Fiumi di denaro

Dal 2008 i Governi distribuiscono incentivi per distruggere quel 5% di corsi d’acqua italiani che erano rimasti ancora in condizioni di naturalità elevata. Di Lucia Ruffato

Quanto più si prevedono profitti elevati per i privati, tanto maggiori sono le pressioni sul sistema politico/amministrativo perché deroghi, modifichi o ignori le eventuali regole e normative quando sono viste come intralcio, e non tutti i sistemi di governo del territorio riescono a resistere.
Nel caso dei piccoli impianti idroelettrici sotto 3 MW di potenza, ed in particolare in quelli sotto 1 MW, gli elevati profitti generati dallo sfruttamento dell’energia idroelettrica, che non sono dovuti alle condizioni di mercato, ma agli incentivi erogati dal governo e pagati dai cittadini in bolletta, hanno creato una fortissima spinta speculativa.
Incentivati come energie rinnovabili vengono approvati progetti senza alcuna valutazione per la loro effettiva sostenibilità.
Dal 2008 i Governi che si sono succeduti distribuiscono incentivi per distruggere quel 5% di corsi d’acqua italiani che erano rimasti ancora in condizioni di naturalità elevata. Parte importante dell’associazionismo ambientalista sostiene questa scellerata consuetudine nel nome della diffusione delle energie rinnovabili, i dati che seguono dimostrano che la diffusione delle mini centrali non ha nulla di sostenibile.
Questi elevati incentivi non sono in grado di innescare un mercato autosostenuto (le risorse idriche sono “chiuse” e non moltiplicabili) e la produzione ottenibile non è significativa o strategica per il paese.
Se è innegabile che per l’Italia l’idroelettrico rappresenti una importante fonte di energia (copriamo con l’idroelettrico circa il 20% della produzione elettrica che corrisponde al 4% dei nostri consumi totali di energia), va ricordato però che l’85% di questa produzione idroelettrica viene prodotta da 303 grandi invasi “storici”, mentre il mini idroelettrico rappresenta complessivamente non più dell’1,6 per mille del consumo nazionale e solo il 4% della produzione idroelettrica.

All’ingente profitto “garantito” per l’investitore corrispondono importanti e diffusi danni ambientali generati dagli interventi di presa e “intubamento” dei corsi d’acqua, che privano ecosistemi fragilissimi dell’acqua necessaria, oltre a generare un danno diffuso a carico di moltissimi operatori del settore turistico, dovuti al depauperamento del paesaggio e dell’ambiente naturale collegato (servizi ecosistemici).
Gli incentivi, che raggiungono l’incredibile cifra di 21 centesimi al kWh prodotto, hanno creato una vera e propria “corsa all’oro blu” che ha raddoppiato il numero degli impianti mini idro (passando da 1270 impianti nel 2009 a 2536 nel 2015) e all’erogazione di oltre 1 miliardo di euro/anno di contributi incentivanti per 20 anni. (1)
In Italia sono attualmente in istruttoria progetti per altri 2000 impianti, altri 3000 km di corsi d’acqua finiranno intubati per produzioni, come si è dimostrato, non strategiche.
Non c’è normativa ambientale che resista a questa pressione economica. Nessun organo decisore ha valutato, anche economicamente, i danni che una simile politica comporta ai territori.
L’insostenibilità di questa situazione è stata recentemente confermata anche da Legambiente nel dossier Idroelettrico: impianti e nuove sfide al tempo dei cambiamenti climatici, che, oltre a riprendere ed ampliare quanto già rilevato nel 2014 da centinaia di associazioni e comitati nell’Appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico, riporta le schede di numerosissimi torrenti in ogni parte dell’arco alpino.
Mountain Wilderness è da anni a fianco dei comitati locali di cittadini che si battono per difendere i propri corsi d’acqua, anche affiancandoli in iniziative legali e li sostiene nella richiesta di eliminare gli incentivi al piccolo idroelettrico sotto 1 MW e ridurli fortemente sotto i 3 MW. L’associazione chiede di eliminare il concetto di pubblica utilità per tutti gli impianti sotto i 3 MW e di avviare su tutta Italia una politica di recupero ambientale, paesaggistico, ricreativo di tutti i corsi d’acqua. Un bene sempre più prezioso, un bene pubblico che va tutelato.

Lucia Ruffato