieri di Sardegna per combattere contro l’impero austroungarico e da trovare a guerra finita impiego a Trento negli uffici della Legione Trentina (i trentini volontari nell’esercito italiano nel conflitto mondiale). La passione per il teatro coinvolge genitori e figli, Anna e Giancarlo diventeranno famosi a livello nazionale nell’ambiente artistico, Anna come attrice, Giancarlo soprattutto come doppiatore. Anche Cesare è immerso in questa atmosfera, ma il suo destino sarà diverso.
Dopo la prematura e dolorosa morte (1937) della madre molto amata, Cesare fa la vita dei ragazzi del popolo ai Casoni, fino a quando nel settembre del 1943 il Trentino viene occupato dai nazisti e diventa provincia del Reich (Alpenvorland). Il padre viene perseguitato per una condanna a morte per attività antiaustriaca durante la prima guerra mondiale. Tutto questo può apparire strano, ma rientra nella politica del Gauleiter Hofer di presentare l’Alpenvorland come una sorta di continuazione del dominio austriaco precedente.
Padre e figlio per un po’ di tempo si rifugiano a Ferrara, ma poi con Anna e Giancarlo fanno ritorno a Trento stabilendosi nella zona tra Ravina e Aldeno. Siamo nel 1945. In città opera un gruppo di azione partigiana, GAP, al comando di Riccardo Fedrizzi, la famiglia Maestri è amica dei partigiani. Il padre si mette in contatto con il
gruppo partigiano di Aldeno e tiene i contatti con i partigiani di Cadine e Sopramonte e con il Gap di Trento.
Cesare ha solo 15 anni e svolge l’attività di staffetta, qualcosa in più fa la sorella che all’epoca ha 21 anni. Sono convinto che c’è una stretta connessione tra la passione teatrale e artistica della famiglia e la passione per la libertà che li animò tutti, anche dopo il fascismo, per una società più giusta, anche se il palcoscenico di Cesare diventò la montagna con le sue rocce e la sua recita l’arrampicata coraggiosa per superare ogni limite. Non è certo un caso dunque che Cesare Maestri, anche una volta diventato molto famoso, abbia sempre rivendicato l’importanza che la militanza partigiana aveva assunto per tutta la sua vita.
Mario Cossali, Presidente dell’Anpi del Trentino
Ringrazio molti per le informazioni e in particolare Sandro Schmid e Vittorio Fedrizzi, figlio del mitico comandante del Gap di Trento, Riccardo Fedrizzi.