Missione: Marmolada la nostra regina

Documento: La montagna vista dalla pianura

Dalla mia città, nelle giornate di cielo limpido, si vedono in lontananza i profili sfumati degli Appennini; basta però spostarsi di pochi chilometri verso nord, in direzione del Po, per ritrovarsi in una terra i cui rilievi più alti sono rappresentati dagli argini dei fiumi e dalle discariche dei rifiuti urbani. Questa è la pianura padana, qui si cresce diversamente. Pochi mesi fa, in visita ad una coppia di amici trentini con un figlio piccino, tra i giochi del bimbo ho trovato un moschettone e per un attimo mi sono stupito; ma ragionavo con la mentalità di pianura. Da noi è difficile iniziare a frequentare le montagne fin da piccoli, ci sono gli scout oppure il settore giovanile del CAI, ma per la mia generazione trascorrere le vacanze in montagna significava già il raggiungimento di un discreto benessere economico oppure la cura a malattie respiratorie, altrimenti non c’era scampo allo iodio salutare della riviera romagnola. Non so perché ad un certo punto dalla pianura si arrivi a pensare alle montagne: so però che da più di vent’anni continuo a frequentarle, e il mare ormai lo vedo quasi solo in cartolina. La prima volta che ho visto la Marmolada è stato dalla balconata del rifugio Lagazuoi, individuata dalla targhetta posta sulla balaustra in legno. La Regina delle Dolomiti. Immaginando le Dolomiti come un’immensa scacchiera, mi sono chiesto chi impersonasse il Re: l’imponente roccia del Cristallo, forse? Oppure la sagoma del Sella, che ricorda una corona? E le Torri, gli Alfieri, i Pedoni? Ogni singola montagna gioca un ruolo che può sembrare marginale, ma che assume un preciso significato nell’economia dell’evoluzione delle mosse. L’apparente immobilità delle vette nasconde in realtà movimenti impercettibili in tempi brevi, ma che nel lungo periodo si configurano in un’interminabile partita contro il nero che avanza. Possiamo allora interpretare le strade di penetrazione, le speculazioni edilizie ed impiantistiche, l’eliski e le motoslitte secondo un disegno preciso; dall’altra parte le frane e le alluvioni, le grandi valanghe, disastri come il Vajont. Attacco e difesa si confondono: forse da quaggiù, dalla pianura lontana, la distanza offre una prospettiva diversa, o forse tutto questo è solo una grande visione ad occhi aperti e siamo qui a ragionare sul niente con funambolismi dialettici. Scacco alla Regina bianca. Oggi la partita a scacchi sulle Dolomiti rischia di essere persa, perché si svolge simultaneamente su più fronti; noi abbiamo scelto di non fare gli spettatori ma di schierarci, insignificanti pedine al confronto della più piccola delle montagne in gioco ma convinti di poter svolgere un ruolo che possa in qualche modo spostare gli equilibri. Perché negli scacchi esistono solo il bianco ed il nero, non esistono sfumature di grigio. E noi ci sentiamo bianchi, dentro.

Fabio Valentini