Il fuoco dell’abbandono

L’azione dei vandali del fuoco viene favorita dall’abbandono di territori che rimangono senza presidio umano. E causa disastri ambientali incalcolabili. Occorre superare l’indifferenza verso Madre Natura con un grande e concreto impegno di tutti.

Di Mario Viola. Per gentile concessione di A Passo d’uomo

Mario Marano Viola

Ad un mese e mezzo dalla fine degli incendi boschivi nella regione Abruzzo e nel resto della dorsale appenninica e ad una settimana dall’estinzione degli ultimi roghi nelle Alpi occidentali, del cuneese e del torinese, una riflessione è d’obbligo sul ruolo dello Stato, degli Enti Parco, delle Regioni e dei Comuni nella gestione del patrimonio naturale arboreo spontaneo e di quello ricostituito a pinete dalle mani delle donne e degli uomini negli ultimi 200 anni.
La stampa ha divulgato le responsabilità delle istituzioni, le polemiche sulla soppressione del Corpo Forestale dello Stato, sul ruolo affidato ai Vigili del Fuoco nella lotta agli incendi boschivi, sui piani fantasma della tutela dei boschi da parte delle regioni e sulle proposte dell’opportunità o meno di rimboschimento delle aree bruciate.
Tutto questo è servito ai polemisti per riempire le pagine dei giornali ma non ad informare l’opinione pubblica sulle responsabilità storiche dei governi centrali, dal dopoguerra ad oggi, per la scelta di escludere la montagna italiana dal processo di sviluppo del Paese a vantaggio dell’industrializzazione della pianura.
Lo spopolamento delle aree montane è stato un crimine sociale e ambientale. Le Regioni, in particolare quelle appenniniche, dal 1970 ad oggi, non hanno redatto programmi di ecosviluppo per il riscatto economico e culturale dei montanari, contribuendo ad un ulteriore esodo. I vandali del fuoco sono riusciti a ridurre in cenere 150mila ettari di praterie e foreste, dalla Calabria al Piemonte, sapendo di poter compiere ciò su un terreno abbandonato, privo di presidio umano da 50 anni ad oggi.
L’istituzione dei parchi nazionali in Abruzzo e in altre regioni avrebbe dovuto garantire la custodia dei boschi, ma senza una adeguata sorveglianza delle aree protette da parte del Ministero dell’Ambiente e piani moderni antincendio delle Regioni, la natura è rimasta indifesa.

Una “malattia” nuova si è affacciata all’orizzonte e si chiama indifferenza verso Madre Natura. Oggi molte persone frequentano la montagna e i boschi ma di fronte al fuoco, anziché accorrere per spegnerlo, scappano via senza fare nulla. Questa indifferenza di fronte all’urlo di Madre Natura che brucia è il punto più basso dimostrato dal genere umano.
Nei roghi le creature viventi impossibilitate a mettersi in salvo, quali le piante, i rettili, i roditori, i cuccioli di camoscio, tasso, capriolo, cervo, orso, volpe, lupo e i pulcini degli uccelli ancora alloggiati nei nidi, sono stati costretti a subire una morte atroce. La scienza ci rivela che gli alberi chiedono aiuto di fronte ad una motosega in azione o al fuoco che sta per aggredirli, ma il loro lamento non riusciamo a percepirlo. Se il genere umano potesse udire il grido disperato di un solo albero, smetterebbe di violentare, tagliare e bruciare l’alleato principale della propria esistenza.
Fino a quaranta anni fa, gli incendi venivano spenti sul nascere dai locali i quali, appena avvistavano una nuvoletta di fumo nel bosco, lasciavano le loro attività e accorrevano con bastoni, scope e ramaglie e spegnevano le fiamme in poco tempo. I canader da soli non bastano a spegnere i roghi. Per essere efficaci devono entrare in azione le squadre antincendio di terra. Quasi tutti i roghi sono stati spenti con l’arrivo delle piogge.

Gli incendi hanno causato un disastro ambientale incalcolabile producendo milioni di tonnellate di CO2 immagazzinata dagli alberi, polveri sottili, carbonio, fuliggine, cenere, suoli denudati. L’uso di milioni di tonnellate di acqua salata prelevata dal mare dai canader e scaricata sulle montagne produrrà un dissesto ecologico ai danni della flora. La cenere inquinerà le falde acquifere modificando la qualità delle acque. Il suolo privo di copertura forestale sarà dilavato dalle acque meteoriche con conseguente dissesto idrogeologico e sviluppo di nuove frane. Sui costoni ripidi dei monti privi di copertura boschiva, si svilupperanno nuove valanghe con rischi per i borghi e le case sparse. Il fuoco ha prodotto calore che ha contribuito a far aumentare la febbre del nostro pianeta avvolto dalla morsa del “dissesto climatico”.
Di fronte a questa tragedia ambientale abruzzese e italiana, occorre superare l’indifferenza del presente con una visione nuova, capace di costruire una alleanza concreta con Madre Natura tra montanari e cittadini della collina e della pianura. Per aprire questo cantiere della moderna sostenibilità occorrono persone dotate di umiltà, onestà, conoscenza e competenza gestionale del patrimonio naturale. L’umanità odierna, evoluta tecnologicamente, ha l’obbligo di recuperare la saggezza dei propri avi per imparare a riconvivere con l’ambiente naturale.
I genitori, gli educatori, i dirigenti scolastici, i pensatori, i documentaristi, gli accademici, gli artisti, i giornalisti, i fotografi, gli agronomi, i forestali, gli agricoltori debbono fare la propria parte attiva per educare e formare le nuove generazioni e le nuove classi dirigenti al senso di responsabilità nei confronti della natura, dal mare ai monti, mettendo al primo posto il rispetto per gli alberi, per tutte le specie di alberi, da quelli indigeni a quelli domestici perché da loro il sistema vivente animale e umano riceve aria pulita, ossigeno, cibo, sicurezza idrogeologica, mitigazione del clima e del vento, ospitalità degli uccelli che vi nidificano.
Questa tragedia del fuoco impone alle istituzioni di attrezzarsi con urgenza. La Protezione Civile di ogni Regione, d’intesa con le Prefetture e i Comuni, deve costituire entro la primavera del 2018 le squadre antincendio locali, di pronto intervento nell’azione di spegnimento dei fuochi iniziali.


Lo Stato e le Regioni debbono monitorare quotidianamente le foreste, avvalendosi dei satelliti per individuare i primi focolai di incendio. Le istituzioni scolastiche, nell’ambito dei programmi di alternanza scuola-lavoro, possono far fare agli studenti esperienze di soccorso alberi, di prevenzione incendi con i Vigili del Fuoco e con il personale delle aree protette.
Le Regioni devono dotarsi di Piani Forestali per il censimento degli alberi, propedeutici ai Piani di Prevenzione Incendi. La Regione Abruzzo, che possiede il 61,1% di territorio montano in gran parte a copertura forestale, seconda alla Val d’Aosta e al Trentino, è priva di questi strumenti.
Il ruolo svolto dallo Stato e dalle Regioni fino ad oggi è stato inesistente per impedire al fuoco di ridurre in cenere il vasto patrimonio boschivo nazionale. Una pagina triste da archiviare per sempre.
Per l’Aurora della Natura dobbiamo lavorare tutti insieme, per uscire dall’ipocrisia del “lamentarsi” delle sciagure ambientali causate dalla volontà distruttiva dell’uomo. I nostri giovani educati e formati per il benessere della natura, diventeranno i garanti dei singoli alberi, dei boschi e delle foreste di proprietà pubblica e privata, segnando una svolta culturale a 360 gradi.