Su neve e laghi artificiali fioccano soldi pubblici

Dall’Abruzzo al Trentino si realizzano costosi impianti di innevamento e fioriscono bacini idrici in mezzo ai monti. Luca Mercalli: “Tutto inutile, fa troppo caldo”

di Ferruccio Sansa, per gentile concessione de Il Fatto Quotidiano

Fioccano neve (sparata) e soldi pubblici. E fioriscono tra i nostri monti decine di nuovi laghi per trovare acqua da trasformare in fiocchi. L’innevamento artificiale per sostenere il turismo in crisi o come vacca da mungere?
Gli italiani si preparano a montare il portasci sul tetto. Con un occhio alle previsioni meteo dopo inverni senza neve e altri che hanno regalato poche, mostruose precipitazioni. Ricordate quella che due anni fa mise in ginocchio perfino Cortina d’Ampezzo?
Ecco allora che dall’Abruzzo al Trentino Alto Adige si prepara una storica guerra di indipendenza. Dalla neve. Una guerra a colpi di cannone. Ma per sparare la neve servono le munizioni: così ogni stazione invernale che si rispetti dovrà essere munita di nuovi invasi artificiali. Veri e propri laghi che nasceranno in mezzo ai boschi. Una gioia per gli sciatori. Ma, come sempre, si investe prima di porsi le domande: “Bisogna capire se ci saranno abbastanza sciatori per compensare gli investimenti, che spesso sono pubblici. Non solo: si cambia il volto della montagna con nuovi laghi senza chiedersi se questo sia ancora il modello migliore di turismo. Ma soprattutto: ha senso sparare metri di fiocchi artificiali quando le temperature salgono e la neve si scioglie subito?”, si chiede Luigi Casanova di Mountain Wilderness.

Il bacino artificiale di Montagnoli, Madonna di Campiglio

Un recente studio del Cipra (la Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) induce qualche cautela: “Nel corso degli anni le piogge sono state più frequenti delle nevicate sotto i mille metri. La stagione sciistica è sempre più breve”. Aggiunge il Cipra: “La neve artificiale è un rimedio di corto respiro: con i metodi attuali e permessi sono necessari da tre a cinque giorni consecutivi di temperature sotto lo zero per sparare, ma capita sempre più di rado. Con le attuali previsioni solo le stazioni sopra i 1.800 metri possono confidare nel turismo sciistico per il 2050”. Il meteorologo Luca Mercalli, che da anni studia i cambiamenti climatici sulle Alpi, ha messo tutti in guardia: “Potete farvi tutti i bacini idrici di accumulo che volete, ma le temperature si stanno inesorabilmente alzando e la vostra neve artificiale si scioglierà”. Certo, non tutti sono d’accordo, vedi l’alpinista Reinhold Messner: “La neve artificiale è l’unica strada da percorrere per salvare la stagione”.
Nel dubbio intanto in Italia ci si è lanciati a uovo verso la neve artificiale. A cominciare dall’Appennino. “La Regione Abruzzo – racconta Marta Viola di Mountain Wilderness – intende stanziare cinquanta milioni per sostenere lo sci e ampliare l’innevamento artificiale a Roccaraso, Ovindoli, Prati di Tivo, Passolanciano, Majelletta, Campo di Giove e Cappadocia. Ci sono cantieri già aperti che dovrebbero essere ultimati entro dicembre”. Non sono soltanto i cannoni, arrivano anche nuovi impianti, e soldi pubblici: il quotidiano Il Centro ha raccontato che sempre la regione Abruzzo ha stanziato 22 milioni per due cabinovie a Castel di Sangro. Altri interventi sono previsti a Camporotondo-Cappadocia e Campo di Giove.
Regioni e comuni vicini seguono a ruota: sono previsti 20 milioni di investimenti con il sostegno pubblico per l’adeguamento e il rifacimento degli impianti sul Terminillo. Opera che, però, ha cozzato contro la valutazione di impatto ambientale della Regione. Interessate le faggete selvagge della Leonessa.
Intanto, è notizia di questi giorni, Emilia Romagna e Toscana stanno firmando un protocollo per stanziare 27 milioni (20 arriveranno dallo Stato) per sostenere gli impianti di risalita dell’Appennino. Piovono, anzi nevicano, milioni per l’innevamento artificiale e i bacini idrici del monte Cimone (chissà poi quanto resisterà la neve). E immancabili arrivano anche investimenti pubblici per nuovi impianti. Il più discusso è la funivia della Doganaccia che collegherà i versanti bolognese e pistoiese.

Fabio Disconzi, www.skiforum.it/forum

Soldi pubblici anche in Piemonte: 7,2 milioni quest’anno per l’Alta Val Susa, in parte destinati appunto all’innevamento artificiale. Intanto in Piemonte è stato lanciato un progetto per realizzare 22 nuovi invasi artificiali. In totale sarebbero 650mila metri cubi d’acqua. Un cambiamento morfologico che impone interrogativi sulla sicurezza idrogeologica.
In 180 giorni nascono laghi quando la montagna ha impiegato milioni di anni per crearli. In val d’Aosta sta suscitando polemiche fortissime il bacino previsto nella zona di Alpe Forca, in località Frachey, ad Ayas. Spesa pubblica prevista: oltre 5 milioni. Peccato che il Tar abbia bloccato tutto: il progettista di Monterosa ski (partecipata pubblica) era consulente delle aziende vincitrici: “Un conflitto di interessi non tollerabile e contrastante con il divieto normativo”, hanno detto i giudici amministrativi. Perché dietro la neve artificiale e i laghi ci sono anche tanti che si arricchiscono. Lo sci è un settore che certo tiene in piedi l’economia delle nostre montagne. Ma viene da chiedersi se qualcosa nel modello non debba essere rivisto considerati i risultati economici: nella lista delle partecipate pubbliche in affanno stilata da Carlo Cottarelli, come scrisse Luigi Franco sul Fatto, ben 60 gestivano impianti di risalita. “Viene allora da chiedersi se la soluzione giusta siano gli investimenti milionari per l’innevamento artificiale o addirittura nuovi laghi”, chiede Casanova. Ne sanno qualcosa in Trentino dove la superficie sciabile è di 1.536 ettari di cui 1.279 innevabili artificialmente e in Alto Adige (1.000 chilometri di piste di cui 900 con cannoni). Investimenti immensi, quasi sempre tenuti in piedi da soldi pubblici. Per non dire, appunto, degli invasi artificiali.
Una questione particolarmente viva in Trentino. Casanova accusa: “Al passo Feudo e Latemar si vuole imporre, su una storica morena d’alta quota, un bacino di oltre 130.000 metri cubi di invaso e un murazzo alto 18 metri. Poi ci sono il Sella e ancora le aree di Campiglio, Folgarida, Panarotta, carosello del Tonale con un bacino a Valbiolo di 120.000 metri cubi, fino alla conca del Grual. In certe località – sostiene Casanova – si arriva alla farsa di trasferire anfibi in aree limitrofe, distruggendo un habitat già esistente. Altrove, come in Panarotta, si impone il bacino alla “Bassa” contro il parere dei sindaci, con il progetto raddoppiato. E ci si nasconde dietro la necessità di avere bacini di rifornimento di acqua in caso di incendi boschivi, quando invece a comandare è la neve artificiale”.

Altrove, come a Dobratsch in Carinzia, hanno deciso di eliminare skilift e impianti di neve artificiale per puntare su un turismo diverso. Chissà chi ha ragione.
E rieccoci alla domanda di fondo: ha senso investire centinaia di milioni in impianti di innevamento artificiale quando sulle Alpi negli ultimi cinquant’anni la temperatura è salita di 2 gradi (la media è di 0,9 gradi)? Non solo: gli italiani nel 2005 spendevano 58,1 milioni l’anno per comprare nuovi sci, mentre oggi siamo a 28,8. Lo sci non è più uno sport di massa come negli anni ’80. Pochi possono permettersi di spendere 519 euro pro capite per una settimana bianca. La classe media è sparita, anche dalle piste. Chissà se basterà la neve artificiale per riportarcela.

Ferruccio Sansa