Montagna senza vincoli, “cui bono?”

Sono sempre più pressanti le voci che, artatamente diffuse, spingono per “liberare la montagna” da presunti vincoli che sarebbero la causa principale dello spopolamento. Vale ovunque, da Devero al Comelico, sempre con lo stesso leit motiv, sempre scaturite dagli stessi portatori di interessi politici ed economici.

Le associazioni ambientaliste Mountain Wilderness, Cipra, Federazione Pro Natura, Lipu, Italia Nostra, Wwf Terre del Piave, Ecoistituto “Alex Langer”, Libera Cadore, Peraltrestrade Dolomiti e Gruppo Promotore Parco del Cadore cercano di fare chiarezza con una sola voce e con una domanda:
«La montagna senza vincoli a chi serve?».

Da tempo alcuni sindaci ed esponenti politici regionali usano strumentalmente lo spopolamento della montagna additandone le cause ai vincoli apposti dalle associazioni ambientaliste fin dal 1961 – scrivono le associazioni -. Il Comelico da allora avrebbe perso 2.200 abitanti. L’ambientalismo quindi sarebbe la causa dell’impoverimento della montagna. Sarà bene ricordare a questi sindaci che i vincoli derivano invece dall’art. 9 della Costituzione Italiana che richiama a una severa tutela del paesaggio.
Essi sono e rimangono una garanzia rivolta a tutti i cittadini e alle generazioni future nella difesa di specifiche qualità paesaggistiche e dei valori universali (non locali) della biodiversità.
La sensibilità diffusa per le questioni ambientali si è sviluppata in tempi molto più recenti e, specialmente in Italia, ha trovato poco ascolto nel mondo della politica e degli organismi legislativi.
Forse sarebbe il caso di documentarsi prima di esprimersi. La prime associazioni per l’ambiente sono nate in Italia a metà degli anni ‘50, con Italia Nostra, ed è poco probabile che in pochi anni siano riuscite a modificare la legislazione. Recentemente, a Camaldoli (Arezzo), l’ambientalismo italiano ha proposto un Manifesto a favore dello sviluppo e del recupero demografico, ambientale, paesaggistico e sociale dell’intera montagna. Nessuno dei politici che si stanno scatenando contro i vincoli era presente a questo convegno di valenza nazionale.

Lo spopolamento della montagna bellunese attinge a ragioni e scelte politiche ben precise:
1-assenza in Regione di un progetto a favore delle terre alte;
2-erosione continua di servizi essenziali alle popolazioni di montagna: accessibilità, mobilità sostenibile, salute, formazione scolastica, assistenza agli anziani, formazione e costruzione di nuove opportunità lavorative, mortificazione dell’innovazione;
3-svendita dei valori e dei beni comuni delle montagne a favore delle necessità delle grandi aree metropolitane (acque, foreste, natura, cultura, identità, paesaggi, agricoltura autoctona);
4-investimento nelle seconde case invece di favorire il turismo alberghiero o degli affittacamere.

Errori strategici, ai quali non si vuole nemmeno oggi porre rimedio.
Ecco quindi, come ricaduta, che una componente della politica regionale e locale si scatena alla ricerca di un colpevole: l’ambientalismo, che purtroppo mai si è trovato a governare né il Bellunese né altre parti della montagna italiana, dove erano altri a dettar legge. Si tratta di un mondo politico che trova molti consensi elettorali, ma incapace di affrontare i veri temi della montagna: sviluppo, qualità, sicurezza, risposte immediate ai giovani, politiche complessive sul lavoro e, in modo particolare, una attenzione seria ai cambiamenti climatici in atto.

L’ambientalismo, non solo in Cadore, ma qui più che altrove, le proposte le ha avanzate: sul Comelico, sulla mobilità provinciale, sui grandi eventi e come sostenerli, sulla gestione delle acque e dei beni comuni, sui temi della sicurezza. A proposito di quest’ultimo tema, molti vincoli presenti sono stati dettati proprio dalla necessità di impedire speculazioni in aree a rischio idrogeologico. Laddove necessario, gli ambientalisti hanno dato il loro contributo di idee e il loro sostegno per costruire opere di sicurezza e, grazie all’istituto della deroga, sono state realizzate opere importanti che hanno difeso viabilità pubblica e abitati.
I politici che stanno investendo in campagne che alimentano rancore e livore, si impegnino piuttosto ad aprire confronti seri e costruttivi con quanti giorno per giorno lavorano per il bene comune. Nell’ambientalismo troveranno sempre disponibilità al dialogo e a sostenere proposte valide che abbiano come obiettivo l’interesse generale. Dimostrino di avere
coraggio e di investire, a favore della montagna, in intelligenza e non più in speculazioni, per le quali è stato utilizzato comunque e sempre denaro pubblico.
Dalla rivista Panorama del Deutscher Alpenverein una vignetta dal titolo “CUI BONO..?”
che ben rappresenta il prevedibile destino di una montagna senza vincoli:

E’ questo il futuro che vogliamo?