Vie ferrate: introduzione all’alpinismo o mistificazione?
Questo nel 1993 fu il tema con cui venne annunciata da MW un’azione dimostrativa nella valle del Sarca. Nel 2000 si diede via al progetto “Vie Normali”, un invito a rinunciare alla falsa sicurezza dei cavi metallici. Di Fabio Valentini.
Il 30 gennaio 1993 a Verona Mountain Wilderness organizzava una tavola rotonda dedicata alle vie ferrate intitolata “Introduzione all’alpinismo o mistificazione della montagna?” annunciando quella che sarebbe stata la prima grande azione di MW su questo tema: lo smantellamento della ferrata del Monte Casale nella valle del Sarca, in Trentino, realizzata abusivamente da privati alcuni anni prima.
In realtà lo smantellamento si limitò ai primi 200 metri di cavo, fu un’azione dimostrativa per richiamare l’attenzione sull’incontrollata proliferazione di questo tipo di realizzazioni; i militanti di MW vennero denunciati per danneggiamento, ed assolti in sede di processo. Il percorso è stato poi ripristinato ed è a tutt’oggi percorribile, nonostante sia esposto a caduta sassi.
Nel 1997 una targa in legno è stata apposta da MW alla base della ferrata Bolver-Lugli alle Pale di San Martino, una via attrezzata che ha cancellato definitivamente la salita alpinistica originale del 1921; la targa è poi “sparita” in seguito ad un intervento di manutenzione delle Guide Alpine di San Martino.
Nel 1998 si è chiesto lo smantellamento della ferrata del Merlone ai Cadini di Misurina, un itinerario assurdo con trecento scalini realizzati su una parete perpendicolare; sono state oggetto di indagine anche la ferrata del Colàc in Marmolada, la “Eroica” ed altre strutture sul territorio dolomitico.
Nel 2000 sembrava cosa fatta la realizzazione di un tavolo di lavoro comune tra CAI e MW sul tema delle vie ferrate, ma poi non c’è stato alcun riscontro positivo. Da questa esperienza è nato il progetto Vie Normali, un invito a rinunciare alla falsa sicurezza dei cavi metallici per riscoprire le arrampicate in vetta con bassi livelli di difficoltà organizzate dai nostri attivisti; in contemporanea abbiamo lanciato una campagna di censimento delle vie ferrate, con oltre 40 itinerari percorsi e valutati.
Negli anni questo argomento in MW è progressivamente uscito dal centro dell’attenzione, in parte per concentrarsi su altri tra i tanti pressanti problemi dell’ambiente montano, ma non solo. Il tema delle vie ferrate da sempre ha diviso gli amanti della montagna: chi le apprezza, chi ritiene si tratti di un problema “minore” e chi le condanna come diseducative e pericolose. Questa divisione è presente anche all’interno della nostra associazione, per questo è importante esprimere correttamente la nostra posizione in merito.
Alcuni percorsi sono diventati dei classici, sia dal punto di vista storico (i percorsi al Lagazuoi e sulle Tofane, la Bepi Zac su Cima Uomo) che da quello escursionistico (esempi sono il Brenta e l’anello del Sorapiss), è giusto richiederne una puntuale manutenzione, ma essi ormai appartengono al patrimonio della montagna. La maggior parte delle ferrate esistenti sono state invece realizzate a scopo turistico, per aumentare la frequentazione di pareti spesso riservate alla pratica dell’alpinismo e del tutto innaturali per l’escursionista, senza troppo curarsi dei risvolti legati al pericolo per le persone e alla tutela degli ambienti attraversati. Queste opere continuano ad essere progettate, nonostante anche il CAI si sia apertamente espresso contro nuove realizzazioni, e la dismissione di quelle esistenti è complicata e fonte di contrasti aspri.
Negli ultimi anni stiamo seguendo una pericolosa evoluzione di ferrate in Sardegna, con esposti alle autorità ed attenzione agli sviluppi; non possiamo chiudere gli occhi, Infatti oggi sembra che chiunque possa, nell’indifferenza generale, intervenire indisturbato su un bene comune. Un po’ ovunque il limite è stato ampiamente superato.
Fabio Valentini